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02 novembre 2025

John Fante: Chiedi alla polvere

"un romanzo bizzarro su un uomo e sulla sua compassione per il genere umano"

Ho scoperto John Fante molto tempo fa quando, innamorato dello stile e del rapporto diretto col mondo di Charles Bukowski, scoprii che doveva molto di tutto ciò proprio a lui, a John Fante di "Chiedi alla polvere". 
Rileggendolo, insieme agli amici del Gruppo Scrittori Firenze, mi sorprendo a scoprire, oggi, una parte delle cose che mi avevano impressionato ma che, col tempo, si erano appannate. 
A cominciare da quel suo stile in prima persona (non sempre!) che ne fa da subito un racconto semi-autobiografico e dunque più forte nella descrizione dei luoghi, delle persone, insomma dell'America degli anni trenta/quaranta. C'è anche qui, come ne "La commedia umana" di Saroyan, una visione che potremmo definire drammatica ma orgogliosa di un'America che sta crescendo con il mescolarsi di tante immigrazioni, sia dall'esterno che dall'interno. 
Bellissima la visione di Los Angeles come non luogo, nato e sviluppato da quegli americani "nel cui sangue c'è la polvere dell'Indiana e del'Hhio e dell'Illinois e dell'Iowa, che saranno polvere e moriranno in una polverosa terra senza radici". Per questa visione, nell'impatto dell'alter ego di Fante, Arturo Bandini con la bellissima cameriera messicana, Camilla Lopez, non emerge mai un atteggiamento "razzista" o comunque di inferiorità per quella sua provenienza e che, al contrario, sarà proprio Bandini ad invitarla a non fare delle sue origini una specie di handicap per i fallimenti cui andrà incontro. 
Fallimenti che, semmai, sono simili a tanti altri che finiranno di far parte di un "popolo senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere". Pur essendo questo il periodo in cui una parte dell'America (e Los Angeles con essa) sta crescendo sul piano economico verso il raggiungimento di più grande potenza mondiale, a Fante interessa la sorte degli altri, di quelli che invece, per quanto si affannavano, rimanevano ai margini, quelli che, come recitava Furore il capolavoro di Steinbeck, pubblicato nello stesso anno di Chiedi alla polvere, "E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore". 
Ed è questa America doppia, tra ricchezza e povertà, tra sviluppo e crescente disagio, che interessa a questa generazione di scrittori, a Fante in questo caso. Non a caso il suo capolavoro si svolge tutto, salvo qualche rapido bagliore, sulla Main Street e Spring Street, Bunker Hill, nella parte di città il cui limite occidentale è a Figueroa, e non c'è niente di conosciuto o di famoso. 
Se c'è una cosa che unisce tutta la mentalità americana, dai più alti piani dell'economia alle aspirazioni dei più poveri, è quella di vedere in ogni attività che sviluppano la possibilità di fare soldi, di diventare ricco, come sogna ad occhi aperti Bandini sia nella cattiva sorte (quando non ha neppure i soldi per l'affitto), che quando arrivano le prime centinaia di dollari dal suo editore. 
Non c'è, in Bandini, l'afflato poetico di un Dostoevskij, che pure aspettava i soldi capitolo per capitolo del romanzo L'idiota, con cui campava a malapena la famigliola. Nè tantomeno di un Tolstoj che di anticipi non aveva bisogno. 
Quello che conta, e a cui si aspira anche nell'ambiente letterario, è il successo che porta con sé benessere e il diritto di fare il salto di classe. 
Come ricorda Baricco nella presentazione, i registri su cui si sviluppa il romanzo sono tre: quello dell'aspirazione alla pubblicazione e al successo di cui abbiamo appena parlato, quello religioso, quello del grande amore non ricambiato. Se il successo, come noto, il suo alter ego Bandini riesce ad ottenerlo con fatica, la religione, vissuta con grandi contraddizioni ("Dio onnipotente, mi dispiace di essere diventato ateo") viene in realtà sentita come unica speranza cui aggrapparsi ("Fai di me un grande scrittore e io tornerò alla Chiesa"). In un certo senso prende il posto, nelle aspettative di Fante, che le scommesse alle corse di cavalli hanno per il Chinaski di Bukowski quando quest'ultimo, sperperate le poche risorse di cui dispone, non trova altra speranza che scommettere sul più brocco dei cavalli. 
Il grande amore serve anche a esplorare la caduta e la distruzione di quella parte più sfigata degli immigrati che, appunto, per quanto si diano da fare, non ce la fanno e si rifugiano nella droga e nell'alcol come male perenne dell'America, ancora oggi. 
Significativa in questo senso, la visita alla parte più povera in assoluto della città dove, a gruppi interi per ogni stanza, vivono i negri, quelli che sono ancora, nonostante la guerra di secessione, i paria della società americana. Da menzionare, infine, la cruda e drammatica descrizione di uno dei purtroppo frequenti terremoti lungo la faglia di Sant'Andrea, dove è cresciuta Los Angeles. "Il mondo era polvere e sarebbe tornato polvere", ci ricorda infine John Fante, mentre ci racconta di Bandini, "della sua compassione per l'assurda città intorno a me, che ha allevato il mio genio".

Renato Campinoti




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