Goethe: "L'Europa si fece pellegrinando"
Ci voleva uno come Paolo Ciampi, con la sua idea di scoprire il vero ruolo dei personaggi della nostra storia, ripercorrendone, a piedi, i luoghi che hanno vissuto e che, parrebbe, ci rendono ancora qualche ricordo delle loro reali gesta.
Ѐ non poco, né breve, il cammino che l'autore si appresta a fare per raccontarci la sua versione di una donna come Matilde di Canossa, troppo facilmente catalogata come colei che difese ad oltranza il ruolo del papato nella cosiddetta "lotta per le investiture", una sorta di antesignana della parte Guelfa nella successiva lotta tra fiorentini e tra questi e le altre città della toscana.
In realtà la vera novità ce la dice subito Ciampi: "Lei, la donna che dimostrò tanto carattere da mettere in riga i grandi che si contendevano l'Europa. La padrone di queste terre che passo dopo passo attraverserò in questo viaggio".
Se questa è la donna, nata nel 1046 a Mantova (nel Medioevo!) che ci racconta l'autore, non va neppure trascurato l'altro aspetto di Matilde, il suo ritrovarsi, per una serie di fortuite circostanze, l'unica sopravvissuta, prima insieme alla madre, poi da sola, di tutta la famiglia e dei notevoli possedimenti che il padre Bonifacio (un segno del destino?) aveva accumulato e che lascerà in eredità quando nel 1052 viene assassinato durante una battuta di caccia. Mai una donna finora si era ritrovata, da sola, a gestire un patrimonio e un potere come quello che toccò a lei.
L'altra vicenda che la mette al centro di questo periodo è il suo rapporto con Ildebrando di Soana, quel Papa Gregorio che si troverà coinvolto sia nella lotta intestina alla Chiesa per la legittimazione del nuovo Papa, sia nello scontro con l'Imperatore Enrico V per il diritto di nominare vescovi e Cardinali, la cosiddetta, "lotta per le investiture". Sono note le vicende che portano Enrico V, sotto la minaccia di scomunica e di conseguente indebolimento dentro una Chiesa già lacerata, a recarsi a Canossa (diventerà un modo di dire!) per esprimere il suo pentimento e invocare il perdono papale.
È noto il ruolo svolto in questa vicenda da Matilde che si farà così tanto nemico Enrico V che sarà costretta a ingaggiare una lunga lotta, fino alla sua vittoria finale, la "donna che sconfisse l'Imperatore", appunto.
Ma, ecco la specialità di questo scrittore di razza, a tutto questo Ciampi ci arriverà piano piano, portando il lettore con sé a conoscere o riconoscere i territori e le province dove visse e governò Matilde. E non trascura neppure i prodotti, i paesi e le tradizioni, le vicende principali collegate più spesso con le gesta di Matilde, talvolta anche con storie proprie.
Cominciamo dai prodotti tipici di queste terre che tendono via via a salire verso le rocche e i castelli costruiti sulle cime delle montagne. Si comincia dalle castagne e dagli alimenti a queste collegati. Si prosegue con salumi tipici del modenese ma che qui prendono altri nomi e altri sapori. Poi si incontra il vino tipico di questa regione, il lambrusco, che a guardarlo da vicino assume un sapore e un gusto che spesso sfugge a noi toscani del chianti.
Poi si prosegue con le fortezze, le chiese, i monumenti che man a mano che l'autore, non senza fatica, salendo sempre più in alto, incontra e di cui ci mette a conoscenza. Si arriva così al castello di Carpineti, la roccaforte di Matilde, alla fortezza di Monteveglio, che Enrico non riuscirà ad espugnare, allo splendido monumento a Matilde alle Quattro Castella.
E qui Ciampi ci fa notare: "Ѐ la statua di una regina disarmata, quanto di più lontano dall'idea di una Giovanna d'Arco nostrana. Col palmo della mano destra porge un melograno, tra le dita dell'altra mano, allungata sul fianco, tiene un libro". Si perché se c'è un motivo che attraversa tutta la lettura di questa Granduchessa che ci offre l'autore-camminatore è il suo continuo conflitto tra il desiderio di ritirarsi in un convento, nel silenzio dei chiostri, e l'impellenza di difendere i suoi territori e, con essi, il potere della Chiesa.
Sarà un pezzo avanti nel suo pellegrinaggio quando Ciampi, raggiunto con fatica un' altra chiesa, ci confessa: "La Pieve di Toano mi rammenta che la mia Granduchessa per tutta la vita ha fatto si costruire castelli, ma lo stesso ha fatto con le chiese. Spesso negli stessi luoghi dei castelli, quasi a voler riunire, almeno così, le due Matilde che in lei coabitano: la donna di potere nella bufera degli eventi e la donna di religione proiettata sull'altro mondo più che su questo".
Eppure Matilde dimostra di essere una donna eccezionale anche nella sua vita privata. Sceglierà da sola gli uomini che sposerà. Non avrà fortuna nè col primo, Goffredo il Gobbo, né col secondo, di poco più che quindicenne, Guelfo il Pingue. Così finirà per cacciarli entrambi, riuscendo, di quei tempi, a conseguire due matrimoni e due separazioni; "più unico che raro", come sottolinea l'autore.
Resta da dire, seguendo le riflessioni di Paolo Ciampi, da dove viene la forza che permette a Matilde di scnfiggere l'Imperatore, dopo che, nella precedente discesa in Italia di Enrico, aveva dovuto subirne la forza d'urto in campo aperto. "Ma a dispetto dei rovesci subiti, Matilde ha ancora qualcosa che lui non ha preso in considerazione o che forse ha sottovalutato. Questi monti, ecco su cosa può contare. In pianura Matilde ha perso uno dietro l'altro i suoi possedimenti... Più in alto ci sono ci sono le sue roccaforti, imprendibili nidi d'aquila. Ci sono vette che di per sé sono roccaforti naturali... sentieri che pochi conoscono a menadito". Sarà così che Matilde, quando Enrico non riesce a espugnare Monteveglio e si azzarda ad andare verso Canossa, contando di farne un sol boccone, non lascia neppure che l'Imperatore arrivi a mettere l'assedio e lo sconfigge nelle montagne in maniera così dolorosa che Enrico si vedrà costretto a rientrare in patria e, poco dopo, a cedere il potere al figlio Enrico V.
Senza volerlo, come ci dice ancora Ciampi, Matilde si era battuta per sconfiggere l'Impero, per aprire, senza neppure concepirla, una strada verso una visione dell'Europa,"anche lei artefice di ciò che oggi siamo o potremmo essere, allo stesso modo dei pellegrini medievali. E mai dimenticare il grande Goethe: L'Europa si fece pellegrinando".
Si chiude così questo affascinante e impegnativo libro, grati a Ciampi per la faticaccia del suo cammino, ma soprattutto per averci portato così vicino ad una donna che ora sentiamo parte della ricerca delle nostre radici e della nostra storia. Non resta, dopo averli gustati tutti, che aspettare il prossimo libro di questo ineguagliabile narratore.
Renato Campinoti
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