Anche se capisco che le intenzioni dell'autore erano (si tratta di un'opera pubblicata per la prima volta tra la fine degli '80 e gli inizi del '90 del secolo scorso) quelle di offrire, in versioni diverse, un messaggio unitario ai suoi lettori, ho ritenuto tuttavia più utile parlare di quest'opera, molto caratteristica delle intenzioni di Lansdale, prendendo un Drive-in per volta. E magari lasciar passare un pò di tempo tra l'uno e l'altro!
La prima impressione che si ricava da questo racconto "assurdo" circa ciò che immagina potesse capitare all'Orbit, "il più grande drive-in mai esistito", nel cuore del Texas degli anni '80, è il desiderio dell'autore di mandarci messaggi sulle storture culturali e sociali del suo Texas, in una forma che potesse risultare più efficace della classica letteratura di denuncia.
Sia chiaro, sarà lui stesso a usare, appunto, la letteratura nella forma più classica per esprimere i suoi concetti. Chi non ha mai letto il suo Tramonto e polvere e voglia capire quanto sia diffusa la violenza sulle donne da quelle parti, ma apprezzare anche lo spessore umano delle donne che sanno ribellarsi, è bene che corra in libreria e ne prenda subito una copia.
Come dicevo, non è questo il caso di DRIVE-IN, dove l'autore, facendo ricorso alla più sfrenata immaginazione e alle scene più truci che si riesca a immaginare, ci porta tuttavia per mano verso una possibile, forte riflessione sulla natura umana, non solo dalle sue parti. Per farlo non può non introdurre il clima che si respirava dalle parti di questa vera e propria "impresa commerciale" rappresentata, appunto, dalla moda dei Drive-in, dove, alla fine, la visione del film (del resto generalmente di scarsissimo spessore culturale, come ce li elenca l'autore) rappresenta poco più di una scusa.
Al centro ci sono le birre, il pop corn, le tavolette di cioccolato e "ogni genere di cibarie". Si parte addirittura dalla visita del gruppetto di amici alla sala da biliardo della cittadina attigua.
Tra di loro Bob, il piccolo genio, Randy mingherlino e di colore, Willard, il semi-orfano cresciuto per la strada dove si fa i muscoli e impara i trucchi degli scontri tra uomini, e naturalmente l'io narrante, il meno presente nelle vicende. Il Dan's Place, come si chiamava "il brutto locale in una brutta zona...
dove senti parlare di accoltellamenti e di riunioni della mala, di donne da venticinque dollari...
e di spaccio di droga".
Notevole, in questo avvio, la descrizione del proprietario, Dan: "braccia da operaio...
che avevano lavorato sul serio... sbattuto fuori ubriache e, da quanto avevo sentito dire, picchiato mogli".
Già qui avvengono due fatti degni di nota. Da un lato il rapporto tra Willard e Randy, il ragazzino di colore, "alto un metro e sessanta, completo di lenti spesse così". Si stabilisce così un rapporto tra i due che, secondo il narratore, era "una specie di legame.Penso che Willard vedesse in Randy il lato intellettuale che desiderava, e che Randy vedesse in Willard l'esperienza e la forza di chi vive sulla strada". Naturalmente già qui arrivano i segni di razzismo che il goffo personaggio che stava giocando a biliardo con Willard esprime decisamente e, dopo aver chiesto a Willard di portare "da qualche altra parte il tuo amichetto negro", si rivolge a Randy minacciando di "dare un'altra forma alla tua testa".
Naturalmente, perchè non ci fossero equivoci, ribadì il concetto lo stesso Dan: "E questo non è un posto per gente di colore".
Introdotti così l'ambiente e alcuni dei personaggi del libro, si passa direttamente all'esperienza del gruppetto dentro il Drive-in, dove, come il lettore avrà modo di conoscere, ne succedono di tutti i colori, fin quando una specie di campo magnetico, blocca il recinto dell'immenso luogo cinematografico e costringe tutti a fare i conti con un isolamento e un inquadramento che farà scattare nervi e perdere ogni senso morale alla maggioranza dei partecipanti.
Si vedono così scene del genere: "C'era gente riversa a terra che non si muoveva più. Un uomo nudo si stava prendendo un calcio nelle balle da una ragazza seminuda coi capelli alla punk. C'era altra gente per terra che strisciava su mani e ginocchia in caccia di popcorn e snack al cioccolato. Una donna stava leccando una bibita rovesciata, come un cane".
Già in questa fase del racconto Bob, il più lucido, sente il bisogno di far notare a Jack (l'io narrante): "Uomo, qui è tutta la razza umana che sta andando in pezzi... Gli uomini non sono nient'altro che animali, Jack. Se le cose si mettono al brutto sul serio, gli uomini, come animali, cominciano a mangiare quello che possono, a fare quello che devono fare". Naturalmente, in questa specie di lager in cui si è trasformato il drive-in, senza contatti col resto del mondo, avvengono le cose più brutte e ci sono gruppi, come quello dei motociclisti che va in giro a impiccare coloro che non rientrano nei loro canoni.
L'io narrante, vedendo che per lo scopo usano del filo spinato, "mi chiesi dove si fossero procurati il filo spinato... nel bagagliaio delle automobili tutti gli arnesi dei mestieri del Texas".
Da segnalare il capitolo che l'autore dedica al gruppo di cattolici, più corretto sarebbe dire della "setta" che si proclama cattolica e con il capo come "interprete" della bibbia. Anche qui sarà il solito Bob a mettere sull'avviso l'amico Jack quando confessa di essere, lui non credente, attratto dall'idea di fare esperienza in quel senso, impressionato anche dal fatto che non mangiano da tanto tempo. "Hanno del cibo da qualche parte, Jack", gli dice Bob. "La fede non soddisfa i bisogni di una pancia vuota". E a proposito della fede, Bob continua: "Ѐ tutta una menzogna, Jack. Non esistono formule magiche. Non esiste una maniera per capire come ci si debba comportare".
Naturalmente saranno i fatti che permetteranno al lettore di capire di chi era la ragione. Così come, sempre in tema di morale umana, appare interessante il colloquio tra Jack e Bob a proposito del possibile rispetto per la specie umana. "Negli uomini c'è anche qualcosa di forte e di nobile, qualcosa che, come un seme, ha bisogno di fertilizzante. Lo dissi a Bob e lui rispose che, a suo giudizio, un buon pasto, una birra fredda e una bella scopata andavano benissimo e in quanto al seme... aveva un'idea piuttosto precisa sul tipo di fertilizzante più adatto a quel particolare seme".
Poi i fatti che accadono intorno a loro finiscono per portare al dolore e al pessimismo lo stesso Jack. "Era per quello che piangevo, per la specie umana. Per il fatto che l'uomo non è per niente buono... in realtà piangevo per me stesso... la mia delusione, la presa di coscienza della mia mortalità... l'universo è un luogo buio, vuoto, e la vita è soltanto un giro di giostra, e quando squilla il campanello e tu devi scendere dalla giostra, metti i piedi sul nulla... non c'è più niente".
Si può ben dire che, pur con qualche sprazzo di ottimismo, via via attenuatosi, questa riflessione di Jack rappresenta un possibile epilogo di questo primo libro sul Drive-in scritto magistralmente da un grandissimo autore quale è tuttora Joe Lansdale. C'è in questo epilogo anche il suo pensiero? Intanto abbiamo altri due libri sul Drive-in per capirlo con più precisione. E poi ci sono le tante altre sue opere che non aspettano altro che di essere lette.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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