Potrebbe sembrare, a prima vista, l'ulteriore, divertente racconto con cui Malvaldi ci ha più volte deliziato con i vecchietti del Bar Lume, con il barista-investigatore Giovanni, con la sua compagna e madre della loro figlia, vicequestore Alice, con l'immancabile coppia Tiziana e Marchino.
Eppure ancora una volta... non ce la fai a smettere fino a che non finisce il libro. Intanto c'è la morte di Aldo, nonno di Giovanni. C'è un testamento che parla della casa e della collezione di dischi del defunto. C'è un’occupazione di casa un poco alla carlona.
E soprattutto c'è una vicenda che dai dischi del defunto e dalle canzoni prende spunto per avviare le indagini sulla morte violenta di una signora così antipatica e maligna che, come viene da pensare ad Alice, era più facile "trovare qualcuno che non avrebbe voluto ammazzare Giada Meini", come si chiama la vittima.
A questo punto, indagando sui residenti del condominio nel cui garage è stata uccisa questa signora, diventa interessante trovare le ragioni che, oltre i piccoli o meno piccoli dispetti di cui siamo messi a conoscenza, motivino qualcuno a spingersi fino ad organizzare un omicidio.
In questo senso il racconto porta il lettore in un territorio non banale che è, appunto, l'indagine sulle molle che muovono, nel profondo, l'animo umano. Naturalmente non mancano neppure stavolta le divertenti conversazioni tra i vecchietti e con gli altri che mettono in evidenza, in forma di ironia toscana, i difetti e i pregiudizi che albergano in tutte le generazioni.
Insomma, ancora una volta Malvadi, dopo prove non banali in altri territori, compreso il romanzo storico su Galilei (Pisano anche in questo!), è ritornato al fortunato gruppo del Bar Lume per allietare da par suo la nostra troppo breve pausa estiva.
Renato Campinoti
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