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08 ottobre 2024

Saimo Tedino e Andrea Zavagli, Antologia: Un anno di carta

"Alla fine, ciò che conta non sono gli anni della tua vita, ma la vita che metti in quegli anni (Abraham Lincoln)"

Non è facile dare un senso ad una antologia che permette agli autori di sbizzarrirsi come vogliono, unico vincolo un riferimento ad un mese di un anno qualsiasi. Forse davvero la frase che li riassume meglio di ogni altra è quella appostata a premessa di tutti i racconti, quella di Abraham Lincoln, per capirci, e che ho ritenuto di dover mettere anche all'inizio di questa di specie di recensione. 
Eppure questa antologia un suo fascino ce l'ha davvero! Da dove mi viene questa convinzione? Anzitutto da ciò che potrebbe a prima vista sembrare un suo limite, cioè la grande varietà e ricchezza di spunti e di svolgimenti dei racconti che essa ci presenta. Che è poi come dire la ricchezza e la varietà di sensibilità e di voglia di raccontarci qualcosa da parte di tutti gli autori. 
Autori (ecco un'altra ragione della mia meraviglia!) tutti dotati di forti sensibilità e motivazioni al racconto e al confronto col lettore. 
Si va così dalla "ragazza di Ipanema" di Fausto Meoli che vuole trasmetterci il nuovo equilibrio del personaggio trovato tra la statua di Cristo che incombe su Rio de Janeiro, al silenzio e al paesaggio agreste di Morro de Pilar. Soprattutto con la presenza di Paula, che "di faccia non è bella anzi la definirei piuttosto brutta, ma ha degli occhi profondi e bellissimi. Peccato che quello destro sia completamente non vedente". E sarà da questa donna che, lui finora legato all'amico cui sta scrivendo, riuscirà a "lasciarsi trascinare... verso qualcosa di sconosciuto". Un racconto molto intimo, anche ironico e molto ben scritto. 
Si gira pagina e si trova il racconto di Cristina Gatti, di altro genere, sempre all'insegna di una particolare intimità, quella di una donna preda di una "insaziabile curiosità" che finirà reclusa per una estrema follia, per credere ad un mondo "quando la luna non c'era".
Si volta pagina e si incontra il primo dei quattro racconti, che pur su periodi molto diversi, ancorano a momenti storici la loro voglia di raccontare. Si comincia con Gabbriella Becherelli che ci regala un cameo della vita di Sandro Botticelli, collegandola al momento dell'edificazione della Chiesa di Santo Spirito su disegno del Brunelleschi e lui, giovanissimo, rimase affascinato da "quella facciata in lavorazione, alquanto strana, che gli trasmise un senso di grande armonia". Fu allora, ci racconta Gabbriella, che il giovane Botticelli "scoprì che poteva rappresentare le cose che vedeva o poteva disegnare ciò che immaginava"
Diverso è il tempo e la storia che ci racconta Giovanna Checchi, che ci porta al 2 giugno del 1946 che "fu una giornata importante per l'Italia intera". Molto belle le pagine del racconto di Giovanna dove due coppie di nobili vivono in maniera opposta quella data, così come opposta è la ragione del loro stare insieme. 
Ed ecco che Caterina Perrone ci porta qualche anno indietro, al giugno del 1940, quando l'Italia, di lì ad una paio d'anni, sarà trascinata nella sciagurata guerra in alleanza con la Germania nazista, fino ai disastri che conosciamo. Lei ci parla di un amore fra Antonio e Adele, così innamorati prima che lui parta per la guerra, destinazione Grecia, da unirsi in matrimonio e concepire un figlio. Antonio sarà un ufficiale scrupoloso, che riuscirà a farsi voler bene anche dai greci che pure lo vedono come invasore. La storia, che alla fine Caterina ci confessa essere vera, non è priva di momenti crudeli e di rischi mortali. Basti pensare al puro caso che impedisce ad Antonio di recarsi a Cefalonia, dove i nostri soldati furono trucidati dai tedeschi. Molto bello anche questo racconto, dal quale mi piace estrarre il colloquio di Antonio con il partigiano greco che gli confessa "io sto con gli anglo americani,... noi partigiani greci. Questa zona è sotto il mio controllo. Che cosa pensa facesse quel vecchietto sull'asino tutti i giorni e tutte le sere? Controllava che non le facessero del male". Da leggere d'un fiato! 
Il quarto di questa serie ce lo porge Antonella Cipriani, che si avvicina ai nostri giorni per parlarci della sua esperienza, da bambina, quando il 2 agosto del 1980 si consumò quella terribile strage di stampo neofascista alla stazione di Bologna che fece 85 persone morte e oltre 200 ferite. Ben scritto, da notare lo scarto tra la levità dei ricordi di lei bambina al mare dalla zia nella villetta di Torre del Lago Puccini, insieme alla cuginetta e l'irrompere di questa tragedia nella vita di tutti, che non solo rovinerà quei giorni di gioia alla bambina di 10 anni, ma rimarrà in lei, insieme all'attentato di via dei Georgofili a Firenze, come una macchia indelebile nella sua sensibilità di scrittrice.
