Pur trattandosi del quarto volume (per ora) della amplissima e interessante ricognizione (nell'insieme sfiora le duemilacinquecento pagine!) in forma di romanzo del ventennio fascista che Antonio Scurati ha donato a noi tutti (almeno a noi "antifascisti"!), si può tuttavia leggerlo come parte a sè dell'intero periodo.
Più che una vera e propria recensione di questo meraviglioso volume, che del resto non ne abbisogna per la quantità di segnalazioni e di accurate valutazioni da parte di eminenti studiosi, mi limito volentieri a segnalare quelli che, secondo la mia modesta interpretazione, possono essere degli utili criteri di lettura di un simile testo.
Cominciando da quella che ritengo l'ottica principale da adottare per una corretta valutazione della fatica di Scurati, vale a a dire, appunto, la sua natura di testo letterario, di romanzo storico insomma, rifuggendo dall'idea di trovarsi di fronte ad una ricognizione storica nel senso classico del termine. Se si adotta a pieno una simile ottica, allora si potranno apprezzare compiutamente i paragrafi che, via via, si susseguono per darci conto del progressivo decadimento fisico e mentale del "grande dittatore".
Emblematica, dopo che l'Italia è entrata in guerra a fianco di Hitler che, peraltro, viaggia del tutto per conto proprio, dopo le sconfitte iniziali in Grecia, le difficoltà di gestione della Jugoslavia, di fronte al generale Roatta che gli rende nota la difficile situazione in quell'area, il Duce riesce solo a dire "-Qui si ammazza troppo poco-. Ora si asciuga la fronte umidiccia, respira a fatica. Dalla lentezza con cui si srotolano le frasi, Roatta intuisce che il pensiero del Duce è volato altrove, oltreoceano, ai venti giorni passati nel deserto senza varcare le porte d'Alessandria".
Si può dire che inizia da qui, da questa incapacità di prendere atto dell'errore grave di avere portato in guerra un Paese che non solo era contrario, ma, soprattutto, non aveva nè organizzazione nè classe dirigente militare e politica all'altezza della sfida mortale cui l'avrebbe costretto l'alleato tedesco.
Altrettanto centrato sulla figura e sulla progressiva decadenza anche dell'uomo - amante, nel rapporto con la giovane Petacci. Basterà citare due episodi. Il vero e proprio patto che la giovane lo costringe a sottoscrivere relativo alla sua dichiarazione di quasi fedeltà, con l'impegno di ridurre al minimo le amanti e di confessare gli eventuali peccati (basta questo a qualificare l'aspetto "culturale" del fascismo sulla donna!) e, in secondo luogo, mano a mano che avanza la sconfitta politica e fisica dell'uomo Mussolini, l'assistenza dell'alleato tedesco che, come ci ricorda Scurati, dopo un intervento di Mussolini in Parlamento, "si ritrova anche un pò di slancio per un veloce amplesso, ma non prima che lui avesse preso le sue 'pastiglie del cuore', cioè l'Hormovin, l'afrodisiaco prodotto da laboratori farmaceutici tedeschi e fornito regolamrmente dal dottor Petacci durante le sue tre visite settimanali a Palazzo Venezia per le iniezioni di integratori vitaminici".
Sono, quelli richiamati, solo un paio di esempi della assoluta centralità che assume, in questo romanzo, la persona e le reazioni di quello che molti, fin qui, immaginavano come un uomo tutto di un pezzo e che, alla prova dei fatti, dimostra tutta la sua pochezza. Ed è quello che, con tantissimi altri momenti, interessa a Scurati raccontarci.
Ma non c'è solo Mussolini. A Scurati sta a cuore prendere di mira anche tutta la coorte di personaggi che sono saliti al potere grazie a Mussolini e alla viltà del Re e del Governo italiano e che per vent'anni si sono preoccupati solo di accaparrarsi incarichi e prebende. A cominciare da quel Dumini, responsabile dell'assassinio di Giacomo Matteotti, che arriverà ad arricchirsi nella colonie d'Africa e che, al momento delle sconfitte, sembra perfino fare il doppio gioco con gli inglesi.
Farinacci, Bottai, Grandi, Ciano suo genero, e tutti gli altri che non elenco, i quali, privi di una loro personale iniziativa, lasciata del tutto a Mussolini, dimostrano come siano inadeguati ai ruoli assunti, sia politici che militari, e di arrivare, tramite Grandi, a proprorre l'uscita di scena di Mussolini solo quando non c'è proprio più niente da fare e quando, come sono abituati a fare, prevale solo il loro istinto di conservazione. Anche di loro (sarebbe lunga la descrizione che di ciascuno ne fa Scurati) l'autore ci offre una galleria di stati d'animo, di inadeguatezze e di viltà che lascio volentieri al piacere del lettore. Tutto questo per ribadire il carattere volutamente letterario, oltre le aride note sui fatti di cui ovviamente si parla, che divengono lo sfondo per affrontare le personalità e i moti d'animo (ben miserevoli!) della coorte senza la quale Mussolini perde le sue sicurezze e senza il quale tutti si sentono perduti.
