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19 ottobre 2024

Massimo Acciai Baggiani: Oltre le bianche distese del tempo.

 Un fantasy che ci costringe a riflettere sul futuro di "un uomo comune"

Non è facile classificare questo libro di Massimo, uno dei più intriganti tra i molti che ormai riempiono il curriculum del "narratore di Rifredi". Forse la definizione più adatta è quella di "Odissea", che tuttavia non si svolge per mare come quella originale del padre di tutti i narratori, bensì nel tempo e nelle trasformazioni di un mondo conosciuto e non più riconoscibile. "Un nuovo medioevo aveva avvolto il paese, un black out davvero insolito".

È ovvio che a fronte di questa novità (e di tante altre che il lettore incontrerà in questo insolito viaggio) il narratore avverta "la mancanza di qualcosa: di una spiegazione".

Si parte così, con l'io narrante, per un viaggio alla ricerca di quella ragione dei cambiamenti che incontra nel paesaggio urbano, che lo costringerà, volta a volta, a provarsi a dare una risposta. La prima, quella che sembra reggere alla prova dei fatti, la enuncia così: "O il progresso si era fermato oppure la spiegazione era davvero più semplice: mi trovavo nel presente, ma un presente 'alternativo' ". 

Va detto che il personaggio di cui Massimo ci parla è una persona in là con gli anni e, per un lettore arguto, questo fatto non dovrebbe essere indifferente! Proseguendo nel racconto siamo trascinati in molte, nuove avventure che da Firenze ci porteranno nel suo amato Casentino, in quella località, Corezzo, dove l'autore ha trascorso molte delle sue vacanze estive. 

Va detto che il narratore riesce a inframezzare le vicende che, appunto, ci racconta, con momenti di riflessione sulla vita e sulle sue aspettative: "Io l'età dell'oro me la immagino diversa sia dall'idillio campestre che dal paradiso consumistico dell'opulenta civiltà dell'usa e getta". Al lettore l'onere di scoprire ciò che l'autore immagina a questo proposito dell'età dell'oro. 

Sempre in tema di riflessione filosofica, il nostro non manca, mentre si scopre nel futuro, di riflettere anche sul passato, con lo scetticismo che lo contraddistingue in tutto il riomanzo: "Tale è il gap culturale e mentale che ci divide dai nostri antenati che non possiamo sperare di comprendere davvero il passato, di dialogare con esso neppure se esistesse una macchina del tempo". E qui il lettore troverà una specie di racconto nel racconto dove l'autore disvela non poche delle sue sensibilità! 

Un altro aspetto da sottolineare con piacere è una sorta di dialogo che si sviluppa lungo tutto il racconto con gli autori preferiti dall'autore. In uno dei frequenti intermezzi ci confesserà quali sono stati alcuni dei suoi libri preferiti. "D'altra parte, non sono uno che rilegge i libri, mi è capitato fino ra solo in cinque casi". Nella lista compaiono classici come "I promessi sposi del Manzoni" e quelli che lo stanno diventando come "Le città invisibili" di Calvino. 

Sono tantti gli autori di romanzi e i poeti che Massimo cita che non mi soffermo su nessuno per non rischiare assenze pesanti! In ogni caso la sua perlustrazione di tempi e modi in continua trasformazione va avanti, portandolo ad abbandonare volta a volta le varie ipotesi che cerca di costruire. 

Non che siano assenti, lungo lo sviluppo del racconto, altri personaggi. Basterà citare l'uomo che ogni giorno si affaccia alla finestra e incontra ogni volta novità nel paesaggio urbano e non solo. Altrettanto inquietante è la sorte di quegli abitanti che vivono nel più completo isolamento. Ma c'è un passaggio che non si può tacere di questa affascinante e inquietante odissea. Che è anche, secondo me, l'indizio più evidente della meta cui lo scrittore vuole condurre il suo personaggio: "mi sembrava di essere in viaggio da una vita in quel deserto maledetto. È la monotonia la Grande Nemica, pensavo, ciò che temiamo davvero. L'inferno dantesco non sarebbe tale se i dannati non patissero sempre la stessa pena, che non aumenta nè diminuisce". 

Grande intuizione questa di Massimo, che ci conduce all'epilogo del suo bel romanzo. Non senza averci regalato un'ulteriore risposta a quell'interrogativo da cui siamo partiti: "Quindi, se ho capito bene, dopo la morte si continua a vivere nella memoria dei vivi, così come ci ricordano, con quell'età, quel viso, quel carattere che avevamo". Che è poi ciò di cui è convinto il sottoscritto. 

Forse è anche per questo che mi ha affascinato così tanto questo romanzo che ha partecipato al concorso letterario indetto dalla casa editrice, che lo ha pure pubblicato. "Vincendo il concorso su una nutrita schiera di opere inviate e iscritte" e, sottolinea ancora l'editore "lo scrittore ti prende per mano e, pagina dopo pagina, svela ogni mistero con sapienza e abilità". 

Allora non resta altro a voi lettori che correre a leggerlo e scoprire, chi non lo avesse ancora fatto, un narratore di razza.

Renato Campinoti

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