Questo di Giampero Demi è sicuramente un libro che pretende una buona dose di cultura, nel senso di conoscenza e studio e, al tempo stesso, una disponibilità a prendere sul serio (o forse il contrario) la verve crudelmente polemica dell'autore verso tutto ciò che è successo negli ultimi venti anni a Livorno (inteso anche come simbolo della decadenza sociale e culturale di un intero Paese).
Fatta una tale premessa, si può cominciare a gustare ciò che di interessante e di istruttivo si trova nel libro, a cominciare da un amore sfegatato per Livorno e i livornesi, intesi come popolo livornese, di ogni angolo del quale l'autore non ci fa conoscere solo l'aspetto urbanistico e/o artistico, ma ci porta a rivivere quella che potremmo chiamare la "genesi" della sua nascita e del suo sviluppo fin dai tempi dei Medici e anche prima.
In questo senso il libro, con i continui richiami alla sua miglior tradizione culturale, è anche un inno alla livornesità, intesa come anima inquieta, mai doma, oggi più che mai arrovellata dagli scempi urbanistici e sociali che le sono caduti addosso. C'è, anche qui, una visione della città e dei suoi mali come archetipo di ciò che più in generale è accaduto nel Paese tutto. Di qui il richiamo del personaggio principale dal suo forzato abbandono della città per più di venti anni e il suo ritorno, voluto dagli amici di sempre, per una apparente necessità di indagine su un delitto di un ufficiale dell'esercito avvenuto più di dieci anni fa.
E qui si incontra l'altro aspetto interessante del libro: la capacità dell'autore di coinvolgere il lettore in un raffinato e complesso plot giallo che sembra condurre tutto il racconto verso esiti inaspettati e che paiono andare diritti verso la mai risolta drammatica vicenda della giornalista Ilaria Alpi e delle trame oscure che hanno avvolto la sua fine e quella della sua scorta.
Ed è proprio qui, quando ormai sembrava di aver capito la direzione che stava prendendo il racconto che arriva la sorpresa più grande e il romanzo comincia a trasformarsi inevitabilmente in un vero e proprio pamphlet contro l'imbarbarimento sociale e culturale della nostra società.
Sarebbe interessante, visti anche gli esiti cui tutto ciò condurrà il corposo racconto del Demi, confrontare tra più lettori l'impressione che una scelta del genere lascia in chi aveva inteso, a partire dalla prima parte del libro, di trovarsi di fronte a una raffinata e forte opera letteraria, di cruda connotazione satirica e di esplicito impatto sociale, che fa i conti, nella seconda parte, con una forte mutazione dell'indirizzo del libro, (volutamente satirico?) che lascia quantomeno insoddisfatta la parte letteraria che pure l'autore sa padroneggiare alla grande.
Un altro aspetto di sicuro impatto nei lettori è il linguaggio volutamente aderente alla "lingua" livornese, che niente nasconde dello slang popolare, fino al largo (e discutibile) impiego della bestemmia.
Si chiude, letta l'ultima pagina, questo libro del tutto particolare e ci prende la curiosità di saperne di più sulle vicende livornesi di cui Demi ci parla più o meno direttamente.
È anche questo un merito non secondario di questa lettura.
Renato Campinoti
Renato Campinoti