Un secondo criterio che ritengo utile adottare per una più piacevole lettura di questo pregevole testo, come in parte ho già detto, è quello di astenersi dalla ricerca dei fatti, delle vicende pur importanti che costellano gli anni dell'inizio della guerra di Hitler e, a seguire, di Mussolini, che pure sono ovviamente richiamati e fanno da sfondo a tutto il racconto.
Un secondo criterio che ritengo utile adottare per una più piacevole lettura di questo pregevole testo, come in parte ho già detto, è quello di astenersi dalla ricerca dei fatti, delle vicende pur importanti che costellano gli anni dell'inizio della guerra di Hitler e, a seguire, di Mussolini, che pure sono ovviamente richiamati e fanno da sfondo a tutto il racconto.
Un esempio per farmi capire. I testi di storia riportano come particolarmente importante, per una fase, il trattato di non aggressione tra la Germania e la Russia, il cosiddetto patto Molotov - Ribbentrop del 23 agosto del 1939. Ebbene, nel testo di Scurati il riferimento a tale fatto è collocato in un contesto del tutto marginale, riferito soprattutto al colloquio che il capo della diplomazia tedesca chiede di avere con il Duce e il suo governo in qualità di inviato di Hitler con cui avrebbe voluto incontrarsi Mussolini, che invece invia Rbbentropo essendo lui troppo impegnato nella guerra sempre più complicata con la Russia.
Anche in questo caso ciò che l'autore mette in rilievo è lo stretto rapporto tra i malanni fisici del Duce (la fortissima gastrite!), molto collegati con la progressiva sconfitta dell'esercito italiano su tutti i fronti di guerra (compreso quello africano, nostante gli sforzi di Rommel) e le difficoltà incontrato da tutte le forze dell'Asse. La stessa vicenda dell'attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre del 1942 viene appena richiamato se non in funzione dell'ingresso in guerra della potenza degli Usa e delle ripercussioni sul capo del fascismo. "Data la natura psicosomatica della gastrite ulcerosa, il nesso tra le disfatte militari fasciste e il tracollo è fuori discussione... la prima crisi gastrica del nuovo ciclo si è avuta dopo lo sbarco in Nord Africa degli angloamericani... I bollettini militari non sono, però, gli unici a stare a cuore a Benito Mussolini... attende con ansia anche quelli meteorologici. Che tempo fa a Milano? C'è ancora la nebbia? Se gli confermano che una fitta coltre ancora avvolge la sua città d'adozione... si allenta per qualche ora la tensione nervosa, il suo animo e il suo stomaco trovano un momentaneo sollievo. Per qualche ora, la nebbia proteggerà Milano dai bombardamenti." In buona sostanza Scurati da per conosciute le vicende più significative della guerra, senza dimenticarle nel testo, per concentrarsi sul suo "romanzo storico" su Mussolini.
Un ultimo criterio che ritengo utile adottare riguarda la lezione di stile narrativo che ancora una volta Scurati ci presenta, come del resto aveva già fatto in molti altri suoi lavori (ricordo per tutti "Una storia romantica" che ha per sfondo le "cinque giornate di Milano", ben presente nella mia personale topo ten) quando si ritiene di impostare un lavoro del tipo, appunto, di romanzo storico. In questo caso l'equilibrio tra le vicende delle persone di cui si parla e gli avvenimenti rappresnta esso stesso il criterio di qualità e di apprezzamento letterario che siamo chiamati a vivere. E ancora una volta la risposta che anche il quarto volume su M di Antonio Scurati ci consegna è una risposta letteraria di altissimo livello.
Renato Campinoti
Un ultimo criterio che ritengo utile adottare riguarda la lezione di stile narrativo che ancora una volta Scurati ci presenta, come del resto aveva già fatto in molti altri suoi lavori (ricordo per tutti "Una storia romantica" che ha per sfondo le "cinque giornate di Milano", ben presente nella mia personale topo ten) quando si ritiene di impostare un lavoro del tipo, appunto, di romanzo storico. In questo caso l'equilibrio tra le vicende delle persone di cui si parla e gli avvenimenti rappresnta esso stesso il criterio di qualità e di apprezzamento letterario che siamo chiamati a vivere. E ancora una volta la risposta che anche il quarto volume su M di Antonio Scurati ci consegna è una risposta letteraria di altissimo livello.
Renato Campinoti
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