Leonardo Gori: Borgo Ottomila
Quando la solitudine si trasforma nel male assoluto
C'è ben poco di quello che conoscevo di Leonardo Gori, in questo "Borgo Ottomila", soprattutto rispetto al suo colonnello Arcieri e le varie evoluzioni storiche, peraltro ben ricostruite.
In compenso Gori ha messo qui molte altre cose, a cominciare dalla violenza sulle donne, spunto iniziale del libro che vede la protagonista, Anna, fuggire dalla gabbia dorata in cui un marito violento e impelagato in affari loschi, pretendeva di costringerla a vivere e a subire ogni suo malsano desiderio.
Nella fuga Anna porta con se la figlia di appena un anno, tra l'altro affetta da turbe psichiche che necessitano di medicine. L'unico posto che la bella e sfortunata madre riesce a immaginare è, appunto, Borgo Ottomila, piccolissima località nel comune di Celano, lago del Fucino, dove ha avuto modo di vivere alcuni anni dell'infanzia e dell'adolescenza.
Sarà proprio qui che incontrerà di nuovo Marta, l'amica di allora, rimasta quasi in solitudine nella località fuori dal mondo, che la porterà di nuovo all'impatto con i fantasmi del passato (ancora violenza sulle donne!) e con gli incubi del presente.
Saranno il tema della solitudine e di un affetto malato, unito ad una gelosia forsennata, che faranno da sfondo ale vicende in cui Anna e la bambina finiranno per incappare in quel minuscolo e pericoloso Borgo. L'autore sarà così costretto a mettere in moto una coppia di bravi poliziotti, con alla testa una vicequestore di particolare perspicacia, Laura Novembre, supportata dal giovane e bravo sovrintendente Stefano Alfieri, che riusciranno, appena in tempo, ad impedire una fine drammatica della vicenda.
Insomma, faranno in tempo ad entrare in campo anche i temi del noir e dello psicologico, per me una novità in questo pur bravissimo autore. Si chiude il libro, apprezzando i lavoro e la buona scrittura dell'autore, ma continuando a pensare alla prossima avventura del suo Arceri.
Renato Campinoti
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