Cristina Cassar Scalia: Il castagno dei cento cavalli
Quando Germi produceva "Sedotta e abbandonata"
Pur non essendo un fanatico dei romanzi seriali, non riesco tuttavia a trattenermi da leggere cosa ha inventato di nuovo questa magnifica scrittrice siciliana nei romanzi su Vanina Guarrasi che sforna periodicamente. Dico subito che ancora una volta, oltre a mettere in campo l'abituale batteria di personaggi e sentimenti con cui ci cattura tutte le volte, ha sondato qualcosa di particolarmente interessante. Dimostrando, una volta di più, che il cosiddetto genere giallo è tra gli strumenti più efficaci per sondare e mettere in rilievo le peggiori magagne che sono presenti nel nostro mondo, talvolta più vicine a noi di quanto ci possiamo immaginare. Per quanto riguarda il racconto vero e proprio, per chi non ha mai letto niente di questa brava narratrice, lo invito a farlo da subito. Per chi ha letto già qualcosa, voglio sottolineare come, ancora una volta, il registro dell'ironia, fino a momenti di vero e proprio spasso, caratterizza un modo di raccontarci cose talvolta molto serie (questa volta anche truci), senza cadere nel clima plumbeo tipico di cultori del genere, soprattutto tra le nuove stelle dei paesi scandinavi. Nella abituale galleria di personaggi, incontriamo questa volta, accanto a Vanina, la sorella Coco' (in realtà figlia del secondo marito della mamma della Guarrasi) che passa un lungo periodo nella casa della vicequestore. Sarà l'occasione di una reciproca scoperta di doti e di affetti poco frequentati nel passato, così come per dare ancora più occasioni alla Bettina (nella cui casa in affitto risiedono entrambe) di raddoppiare le attenzioni (e le porzioni di cibo cucinato!) con cui finora si era presa a cuore la sola Vanina. Anche il Commissario in pensione Patanè, che collabora ancora all'indagine, si troverà a fare i conti in maniera opposta dal passato con l'atteggiamento, di solito carico di gelosia e di rancori verso la Mobile di Catania guidata appunto dalla Guarrasi, da parte della moglie Angiolina. Questa volta pare che la consorte di Patanè, invece di fare le solite storie, incoraggi discretamente il marito a stare più tempo possibile impegnato con le indagini. Nuova anche la situazione in ci viene a trovarsi l'ispettore capo Carmelo Spanò, prima abbandonato dalla moglie per un altro, ora messo nella poco simpatica situazione di diventare lui l'amante della ex moglie. Anche su questo, tuttavia, Cristina Cassar Scalia ci farà trovare di fronte a inaspettate novità. Da segnalare infine, oltre alla sostanziale ufficializzazione del fidanzamento della bellissima Marta Bonazzoli con il capo Macchia, l'inversione dei ruoli tra Vanina medesima e il suo ex Paolo Malfitano, con cui pare essere più lei di lui a desiderare ora un rapporto più stabile. Ma se questo è il quadro, approssimativo, delle vicende personali dei nostri principali protagonisti, quale è la sostanza dell'indagine che Vanina, insieme agli altri (a Patanè in maniera importante) si trova questa volta a dover portare a termine? Partendo dal ritrovamento del cadavere di una donna ferocemente mutilato, in una location rara e di particolare fascino: sotto il "castagno dei cento cavalli", una quercia millenaria di dimensioni gigantesche, situato alle pendici orientali dell'Etna, che la fantasia popolare fa risalire ad una misteriosa regina sotto le cui rigogliose fronde avrebbe fatto riparare i suoi cento cavalieri con i relativi cavalli . Di cosa ci vuol parlare con questo efficace, divertente ma anche profondo racconto la brava scrittrice catanese? Non potendo e non volendo svelare la sostanza del romanzo, il cui ritmo e i cui colpi di scena sanno tenere avvinghiato alla lettura chiunque lo avvii con buone intenzioni, mi basterà citare una frase che il lettore troverà nella parte finale del libro, che non svela niente della trama e delle vicende dei personaggi e dei presunti o reali colpevoli, ma che di per sè restituisce la sostanza del lavoro della Cassar Scalia. Si legge infatti a pagina 304: "Per una strana associazione di idee le venne in mente il film che aveva visto con Adriano: "Sedotta e abbandonata". La pratica disumana cui veniva sottoposta Agnese Ascalone per accertare la violazione della sua integrità, ad opera di una levatrice al soldo di un padre come dovevano essercene molti a quei tempi, descriveva perfettamente la condizione in cui vivevano le donne. Bastava un errore per ritrovarsi schiave a vita di un uomo che non avrebbero mai voluto". Col che, come accennavo, forse in maniera più evidente e socialmente rilevante di altre volte, la scrittrice dimostra come attraverso il genere giallo da lei magistralmente maneggiato, è possibile suonare la sveglia su argomenti e vicende troppo facilmente dimenticate e date per superate da molta gente. Ancora una volta, pur con le profonde novità di stile e di clima, emerge la grande lezione di Simenon e del suo commissario Magret che danno il via ad un racconto che, senza dimenticare le regole del genere, le intrecciano con la messa in evidenza di aspetti sociali e psicologici del loro tempo. Anche di questo credo che dobbiamo essere grati ad una scittrice di qualità come Cristina Cassar Scalia.
Renato Campinoti
Nessun commento:
Posta un commento