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27 agosto 2025

Giancarlo De Cataldo: Romanzo Criminale

Racconto potente: il crimine cresce, si sviluppa, muore e rinasce, nell'intreccio coi poteri

Credo si possa dire che quando un romanzo raggiunge vette di veridicità e complessità come questo, è difficile leggerlo con un solo punto di vista. Allora andiamo per gradi. 
Indubbiamente De Crescenzo, grandissimo scrittore e documentatissimo degli ambienti di cui ci parla, ha voluto narrare una vicenda complessa, impegnativa, realistica, forse ispirandosi, come rilevato da più parti, alla nascita e al declino della cosiddetta "Banda della Magliana". Vicenda di cui ci sono sicuramente molti echi, compreso quello, finale, del rapporto con settori della Chiesa romana. 
Interessante, da questo punto di vista, l'iniziale capacità e intenzione dei promotori principali della banda, a cominciare dal Libanese e dal Freddo, di andare oltre la pur diffusa malavita presente nella città eterna, per dare vita ad un sodalizio legato a doppio filo dall'interesse di ciascuno con quello di tutti. 
Fu così che, facendo fuori i capi tradizionali ma divisi, questo nuovo gruppo criminale, tramite appunto il Libanese, avvertì che "un senso di indomabile potenza, lo sollevò ad altezze stratosferiche... perché finalmente ora erano diventati un gruppo. Uniti. Invincibili." Saranno gli sviluppi successivi, a cominciare dal definitivo controllo di affari come quello della droga, di iniziali investimenti sia nel gioco d'azzardo che nelle speculazioni edilizie, che porteranno il gruppo stesso a contatto con altri poteri, fino a quelli delle ben più forti mafie e parti corrotte delle istituzioni e delle stesse forze dell'ordine. 
Con un ritmo incalzante e con una grande capacità di tenuta di tutti i fili su cui si sviluppa un racconto mai privo di colpi di scena e di immediate riprese di una nuova narrazione, De Crescenzo ci conduce al finale inevitabile rispetto al quale si apre un nuovo filone di riflessione. Sarà proprio il Commissario Scialoja, l'unico poliziotto davvero impegnato a distruggere la banda, che alla fine del lungo racconto, quando sembra aver ottenuto il suo scopo, a metterci in guardia: "...non esiste nessun Uomo del destino, tutto sta scritto nel sacro fiume della vita, che scorre, scorre inesorabile e si porta via per sempre il Bene e il Male". 
Ecco che allora un libro e un racconto come questo, trascendono le stesse specifiche vicende di cui ci parlano per avvertirci che questo esperimento, non riuscito, a questo pur bestiale e determinato gruppo criminale, è tuttavia destinato a riprodursi, costruendo volta a volta i rapporti con altri poteri criminali, con altri apparati corrotti, con altri settori politici interessati a impedire un vero rinnovamento. Per questo nessuno si illuda, sembra dirci l'autore. Verranno altri interessi, altri intrecci perversi tra "la strada e il palazzo" fintanto che non cambieranno le premesse e gli interessi in campo. 
A questo punto emerge un altro piano di lettura che l'autore non nasconde al lettore attento. Lo fa, ancora una volta, attraverso un presunto sfogo del suo poliziotto Scialoja, quando, scoraggiato dalla scoperte delle forti collusioni messe in piedi dalla banda, concede una spregiudicata intervista ad una giornalista. Siamo dopo il caso Moro e la sconfitta della politica di unità nazionale, siamo dopo i ripetuti attentati ai treni e la strage del 2 agosto alla stazione di Bologna. Parlando dei servizi segreti deviati, ad una domanda della giornalista sulle ragioni del lassismo e delle devianze dei servizi medesimi, Scialoja risponde: "Nelle grandi linee si tratta di politica. Mantenere l'ordine. Tenere la situazione sotto controllo. Affinché niente cambi. I bombaroli potrebbero essere utili. Li lasciano fare. Li usano. Li coccolano. Tutto dipende dall'anticomunismo. La leva iniziale è stata la paura dei rossi... Mi fa inorridire l'idea che per tenere alla larga gente come Amendola e Berlinguer si debba andare a letto con gli assassini. Proteggere i trafficanti di droga. Pagare i terroristi neonazisti. Lasciare mano libera alla mafia". 
C'è, in questo sfogo, il riflesso di una fase molto difficile e pericolosa del Paese che l'autore non ha voluto trascurare. Ma c'è anche, per come la vedo io, il riflesso di una tensione morale che De Crescenzo non vuole trascurare proprio mentre evidenzia vicende tanto gravi e tanto potenti al temo stesso, da parte della malavita romana che appare quasi invincibile, almeno in alcuni suoi personaggi di spicco. 
Non si può trascurare, infatti, nella lettura di un romanzo di questo genere e di una così forte inquadratura dei personaggi, l'attenzione che l'autore mette nello sminuire fino ai più bassi livelli la caratura morale e culturale degli stessi. Di particolare impatto l'orientamento politico dei maggiori personaggi, a cominciare da quello più "intelligente" di tutti, il Libanese, così fortemente attaccato all'ideologia fascista e così ammiratore di Mussolini da darne una deformata immagine buona neppure per i peggiori coatti delle tifoserie della capitale. 
Per non parlare dell'assoluta incapacità di questi personaggi di concepire uno sforzo finalizzato alla lettura di un qualche genere di libri. L'unica volta che uno di loro se ne era portato uno, "Il Nero andò a ripararsi sotto un cornicione. S'era portato un libro, che fingeva di leggere". 
Infine, a sottolineare il vuoto che si portavano dentro, ciò di cui ognuno di loro aveva più paura era la noia, tipica proprio di chi, come la principale protagonista femminile della banda, vive solo di fatti esteriori: "Essere costretta a guardarsi dentro: ecco l'unica cosa che veramente le faceva paura". Lo stesso accadeva agli altri, come il Bufalo che "temeva la noia più di ogni altra cosa almondo: la noia tu risucchia come un buco nero, per sfuggire alla noia si fanno cose che sul momento non ci ci pensi, poi a rimediare sono guai seri
Due ultime osservazioni per finire. Anzitutto la scansione delle vicende della banda in stretto collegamento con le vicende del periodo, a cominciare dal caso Moro, durante il quale comincia a farsi luce la possibilità di un rapporto di utilità della banda con i servizi segreti. Così come cresce il ruolo del gruppo nella misura, come ricordato, che si scatenano i poteri forti per rintuzzare il pericolo di un vero cambiamento nel governo del Paese. 
La seconda osservazione riguarda l'analogia che viene in mente, pur nella differenza di stile e di approccio, con certa letteratura americana, a cominciare da Ellroy e il suo L.A. Confidential. Dove tuttavia è prevalente l'aspetto della corruzione nella polizia. Ma io preferisco questo Romanzo criminale e le suggestioni che ancora, dopo molti anni dalla sua uscita, non ha finito di suscitare in ogni lettore che si appresti a gustarne tutte le sfaccettature.

Renato Campinoti

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