Antonio Fusco: La scomparsa di Elisa Ohlsen
Quando solitudine ed egocentrismo sconfinano nel male assolutoÈ la prima volta che incontro questo nuovo poliziotto uscito dalla penna di Antonio Fusco: Massimo Valeri, detto l'Indiano, anche per le sue origini zingaresche che ne connotano i tratti somatici particolari.
Da subito il nostro acuto investigatore sarà posto di fronte alla scoperta di ben due cadaveri di persone scomparse da più anni, il professor Bassetti, di cui non si avevano notizie da molto tempo e rinvenuto, ormai mummificato, in casa propria a distanza di sette anni ed Elisa Ohlsen, una giovane ragazza rinvenuta nella zona dell'idroscalo di Roma dentro un sacco nero da cui spuntava una mano, anch'essa sostanzialmente mummificata.
Proprio quando, col ricongiungimento con la sua amata Giulia, l'Indiano si appresta a vivere una bella storia d'amore, gli capiterà di doversi occupare di entrambi i casi per la sopravvenuta incarcerazione di un collega, il sostituto commissario Tognozzi, accusato di aver ucciso il presunto responsabile del ferimento della figlia e della sua riduzione in carrozzina.
Così l'Indiano viene seduta stante nominato capo della sezione omicidi e invitato a risolvere quelle intricate faccende. Che inizialmente, soprattutto la morte di Bassetti, che nessuno ha cercato per ben sette anni, gli appare come il frutto amaro della solitudine in cui era scorsa fin lì la vita del professore. "Si muore di solitudine, pensò Valeri. Ci si lascia andare alla deriva come una barca che ha perso il timone e non può più decidere in che direzione andare."
Poi, mano amano che l'investigazione dell'Indiano prosegue, si renderà conto di dove la solitudine avesse portato la mente contorta di quel professore e a quali lidi, tutt'altro che idilliaci, fosse approdato. Finirà per entrarci anche la storia, che comincia a dipanarsi in più direzioni, della stessa, giovane Elisa, con l'entrata in campo di quella parte, minoritaria, della gerarchia ecclesiastica, ancora ancorata a un'idea di lotta tra democrazia e comunismo, come principio e giustificazione delle peggiori nefandezze.
Ma non si tratta di andare oltre, per lasciare alla curiosità che la scrittura asciutta e penetrante e lo svolgimento appassionato degli eventi, susciteranno inevitabilmente nel lettore. Si perché di questo anche si tratta, di un racconto robusto e pieno di colpi di scena i quali, apparentemente a latere del romanzo, finiranno per rendere difficile al lettore staccarsi dalla lettura e dagli avvenimenti che Fusco ci fa continuamente incontrare.
L'ulteriore qualità della scrittura di Fusco si trova anche nella sua visione "didattica" che il racconto assume verso il lettore, cui sente il dovere, di quando in quando, di offrire qualche delucidazione sia sul mestiere dell'investigatore, sia sulle ragioni, talvolta casuali, dei suo successi. "L'istinto di un investigatore di razza è sempre accompagnato da una sana dose di egoismo, dalla voglia di arrivare per primo alla meta. Possibilmente da solo, oppure, al massimo, con la propria squadra, di certo non insieme a quella del suo avversario... Un vero investigatore è geloso delle proprie conoscenze, dei propri informatori, delle proprie fonti, dei propri risultati, perché ogni passo avanti nelle indagini è frutto di ingegno, lavoro e sacrificio".
Ma così come celebra il carattere "egoistico", frutto tuttavia di un duro lavoro di scavo, Fusco, per la sua stessa origine ed esperienza nelle attività della polizia scientifica, non nasconde al lettore il ruolo del caso e della fortuna nell'attività investigativa. "Pochi lo sanno ma molte brillanti indagini, apparentemente frutto del genio di chi le porta a compimento, in realtà si risolvono grazie a un elemento casuale che entra in gioco al momento giusto. Qualcuno la chiama fortuna, qualcun altro lo chiama intuito investigativo, la sostanza non cambia: si tratta di un fatto nuovo, del quale si sconosceva l'esistenza, che consente di dare un senso alle informazioni raccolte fino a quel momento."
Accompagnati così dalle intuizioni e dai colpi di fortuna dell'Indiano e dei suoi collaboratori, arriviamo così alla conclusione di questo impegnativo lavoro di questo sempre più interessante scrittore. Conclusione che tuttavia non pretende di darci, belle e scodellate tutte le risposte. Lasciando al lettore qualcosa da elaborare in proprio per gustarsi davvero il mondo adir poco inquietante in cui Fusco ci ha portati. Ed è anche questo stimolo a pensare in proprio qualche elemento conclusivo, un merito non secondario dello scrittore.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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