Talmente dettagliata e articolata nei singoli capitoli è la scansione del racconto della vita e delle opere di Pietro Leopoldo che non si può non essere grati allo scrittore per la lucidità e chiarezza dell'esposizione. E l'altra cosa che colpisce davvero nella lettura della bella biografia è la distanza siderale tra il periodo in cui si colloca la sua funzione di Granduca, quando ancora è l'epoca delle monarchie assolute, e il suo pensiero sul criterio di governare.
Di questo Pietro Leopoldo parla diffusamente nel corso della biografia, ma che espone nella forma forse più esplicita quando, chiamato a sostituire il fratello Francesco, deceduto, nella funzione di imperatore dell'Impero Asburgico, e con cui aveva più volte preso le distanze sul modo di intendere la funzione del monarca, scrive un pò sconsolato alla sorella Maria Cristina: "Non è possibile governare senza la cooperazione e il consenso di coloro che debbono obbedire. Le misure violente possono incutere timore ma non persuadono nessuno, e prima o poi le conseguenze non possono che essere funeste per il sovrano".
Pietro Leopoldo, ecco l'altro filone di riflessione, è soprattutto ricordato da un vasto pubblico per aver abolito, il 30 novembre del 1786 la pena di morte, primo monarca in assoluto, coerente del resto col pensiero sopra ricordato. E giustamente la Regione Toscana, su impulso proprio di Eugenio Giani, ne ha fatto la data della Festa regionale. Ma sarebbe sbagliato estrapolare la pur "rivoluzionaria" misura assunta da questo ancora giovane monarca, dall'opera complessiva portata avanti nei venticinque anni in cui ha potuto operare nel Granducato di Toscana.
Colpisce, soprattutto a confronto delle discussioni in corso in questo periodo, la lungimiranza di Leopoldo nella abolizione dei tanti dazi e balzelli di cui erano gravate le attività agricole e la commercializzazione dei suoi prodotti, a cominciare dal pane, che avevano finito per ingessare una situazione che aveva come conseguenza una vera e propria fame diffusa nelle classi più povere della regione. Ma altrettanto si potrebbe dire delle profonde riforme avviate nell'ambito del codice penale del granducato, dimostrando su questo terreno di essere uno dei più coerenti seguaci degli illuministi del settecento come Beccaria (Dei delitti e delle pene) che lo porteranno all'abolizione della tortura, alla riforma della polizia, come soggetto di supporto e non solo di repressione verso i cittadini e, infine, all'abolizione della pena di morte.
Senza ripercorrere tutta la pur ricca quantità di iniziative nei più svariati campi (dalla riforma agraria, alla medicina e ai vaccini, alle infrastrutture realizzate, all'abolizione dell'esercito, alla riforma della Chiesa toscana, al decoro urbano ec.) di cui questo speciale monarca si è occupato, non si può non fare riferimento alla politica sanitaria e a quella assistenziale da lui affrontate nell'ottica di far assumere allo stato il ruolo di garante della salute dei sudditi e di non lasciare alla sola bontà dei privati le esigenze di assistenza dei più sfortunati.
Ma ci sono ancora un paio di cose che meritano davvero di essere ricordate e che il libro di Giani evidenzia con cura e attenzione.
La prima questione è riferita al metodo di governo di questo particolare sovrano che è riassumibile con quanto ricorda di lui l'autore: "Non si governa restando nelle proprie stanze, bisogna rendersi conto di persona, bisogna 'conoscere per amministrare'. Bisogna arrivare nei territori più remoti, più marginali.... E i suoi viaggi saranno numerosi, frequenti, intensi, a volte estenuanti. Ma malgrado la fatica addosso, cercherà sempre di concludere la giornata raccogliendo le sue esperienze in pagine scritte...che un giorno diventeranno le 'Relazioni sul governo della Toscana'".
Si tratta, come si capisce, di un criterio e di un metodo, quello di rendersi conto di persona e di stabilire rapporti diretti con i governati, che rientreranno anche in seguito tra gli aspetti più apprezzati dalla popolazione della regione.
E per finire non si può non apprezzare e molto di questo sovrano la qualità delle persone chiamate a comporre una vera e propria squadra di governo, pescando tra le competenze più riconosciute e apprezzate negli ambienti sia universitari che scientifici di questo fecondo periodo. Ecco allora personaggi come Pompeo Neri, come Angelo Tavanti, come Giulio Rucellai, per non andare oltre, che adotteranno loro stessi il metodo di prima conoscere e poi decidere, favorendo le molte riforme che illustreranno il non breve regno di un Sovrano che, come ci ricorda Giani, farà tante cose, soprattutto innovative, pur vivendo poco più di quarant'anni, avendo però iniziato a governare all'età di diciassette anni con la mentalità di un uomo adulto, saggio e soprattutto innovatore.
Pietro Leopoldo, Il Granduca delle riforme - Giunti Editore
Renato Campinoti
Pietro Leopoldo, Il Granduca delle riforme - Giunti Editore
Renato Campinoti
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