Pagine

26 luglio 2025

Goliarda Sapienza: L'arte della gioia (Einaudi, super ET)

Religione, emancipazione femminile, libertà sessuale, rapporti familiari: un libro che va oltre la rivoluzione culturale della fine degli anni '60

Si legge con piacere e con molta meraviglia questo libro di Goliarda Sapienza, che ci porta un particolare e affascinante punto di vista su oltre mezzo secolo di storia del novecento, per scoprire, in fondo all'ultima pagina, che gli anni impiegati per la sua scrittura vanno dal 1967 al 1976. Attraversando in sostanza tutto il periodo della cosiddetta "rivoluzione culturale" che, con tutte le contraddizioni e in mezzo alle drammatiche reazioni (le bombe e la strategia della tensione) delle forze reazionarie annidate nei gangli fondamentali dello Stato, finirà per cambiare in maniera irreversibile il pensiero e, con i referendum, la normativa dei diritti civili del Paese. 
Le quattro parti in cui sono suddivise le oltre cinquecento pagine del lungo racconto della vita di Modesta, nata appunto il primo gennaio del '900, sono emblematiche della progressiva distruzione del pensiero "perbenista" cui sostanzialmente si applica la scrittrice. E sarà una distruzione così radicale, come vedremo, che viene da subito il sospetto che, nonostante i diffusi rapporti dell'autrice col mondo culturale del periodo (il primo marito, Citto Maselli, sarà lui stesso un regista cinematografico di avanguardia molto legato al mondo culturale romano del periodo), la pubblicazione del libro incontrerà a lungo il rifiuto delle maggiori case editrici del Paese. 
Come se, in Italia, le innovazioni culturali, con i loro riflessi nell'arte e nella letteratura, avessero bisogno di un tempo più lungo per essere assorbite dall'industria culturale di quello che invece accadeva negli altri paesi europei. Non a caso il libro, per quanto pubblicato in Italia nel 1998 dopo la morte di Sapienza, solo in forma di autopubblicazione in un limitatissimo numero di copie da parte del secondo marito Angelo Pellegrino, lui stesso critico letterario, troverà inizialmente fortuna all'estero, dalla Francia, alla Spagna agli altri paesi europei. 
Solo allora il libro ebbe finalmente il giusto riconoscimento anche in Italia. Il personaggio Modesta del libro, finita in convento dopo il classico abuso familiare, mostrerà via via che la vicenda si sviluppa, di sapersi adattare a tutte le circostanze, senza mai arretrare da quella che appare quasi come una missione. 
Così nella prima delle quattro parti in cui è organizzato il lungo racconto, in convento prima, nella casa nobile poi, comincia il suo percorso, in primis di mettere in discussione il dogma della religione. Scavando nei rapporti con le altre suore e con la madre superiora che la protegge, scoprirà "di non essere sola a dubitare di Dio". Quando poi entrerà nella famiglia nobile, ci metterà poco a trovare il modo di impadronirsi della reggenza della famiglia, dopo che con un matrimonio di facciata, diventerà lei stessa parte della nobiltà. 
Qui, sempre in questa parte, userà il nuovo potere per aderire, attraverso rapporti diretti con i personaggi giusti, alle nuove idee libertarie che la prima metà del secolo porta in evidenza. C'è da dire che è particolarmente interessante l'attenzione permanente di Modesta (e del libro) allo sviluppo delle vicende politiche, con la nascita del socialismo prima, con la brutale repressione fascista poi, fino all'instaurazione del regime di Mussolini che coprirà buona parte del libro stesso. 
Sarà nella parte seconda del libro che emergeranno con forza due temi già ampiamente intravisti fin dall'inizio: l'affermazione di un nuovo ruolo della donna nella famiglia e nella società, la libertà sessuale sia nei rapporti con l'uomo che con le donne. 
