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12 luglio 2022

Giampiero Demi: Odio di classe

 Un raffinato romazo-pamphlet per lettori scafati

Questo di Giampero Demi è sicuramente un libro che pretende una buona dose di cultura, nel senso di conoscenza e studio e, al tempo stesso, una disponibilità a prendere sul serio (o forse il contrario) la verve crudelmente polemica dell'autore verso tutto ciò che è successo negli ultimi venti anni a Livorno (inteso anche come simbolo della decadenza sociale e culturale di un intero Paese). 
Fatta una tale premessa, si può cominciare a gustare ciò che di interessante e di istruttivo si trova nel libro, a cominciare da un amore sfegatato per Livorno e i livornesi, intesi come popolo livornese, di ogni angolo del quale l'autore non ci fa conoscere solo l'aspetto urbanistico e/o artistico, ma ci porta a rivivere quella che potremmo chiamare la "genesi" della sua nascita e del suo sviluppo fin dai tempi dei Medici e anche prima. 
In questo senso il libro, con i continui richiami alla sua miglior tradizione culturale, è anche un inno alla livornesità, intesa come anima inquieta, mai doma, oggi più che mai arrovellata dagli scempi urbanistici e sociali che le sono caduti addosso. C'è, anche qui, una visione della città e dei suoi mali come archetipo di ciò che più in generale è accaduto nel Paese tutto. Di qui il richiamo del personaggio principale dal suo forzato abbandono della città per più di venti anni e il suo ritorno, voluto dagli amici di sempre, per una apparente necessità di indagine su un delitto di un ufficiale dell'esercito avvenuto più di dieci anni fa. 
E qui si incontra l'altro aspetto interessante del libro: la capacità dell'autore di coinvolgere il lettore in un raffinato e complesso plot giallo che sembra condurre tutto il racconto verso esiti inaspettati e che paiono andare diritti verso la mai risolta drammatica vicenda della giornalista Ilaria Alpi e delle trame oscure che hanno avvolto la sua fine e quella della sua scorta. 
Ed è proprio qui, quando ormai sembrava di aver capito la direzione che stava prendendo il racconto che arriva la sorpresa più grande e il romanzo comincia a trasformarsi inevitabilmente in un vero e proprio pamphlet contro l'imbarbarimento sociale e culturale della nostra società. 
Sarebbe interessante, visti anche gli esiti cui tutto ciò condurrà il corposo racconto del Demi, confrontare tra più lettori l'impressione che una scelta del genere lascia in chi aveva inteso, a partire dalla prima parte del libro, di trovarsi di fronte a una raffinata e forte opera letteraria, di cruda connotazione satirica e di esplicito impatto sociale, che fa i conti, nella seconda parte, con una forte mutazione dell'indirizzo del libro, (volutamente satirico?) che lascia quantomeno insoddisfatta la parte letteraria che pure l'autore sa padroneggiare alla grande. 
Un altro aspetto di sicuro impatto nei lettori è il linguaggio volutamente aderente alla "lingua" livornese, che niente nasconde dello slang popolare, fino al largo (e discutibile) impiego della bestemmia. 
Si chiude, letta l'ultima pagina, questo libro del tutto particolare e ci prende la curiosità di saperne di più sulle vicende livornesi di cui Demi ci parla più o meno direttamente. 
È anche questo un merito non secondario di questa lettura.

Renato Campinoti

22 gennaio 2022

Bulgakov: Le uova fatali

Assolutamente istruttivo e divertente questo libretto di appena 100 pagine del grande scrittore russo autore del capolavoro "Il maestro e margherita", che qui, su un registro ironico e apparentemente fantascientifico, torna a mettere sale sul verbo staliniano.
Già l'argomento, la crisi della pollicoltura in Russia, introduce al versante ironico che si accentuerà con la figura del funzionario di partito che aspira alla gloria e il quale, con un raggio misterioso e miracoloso, scatena di fatto una moria apparentemente inarrestabile in tutti gli allevamenti di polli dell'immenso Paese. 
Bulgakov, nel periodo di massima espansione degli elogi alla scienza e allo sviluppo tecnologico come strumenti del potere sovietico per il suo "formidabile" sviluppo, con un racconto solo mette entrambi in scacco. Anzi, ironizzando sul potere della scienza che, priva di una adeguata guida morale, rischia di rovesciarsi nel suo opposto, un potere distruttivo, in realtà viaggia anche qui ai limiti del dileggio verso l'ottusità dell'apparato politico messo da Stalin a sostituire la più reazionaria ma più solida burocrazia zarista. 
Ed è qui, in questo continuo costeggiare la zona off limits oltre la quale c'era non solo la censura ma la repressione e, spesso, la reclusione, la grandezza di questo scrittore e uomo di teatro, tanto amato dal pubblico quanto tenuto sotto stretta osservazione dal potere sovietico. 
Si potrebbe dire che, forse, proprio perché tanto amato dai frequentatori del grande Bolshoi, Stalin, pur criticandolo e facendolo criticare anche ferocemente dai suoi scribacchini, si adoperò in prima persona per impedirne l'emigrazione. Probabilmente era consapevole che, diversamente da quello che raccontava sui presunti tradimenti della rivoluzione da parte dei suoi critici interni al Partito (la cui sorte era abbastanza indifferente ai moscoviti), una fuga all'estero da parte di un personaggio come Bulgakov, sarebbe stata interpretata come una "vendetta" del regime (e quindi di Stalin in primo luogo) verso un autore nelle simpatie dei cittadini sovietici
E' così che si spiega, del resto, il colloquio diretto, anche se telefonico, di Stalin con il grande scrittore quando quest'ultimo, nella morsa delle continue critiche e censure verso le sue opere, decide di chiedere il permesso di espatriare. Stalin, per impedire la messa in atto di tale scelta, arriva perfino a garantirgli l'invito del teatro moscovita, come si impegna in diretta, a lavorare con loro. 
Lo scrittore riverserà la sua "frustrazione" verso il regime, nelle sue opere sempre più satiriche o fantastiche e via vai più esplicite verso i vizi dell'arte ancella del potere. 
Il libro di cui stiamo parlando, uscito per la prima volta nel 1925, si inserisce esplicitamente in quel filone, moderatamente fantascientifico e di critica alla tecnologia, così diffuso in quegli anni, pagando naturalmente il suo tributo alla censura che ne impedirà a lungo una adeguata diffusione e ne permetterà una nuova edizione solo quando ormai lo scrittore , colpito da una grave malattia, alla età di appena 49 anni, se ne sarà andato. 
Naturalmente, come tutte le opere di grandi scrittori, anche questo breve romanzo mantiene intatta per noi la sua vena ironica e le sue qualità letterarie.