Mi è piaciuto molto questo piccolo, grande capolavoro di uno scrittore armeno, vissuto in America quando gli USA erano la patria di tutti quelli che l'abitavano.
Come romanzo di formazione non ha niente da invidiare ai capolavori del genere, come Siddharta di Herman Hesse o Il Giovane Holden di Salinger. Qui la presa d'atto della realtà da parte del giovane Homer è più impegnativa degli altri giovani, meno fantastica e più legata ai bisogni materiali della famiglia, con la perdita del padre e l'invio al fronte del fratello maggiore Marcus.
Inoltre i personaggi che ruotano intorno al giovane postino-telegrafista, sia il fratellino più piccolo Ulysses che la più grande, la sorella Bess, fanno parte integrante della crescita di Homer che di giorno frequenta il liceo e di sera, impiegato alla sede locale delle poste (la cittadina è Ithaca, nome quasi evocativo!), fila veloce a consegnare telegrammi e, correndo in bicicletta, si avvia a diventare adulto.
Ma le analogie con altri testi finiscono qui. L'America e il racconto che ce ne fa questo scrittore di origini armene è al tempo stesso più amara e più dolce di quella degli scrittori che ho richiamato. È più amara perché il racconto si svolge in uno dei periodo più difficili per i giovani americani, quello dell'entrata in guerra, dopo Pearl Harbor, da parte degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale.
Le vicende si svolgono tra il 1943 e il 1944, gli anni più sanguinosi del conflitto. Nella apparente pacifica cittadina dove vivono Homer e la sua famiglia, si fa sempre più amaro l'eco delle giovani vittime al fronte. E toccherà proprio al giovane portalettere recapitare alle famiglie la triste notizia attraverso un burocratico telegramma dell'Amministrazione americana.
È di una notevole efficacia la pagina che descrive la prima, bruttissima esperienza di Homer quando è costretto a consegnare uno di questi telegrammi alla mamma, che intanto sta festeggiando con figlia e amici il suo compleanno. "La madre venne alla porta: "È di Alan, ne sono certa"..."È il mio compleanno", disse. "Mio dio, sono vecchia. Devi augurarmi ogni bene, figliolo". Allungò a Homer un bicchiere di punch. "Le auguro..." cominciò Homer, ma non riuscì a proseguire. Appoggiò il bicchiere sul tavolo e se la diede a gambe...La madre aprì il telegramma e lo lesse...la figlia fissò sua madre, ancora sulla porta. Come impazzita, si precipitò a spegnere il giradischi. "Mamma" le urlò, e le corse incontro".
Pur mantenendo sullo sfondo questa amarezza (che si ripresenterà più volte!), tuttavia il quadro che lo scrittore descrive dell'America, attraverso questa cittadina in quel periodo, è quello di una realtà orgogliosa di se stessa ("grazie ragazze americane", diranno i tre giovani soldati che si fanno semplicemente accompagnare al cinema da altrettante giovani ragazze del luogo) E il riferimento all'America e all'essere americani risuonerà più volte nel racconto.
Molto netta l'affermazione di Marcus rivolto al suo amico soldato, orfano dalla nascita e che si preoccupa di questo. "Ho l'impressione di non avere gli stessi diritti che hanno gli altri- capisci un ragazzo battezzato all'orfanotrofio, non da sua madre e suo padre... che non sa qual è la sua patria d'origine. Alcuni dicono che sono mezzo spagnolo e mezzo francese, altri italiano e greco...". Marcus lo interrompe. "Tu sei americano...Non c'è da discutere. È chiaro per tutti".
Già questa è una bella lezione per quelli, sempre più numerosi, che al giorno d'oggi, anche da quelle parti, tendono a dividersi su tali concetti. Ma ancora più forte è l'orgoglio che trapela dalle parole del giovane e intelligente capufficio di Homer quando, girando in auto con la fidanzata nei dintorni di Ithaca, dove molte famiglie fanno pic nic. "La musica era a tutto volume, le danze erano sfrenate. 'Americani, greci, serbi, polacchi, russi, messicani, armeni, tedeschi, neri, spagnoli, baschi, portoghesi, italiani, ebrei, francesi, inglesi, scozzesi, irlandesi: quante razze diverse. Incredibile!".
E si capisce che per lui (come per molti americani in quel periodo) questa era la forza del nuovo mondo! Cosa che oggi, purtroppo, sembra essere diventata appannaggio di una minoranza!
E l'America di questo bellissimo racconto è quella che ripone nella saldezza della famiglia e dei suoi affetti un altro punto di forza della Nazione destinata a diventare, proprio in quegli anni, la maggiore potenza mondiale. Una Nazione dove la solidarietà e il rispetto tra le generazioni sono all'ordine del giorno.
Bellissimo da questo punto di vista il rapporto di Homer col vecchio telegrafista, Grogan, che non mancherà di farsi troppi bicchierini al vicino bar, ma che troverà nel ragazzo appena assunto un suo sostegno, come troverà in Spengler , il capufficio, la persona che lo lascerà venire in ufficio anche quando ha superato l'età e potrebbe andare in pensione, pur di fargli evitare la solitudine e il rischio di sentirsi inutile.
Ci sarebbe da dire di un'altra bellissima figura, quella della signora Hicks, l'insegnante che ha di fatto accompagnato la crescita di molte generazioni della cittadina e che impartisce lezioni di morale a tutti "In uno stato democratico tutti sono uguali, ma è fondamentale che ciascuno si impegni per dare il meglio di sé, non importa come".
Non mancheranno vicende che riporteranno amarezza nei nostri personaggi. Ma quando si chiude il libro si rimpiange che quel Paese che stava in quel periodo crescendo e che accoglieva nel suo seno i profughi dalla miseria, dalle discriminazioni razziali, e anche coloro che cercavano semplicemente una nuova opportunità, sia oggi tra quelli che pensano possibile ergere muri tra le Nazioni del mondo.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
Nessun commento:
Posta un commento