Se per quanto riguarda il ruolo della donna basterebbe citare le numerose polemiche di Modesta (ora principessa) verso chi si meraviglia del ruolo di comando da lei donna assunto ("Proprio forte e generosa come un uomo è vossignoria", sarà costretto a riconosce Pietro, il fidato, robusto servitore della nuova "principessa"), per quanto riguarda il sesso sono particolarmente innovative e nette le pagine dedicate ai suoi più importanti rapporti. 
Da un lato quello con Beatrice, la giovane figlia della precedente principessa, verso la quale usa termini che neppure Saffo ci aveva finora trasmesso, come pure il rapporto con Carmine, di una trentina di anni più maturo di lei, capo della casata parallela a quella di cui si è impadronita Modesta, dal quale apprende l'amore reciproco tra una donna e un uomo, in pagine di notevole intensità erotica. 
Altrettanto forte e innovativo è il suo rapporto con un'altra donna, in crisi di identità rispetto alla sua fede socialista (interessante per gli amanti del periodo la descrizione delle contraddizioni nel campo progressista tra socialisti e anarchici in particolare, durante la lotta contro Franco in Spagna), della quale pare innamorarsi fortemente e, pur ricambiata, è costretta a combattere i pregiudizi ricorrenti verso un rapporto saffico da parte della sua nuova compagna Joyce. 
Non c'è espressione più forte di quello che dice Modesta alla sua compagna, per affermare l'idea della libertà sessuale come legittima e normale scelta di vita, quando, di fronte all'obiezione di Joyce di nascondere questo loro rapporto ai figli della compagna, quest'ultima esclama: "I miei figli! Sono grandi i miei figli, e sarebbe un modo per metterli davanti alla realtà e vedere se la reggono questa realtà, o perderli". 
Siamo entrati così nella terza parte del libro dove la fa da padrona questa rivendicazione della principessa Modesta sulla libertà sessuale, insieme allo sviluppo delle vicende familiari, soprattutto la crescita dei figli e nipoti, intrecciati con le guerre, prima quelle coloniali di Mussolini, poi quelle della seconda guerra mondiale. Si arriva così alla caduta del fascismo, ampiamente festeggiata nel libro. Ma immediatamente Modesta, finita la festa della caduta del fascismo, si pone ancora una volta in maniera critica verso i nuovi poteri: "...quando fu all'aperto in quella strada immensa, marmorea di quella Roma intatta fra il deserto di macerie di tutta la penisola, Roma protetta dalle immense ali rosate del papato, dovette cedere allo sconforto". 
Ancora una volta a primeggiare sono le scelte civili e di libertà di Modesta, con cui si può o meno essere d'accordo, ma riconoscendo che non cede mai sui suoi principi. Bellissima la sua conversazione col figlio Prando quando si reca, appunto, a Roma dopo aver deciso di cambiare radicalmente vita e di mettersi nella nuova attività di pubblicista. "Tu giovane, Prando? Tu sei vecchio quanto il potere di quest'isola... Mi ricordi un vecchio astuto come il mare e calmo come il Monte che m'incantava da ragazzina". E alla richiesta del figlio di sposare il suo ultimo uomo, Lucio, Modesta risponde senza esitazione alla domanda su cosa ci sia che non va: "Una piccola cosa che oggi non è più di moda: non ne sono innamorata, Prando mio"
Siamo all'epilogo, ma ancora chi vorrà troverà in questa quarta e ultima parte di questo immenso libro ulteriori anticipazioni sull'idea di famiglia, basata sulla reciproca libertà tra genitori e figli, a costo, come appunto aveva detto Modesta a Joyce, di perderli. 
Ora il libro è terminato davvero. Ma Modesta resterà a lungo in nostra compagnia. Ogni volta che sentiremo un pregiudizio sulla donna, una stupidaggine sulla scelta di libertà sessuale di una coppia, una timidezza di un genitore verso le idee sbagliate del proprio figlio, ci rivolgeremo alla nostra compagna, sicuri che saprà suggerirci la risposta giusta, con ironia se possibile, con cattiveria se necessario. 
Grazie Modesta!

Renato Campinoti

1 commento:

  1. Ottima recensione. Un libro che doveva conoscere subito la pubblcazione, quando Goliarda era ancora in vita

    RispondiElimina