Andando avanti si incontrano due scrittrici da me altrettanto apprezzate e entrambe, a modo loro, ci riportano alle vicende intime delle persone. Più forte la storia di Marisol che Sylvia Zanotto ci racconta, di questa bimba concepita, come scopriremo da una bravissima pianista insieme a due bellissimi uomini gay che la "utilizzano" per appagare il loro desiderio genitoriale. Dalla depressione alla felicità e viceversa, la competenza di Sylvia ci porta dentro un mondo musicale e un'altalena di sentimenti che meritano davvero di essere letti e gustati. 
Con uno spirito più leggero e tuttavia non meno sagace e divertente, ci trascina nella storia di Brigida, la nostra bravissima Nicoletta Manetti. Rimasta vedova già matura tuttavia troppo giovane, "era ancora una bella donna e quando si guardava (lo faceva spesso...) si compiaceva della pelle luminosa, della folta treccia arrotolata sulla nuca e delle forme procaci". Messe così le cose, con una ironia di cui tutto il testo trasuda, non ci resta che leggere come e con chi la bella vedova deciderà di accasarsi nuovamente, continuando a fare assaggiare a tutti quel caffè che lo stesso barista dove lavorava suo marito riconoscerà "E' davvero eccellente...". Naturalmente il finale è a sorpresa e consiglio a tutti di andarselo a leggere!
Una ricerca più interiore è presente nel racconto di Federico Fabbri, che ci segnala la difficoltà ad imparare ad amare davvero da parte del suo personaggio, che neppure riesce a smettere di fumare. Così è costretto a riconoscere (grande merito, secondo me!) che "La forza delle donne sta anche in questo, nello scegliere la via più impervia che conduce all'amore a quel sentimento sopravvalutato che mi sforzo di ignorare perchè so di non saperlo gestire".
In forma di racconto giallo (finalmente!) è quello che ci propone Marco Tempestini. Inventandosi un libro di uno scrittore che non esiste, (Tre delitti sarebbe il titolo) induce il suo personaggio a ricopiarne le vicende delittuose che lo porteranno tuttavia a compiere un errore fatale. Non a caso il titolo "Nessuno è perfetto" induce verso un esito che ci può sembrare scontato. Il finale, tuttavia, ci riserva la sorpresa che ogni buon giallista, come dimostra di essere Marco, è chiamato a regalare ai propri lettori.
Resta da dire dei racconti dei due curatori dell'antologia. 
Inizio con Andrea Zavagli e il suo Oktoberfest, dove si inventa un divertentissimo colloquio tra l'autore, che vuol portare all'Oktoberfest il suo personaggio che, come scopriremo, è stato un ispettore di polizia in due romanzi gialli. Il rifiuto del personaggio di seguire la volontà dell'autore, apre uno scenario, attraverso un fitto colloquio, che avrà un epilogo non troppo esaltante per l'autore stesso. Ci vuole fantasia, ma a Andrea non manca davvero, per inventarsi una storia del genere. Che è poi il colloquio interiore che lo scrittore di romanzi seriali è costretto prima o poi a imbastire con se stesso, come ci insegnano anche i più "grandi", spesso loro stessi indecisi se far scomparire, sopravvivere, cambiare vita ai loro, talvolta anche troppo a lungo sfruttati personaggi. 
Da leggere con animo leggero e meravigliato! In ultimo, ma non per importanza come dicono quelli bravi, da leggere con altrettanta leggerezza il racconto di Saimo Tedino, che col suo Natale Dasolo (già il nome è un programma!) immagina questo ragazzino dimenticato(?) in un centro commerciale dai genitori e che finirà, un pò come il Tom Hanks del film Terminal, per rimanere così a lungo e così benvoluto da tutti, dentro i negozi e le boutiques del centro commerciale medesimo fino alla sua maggiore età. Gustosi i riferimenti ai prodotti e alle politiche commerciali di stampo consumistico che permeano tutto il divertente racconto di Saimo. Poi, anche in questa occasione, sarà l'amore che darà una svolta decisa alla vicenda. Naturalmente per il lettore che avrà voglia di arrivare fino all'ultima pagina dell'antologia, quella appunto, che coincide con la fine di questo ultimo, ben fatto, racconto.
Che dire? Bella l'idea, ben curata, mi pare la gestione della composizione dell'antologia. Buona la scelta degli autori, quasi tutti, mi pare, facenti parte del Gruppo Scrittori Firenze. Un bel contributo alla diffusione della scrittura e, si spera, della lettura in un Paese che ne ha un gran bisogno. Facendoci così sperare che i due curatori si propongano di ripetere, su temi magari più stringenti (per gli autori), la bella esperienza cui hanno dato vita. In quel caso, modestia a parte, prenoto un posto nell'antologia, non fosse altro per abbassare un pochino il livello medio della qualità dell'antologia.

Renato Campinoti











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