Già la scelta del titolo ci dice come Massimo consideri i testi di questo gruppo (ma anche di altri, non tutti!) come le vere poesie popolari dei tempi nostri. E in quanto tali si accinge a metterle al vaglio di un esame attento e critico.
Sono molti i meriti che possiamo riscontare in questo lavoro, che merita davvero di essere letto.
Anzitutto l’impegno dell’autore per contestualizzare i testi, quasi tutti di Negrini per un lungo tempo, mostrando, senza inutili ostentazioni, la grande conoscenza e cultura necessaria a rintracciare in molte di queste poesie i legami con altri musicisti o con altri testi letterari. Potremmo portare molti esempi di questo modo di procedere del nostro. Già all’inizio, esaminando, nell’album d’esordio, la canzone di protesta che segna l’avvio potremmo dire “generazionale” del gruppo con Per quelli come noi, Massimo rintraccia subito l’assonanza con le canzoni dei Nomadi, in particolare Come potete giudicar. Verrebbe da ricordare a molti, che si sono meravigliati del successo di Zitti e buoni dei Maneskin, come anche allora furono le nuove generazioni, poco partecipi alla vita sociale (poi arriverà il ’68), ad alzare il loro grido di protesta e ad assecondare le nuove Band. Compresi i Beatles, ai quali molto si collegano le sensibilità dei Pooh.
Ma andrebbero ricordate anche tutte le altre volte che Massimo costruisce accostamenti azzeccati tra i testi (le poesie!) di Negrini prese in esame, con autori noti in altri contesti. Bellissimo, a questo proposito, l’accostamento tra Terra desolata ( Dall’album Opera Prima) e la bellissima poesia di T.S.Eliot, The Waste Land del 1922.
Ma, per andare un po’ avanti, risulta altrettanto felice l’accostamento del testo Tu vivrai (ultima canzone dell’album Uomini soli) alla poesia di Kipling Se (lettera al figlio) del 1910.
Non meno bello l’accostamento tra il titolo della canzone dei Pooh, ormai nella piena maturità, Fammi fermare il tempo col bel libro di Aldous Huxley, del 1944, che, tra l’altro, celebra anche le bellezze del paesaggio toscano.
Di esempi simili se ne potrebbero portare ancora molti, a supporto, come dicevo della capacità di collegare i brani dei Pooh a contesti musicali o culturali che Massimo dimostra di saper bene padroneggiare.
Un altro merito dell’impostazione che l’autore ha dato al suo lavoro su un’opera monumentale come quella dei Pooh, è stato di non estraniarsi dalle valutazioni e dai giudizi sui testi, ma di collegare, spesso, l’esame del testo alla sua stessa sensibilità, frutto talvolta delle sue personali vicende. Dando in questo modo, un carattere di vivacità e di interazione sentimentale all’opera del nostro, che allontana così il rischio di una lettura fredda e disincantata, che sarebbe tutto l’opposto di ciò che meritano i testi presi in esame.
Si potrebbero, anche in questo caso, portare molti esempi di questo modo di accostarsi all’esame dei testi da parte di Massimo. Mi limito ad un solo momento tra quelli ampiamente ricordati nel libro. Si tratta dell’accostamento che l’autore fa tra la vittoria dei Pooh a Sanremo con la canzone Uomini soli e l’inizio del suo rapporto con questo gruppo. Rapporto che, data la situazione non felice di Massimo in quel periodo: “avevo pochissimi amici, vivevo una mia personale crisi adolescenziale”. Di conseguenza, ci confessa: ”La musica dei Pooh mi era di conforto e di ispirazione” (non dimentichiamo che Massimo era ed è uno scrittore assolutamente prolifico!).
Infine, ma non per importanza, Massimo non si sottrae da indicarci le sue preferenze tra i testi degli album che prende in esame. Non a caso in ognuno di questi si trova la frase “la mia canzone preferita è..”. Sarebbe da stilare una lista di queste preferenze e ci accorgeremmo che a Massimo interessano tutte le canzoni dei Pooh ma, spesso, la sua preferenza va verso quei testi che non si limitano a esaltare i sentimenti, pur contrastati, dei rapporti uomo/donna ( che restano la maggioranza nella prolifica produzione di Negrini prima, di D’Orazio poi,) ma tende a privilegiare testi come Opera Prima, dove prevale il rapimento dell’artista che crea l’opera, sugli altri sentimenti.
Bellissima la descrizione di Massimo del testo finale dell’album Poohlover, Padre del fuoco, Padre del tuono, Padre del nulla, dove Negrini sembra mettere in guardia l’uomo dai rischi che la crescente capacità distruttiva delle armi fanno correre all’Umanità. Qui Massimo avverte una forte consonanza con il testo e trova belle parole per farcelo sapere.
Ma la vicinanza dell’autore alla “poesia” dei Pooh, si avverte ancora di più nei testi legati sia ai temi sociali come Il primo giorno di libertà, Pierre, Tra la stazione e le stelle che nelle sensibilità ambientali (Passaporto per le stelle), antirazziste e anticolonialiste (Inca, Senza frontiere) e molte altre di questo tenore presenti nella esauriente rassegna.
Resta da dire dell’attenzione che Massimo mette ai testi, moltissimi, che i Pooh dedicano a figure di donne che non sono disposte a subire le angherie maschili (Giulia si sposa), che vengono celebrate per tutte le loro virtù (Donne italiane) di cui si sta a fianco quando subiscono la peggiore violenza, lo stupro (Il silenzio della colomba), di cui si celebra il coraggio e la professionalità (Reporter).
Si esce dalla recensione di un testo come quello che Massimo Acciai Baggiani ci ha proposto, consapevoli di aver trascurato molti aspetti del suo davvero pregevole lavoro. Non si può dir tutto in una recensione. Mi accontenterei di aver stimolato più persone possibili ad avvicinarsi a questo testo per ricavarne le tante emozioni che mi ha regalato e di cui, appunto, sono riconoscente all’autore.
Renato Campinoti