"Nelle sere d'estate i tombaroli di Maremma fanno banda nelle cantine, aprono le carte dei giornali svelando reperti meravigliosi... raccontano le avventure che hanno affrontato... Ce n'è una in particolare. Parla di un portento che in un certo periodo cambiò la vita di molti in Val di Cornia: tal Guido Sacchetti, ma per tutti era Bardo...". Posta al termine di questo nuovo, meraviglioso romanzo di Sacha Naspini, questa frase svela l'intento reale dello scrittore che, da par suo, intreccia ancora una volta la sua vena di narratore con le vicende della sua amata terra: la Maremma, appunto.
Era difficile per lui, intenzionato a trasformare in romanzo la vita e le vicende dei suoi concittadini (basti pensare a Villa del seminario, dedicato alle amare vicende della reclusione degli ebrei di maremma a Roccatederighi!) non rispondere al richiamo dei "Molti reperti etruschi che oggi sono esposti nelle sale più prestigiose del globo".
Per raccontarci questa storia Naspini ci riporta indietro nel tempo, prima della legge sulla salvaguardia dei beni culturali e del nucleo dei Carabinieri (TPC) nato da questa. Avveniva così che "I carabinieri erano entrati in certe regge da papponi nate dalle baracche dei conigli: pezzi ovunque, usati come soprammobili. Tizi che a fatica sapevano parlare in italiano arrivavano in Mercedes da un giorno all'altro...".
Dopo questa partenza lo scrittore maremmano comincia a delineare i personaggi intorno a cui ruoterà la storia che vuole raccontarci. Si viene così a sapere di Leagro, il solitario, che intreccerà un rapporto con Silvana, una specie di "bocca di rosa" che, come ci racconta Naspini, "non aveva fatto altro che il suo lavoro: prendere le solitudini e farne un'altra cosa".
Naturalmente al centro del racconto c'è lui, Guido Sacchetti detto il Bardo, che è il primo a capire di quale tesoro si celi sotto la terra della Val di Cornia, di Buca delle Fate, di Populonia e di tutte quelle terre dove gli Etruschi avevano portato ai massimi livelli la loro capacità di produrre materiali e, soprattutto, pezzi d'arte in forma di vasellame, monili femminili e maschili, piccole sculture in tutti i materiali conosciuti, compreso l'argento e l'oro.
Si trattava di fare una squadra di scavatori, i famosi "tombaroli" e mettersi in contatto con i commercianti giusti, quelli che sapevano rivendere ai collezionisti privati e pubblici a prezzi adeguati i pezzi estratti dalle tombe. Soprattutto da quelle dei personaggi dell'epoca.
È appunto quello che sa fare il Bardo. Ecco allora tutta la galleria dei personaggi che ruota intorno a questo vero e proprio capo, come i pianeti intorno al sole.
C'è Renata, la mamma single che vede il figlio studiare e farsi una posizione perchè "identico a Bardo". C'è una certa Elisa Querci che invece Bardo la sposerà e ne sarà perdutamente innamorato, nonostante fosse, con le sue sparate contro i tombaroli, "per niente adatta a fare la moglie di un tizio del genere".
Proseguendo c'è il Ciocio, Simone all'anagrafe. "Una volta Bardo aveva detto a Simone: 'Non è solo andare a caccia di tesori'. Insomma, si parlava di una specie di missione che riguardava il territorio, la vita di tante famiglie".
Ecco che anche a lui viene trovato un posto al porto per uno stipendio fisso e per "fare il guardiano di notte... Di tanto in tanto riceveva la chiamata... i riflettori accendevano il molo 4 a giorno e gli operai di terra cominciavano a scaricare... Simone si appartava con tale marinaio. Lui dava il pacco, l'altro gli metteva in mano la busta con i soldi. Un paio di giorni dopo il bastimento riprendeva il largo".
E ce ne sono tanti di personaggi insospettabili che partecipano a questo traffico che li arricchisce grazie alla organizzazione commerciale del Bardo: "Il pesciaio di via Bologna metteva in vendita una spigola del giorno farcita di un bronzetto... Oppure Bombolino, il mercataro... ogni giorno montava la bancarella delle ceramiche in un posto diverso... La gente usava Guido Sacchetti - Guido Sacchetti usava la gente".
Poi accade che a tirare le fila toccherà al figlio Giovanni, detto Veleno. Sarà all'altezza del padre o sarà lui a scatenare quella guerra tra bande, i viterbesi contro i napoletani, tutti contro la banda degli uomini di Sacchetti?... Si, perché ad un certo punto Naspini fa partire un vero e proprio romanzo giallo che troverà nella "bocca di strega" un passaggio determinante. "E poi capita che le storielle di paese diventino un'altra cosa. Nell'ambiente dei tombaroli di Maremma dire bocca di strega equivale a dire questo: una trappola. Il tranello escogitato da qualcuno per smascherare chi ha cercato di fare il furbo. O che fa il doppio gioco".
Prima di lasciare al lettore il gusto di entrare nell'intrigo che Sacha Naspini gli costruisce come uno dei maggiori esperti del genere noir, non possiamo non citare un personaggio che diventerà anch'esso essenziale nella trama finale: Il Marchese, Raffaello Dolfino della Quaglia Biganò. A lui, che aveva perso tutto al gioco, Bardo dirà "Vivrai nella bambagia, solo che non lo saprà nessuno. E poi cerchi l'avventura... Io te la regalo".
Anche di questa vera e propria storia nella storia, tocca al lettore, ormai sicuramente incuriosito, andare a scoprire di cosa è fatta. E ne troverà di materia... Ma ora è giusto finire qui le lodi, del tutto meritate, al lavoro di Naspini. Con la speranza che non ci faccia aspettare troppo per gustare una sua nuova opera, sempre nei pressi dell'amata Maremma.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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