Jon Fosse: Mattino e sera
La bella poesia delle cose che contano davvero
La prosa di Jon Fosse non può non interrogarci sul carattere particolare della sua scrittura e del suo modo di usare perfino la punteggiatura, ridotta davvero al minimo. Poi, mano a mano che si va avanti, ci si accorge di quanto è difficile interromperne la lettura. Nel frattempo, siamo ancora a meno di un terzo, il romanzo breve che ci impegnava con la sua particolare scrittura, si è trasformato in un lungo racconto poetico, quasi una silloge di pagine di poesia.
Già la prima parte, il Mattino del titolo, in realtà il momento della nascita del protagonista, quel Johannes che non ci abbandonerà praticamente più, è anch'essa un'insieme di esclamazioni, di emozioni, di sbandamenti di Olai, il padre di Johannes, di grande fermezza della puerpera, Marta, la mamma del protagonista.
C'è in questa parte un omaggio alle donne di rara dolcezza e intensità: "Olai è in piedi accanto al letto dove è sdraiata Marta col piccolo Johannes attaccato al seno...vede che Marta apre gli occhi e lo guarda e non capisce gli occhi di lei, sembrano così lontani e a quanto pare sanno qualcosa che lui non sa, non ci ha mai capito molto delle donne, sanno qualcosa, qualcosa che lui non comprenderà mai, qualcosa che non dicono e che sicuramente non possono dire perchè non si può dire".
E tutto è inquadrato in una atmosfera insieme magica e di pura normalità. Bastano poche battute per segnare il destino del piccolo appena nato.
"Ti è nato un bel figlioletto e tutto è andato bene, dice la vecchia levatrice Anna E farà il pescatore, dice Olai Così stanno le cose, dice la vecchia levatrice Anna Guarda quanto sta bene adesso, questo bel marmocchio, dice Olai Adesso ha il suo posto nella vita, dice la vecchia levatrice Anna".
Si passa così alla seconda parte, la sera del titolo, sicuramente la parte più bella e affascinante del libro. "Johannes si svegliò e si sentiva rigido e anchilosato"...ormai aveva l'età che aveva e riceveva la pensione, lui come gli altri".
Si passa così alla seconda parte, la sera del titolo, sicuramente la parte più bella e affascinante del libro. "Johannes si svegliò e si sentiva rigido e anchilosato"...ormai aveva l'età che aveva e riceveva la pensione, lui come gli altri".
Bastano poche righe per farci capire che quel marmocchio di poche pagine prima è ormai diventato un vecchio, che è vedovo e solo e che, nonostante avesse avuto ben sette figli, da tempo vive da solo.
La solitudine pare essere l'aspetto principale di questo momento della vita di Johannes, con le conseguenze che porta dietro "lì dentro era diventato tutto così triste e cupo da quando era morta Erna, era come se dopo che se ne era andata non ci fosse più calore".
Ci si potrebbe aspettare una parte di libro all'insegna, appunto, della tristezza e della disperazione. E invece è qui, secondo me, che Fosse dimostra la sua qualità di scrittore, mostrandoci un aspetto inaspettato di questo anziano pescatore, ridotto ormai a fare brevi giri con una barchetta di piccole dimensione, e a vivere del sussidio dello stato.
Improvvisamente tutto cambia. Johannes combatte l'incipiente scoraggiamento, fa una breve colazione, si accende una sigaretta e se ne va a fare una camminata verso la cittadina di Vagen, dove era solito andare a vendere il pescato. Da qui inizia un racconto davvero particolare. Fosse non nasconde al lettore che sta per raccontargli qualcosa di speciale a proposito di Johannes.
Tanto per cominciare infarcisce il racconto di episodi poco normali, come quando il vecchio pescatore racconta a se stesso di come l'ultima volta che ha cercato di pescare l'esca, per quanto pesante, non riusciva a scendere più di un metro sotto il pelo dell'acqua. E poi tanti episodi strani, a cominciare dall'incontro con Peter, l'amico di una vita, che a lui sembrava che se ne fosse andato da un pezzo.
Tuttavia il vecchio pescatore sembra stare al gioco e prenda sul serio l'idea di andare con Peter e la sua barca al molo cittadino, dopo aver pescato granchi come era solito fare l'amico. Continua a seguire l'amico anche dopo che, scagliatogli un sassolino dietro la schiena "la pietruzza attraversa la schiena di Peter e colpisce un sasso grande e rotondo prima di schizzare sul filo dell'acqua".
Fosse non nasconde al lettore le sue intenzioni, facendo più volte ripetere al nostro personaggio di sentirsi in uno stato del tutto particolare, ora con difficoltà a muoversi, ora con una sensazione di una strana leggerezza e agilità.
Ma saranno gli altri incontri che lui e Peter faranno che disvelano quello su cui si basa il racconto fantastico e, a suo modo poetico, che questo immaginifico scrittore ci regala. "Un bambino viene al mondo, si chiamerà Johannes, sarà un pescatore. Un uomo ormai anziano muore; si chiamava Johannes, era un pescatore", sta scritto nel quarto di copertina del libro.
Ecco, la bella novella di Fosse vuole dirci proprio questo, secondo me, che nel momento del trapasso ci passano nella mente le cose e le persone che ci sono state più care nel corso della vita e che hanno contribuito, anche in un'esistenza ai limiti della indigenza, a renderla bella e meritevole di essere vissuta.
Emblematico di quale sia stata l'esistenza del nostro pescatore, una scarna ma rivelatrice frase che l'autore mette lì quasi per caso. "Il pane era decisamente più duro e raffermo del solito, ma lui non era certo il tipo da comprarne uno fresco prima di aver finito quello vecchio, lui no, non era mai stato uno spendaccione, per niente... altrimenti come avrebbero potuto farcela Erna e i loro sette figli?" Bellissimo, da questo punto di vista, il ricordo di Johannes e Peter e di quando, alcune volte "Dovevamo spassarcela insieme", dice l'amico.
Il vecchio pescatore ci mette un pò a ricordare di cosa si trattava. "Dopo aver tirato su le lenze e venduto il pesce, andavano in qualche bettola al porto e tracannavano due o tre boccali di birra... mentre Erna e i bambini erano a casa e avevano a malapena di di che mangiare e vestirsi, ma tutto era finito presto".
Non si può che dire bene di un libro che, nel tempo dell'abbondanza e dello spreco, mentre vengono magnificati i furbi che viaggiano in grandi barche e evadono il fisco (per non dire di peggio sulle abitudini sessuali!) ci fa quasi rimpiangere la modestissima vita, tuttavia vissuta piena e con tanto sentimento, di chi è riuscito a malapena a sbarcare il lunario e può addormentarsi sereno nel suo letto.
E a proposito di affetti e di amore mi piace chiudere questa recensione con questa immagine che attraversa la mente del vecchio pescatore un attimo prima di lasciarci per sempre. "Erna e Johannes camminano lungo la strada e Johannes vede la luce accesa all'esterno... e adesso tutto pare bello e sicuro, come accadeva spesso prima, adesso tutto è così come deve essere, così come deve essere in eterno, pensa Johannes".
Si può non pensarla allo stesso modo sull'idea di eterno, ma grazie ugualmente signor Fosse per averci indicato con una grande forza poetica, ciò che dovrebbe contare davvero nella vita dell'uomo.
Renato Campinoti
Nessun commento:
Posta un commento