Corrado Augias: La vita s'impara
Da uno come Augias non ci si poteva aspettare una autobiografia più bella e più preziosa. Difficile scegliere come recensirla. Mi viene di farlo partendo dai personaggi. Si comincia da un gigante della letteratura e della poesia Pier Paolo Pasolini. Tra le tante opere quella che, lui giovinetto, lo colpì in particolare fu la modesta silloge “le ceneri di Gramsci” per la loro natura quasi profetica, di dare alla sinistra una funzione non solo sociale/economica ma anche attenta ai temi che oggi diremmo dei diritti civili. Pasolini, omosessuale, “tra voglia di esporsi e autoflagellazione “, patirà sempre questa sua condizione.
Finita l’università, Augias incontrerà la Rai e il giornalismo. Ecco allora il secondo personaggio che emerge: Eugenio Scalfari e il suo desiderio, con la fondazione della “Repubblica “ di dare vita, col giornale, a quel terzo polo, tra DC e PCI che la politica non riuscirà mai a far diventare maggioritario. Naturalmente, nella biografia di un simile personaggio non possono mancare i momenti salienti delle vicende sociali e politiche del Paese, a cominciare dal dramma del terrorismo e del rapimento e uccisione di Aldo Moro. Ma prevalgono le esperienze culturali e professionali di Augias. Vengono così in evidenza le città da lui frequentate e gli scrittori che maggiormente le rappresentano. Di New York e dell’America del suo periodo mette in evidenza Walt Whitman, reso popolare dal film di Peter Eeur “L’attimo fuggente”, dove “viene ripreso il suo canto in morte di Lincoln O Capitano! Mio Capitano”. Secondo Augias “incarna il sogno americano nella sua irrequietezza, nell’andare su e giù per la scala sociale, nell’alternare umili incarichi a una forte vocazione poetica “.
Si incontrano quindi due città che il nostro ha amato particolarmente e di cui ci ha fatto dono di erudite e apprezzate guide: Parigi e Roma. Della prima ci invita a riflettere su quanto abbiano inciso le profonde trasformazioni urbanistiche che ne hanno modificato la conformazione, cancellando quasi del tutto il reticolo di vie e piazzette medievali, sostituite dai grandi viali e dalle nuove zone, sparendo così perfino “Il ventre di Parigi” descritto da Zola, quando ancora le Halles erano i mercati generali della città. Particolarmente suggestiva la narrazione delle cosiddette catacombe parigine, veri e proti ossari sotterranei, sorte al tempo di Napoleone III per far scomparire dal centro cittadino i numerosi cimiteri mal gestiti dal popolo parigino. Da segnalare infine l’omaggio a Parigi alla tomba di Piero Gobetti e, soprattutto, al valore di un liberalismo laico e antifascista, che solo i Fratelli Rosselli sapranno incarnare.
Per quanto riguarda Roma, si trovano qui tutti i luoghi (dalle Terme di Caracalla, ai Fori, alle numerose piazze e chiese di cuiciha già ampiamento parlato nelle sue guide e che ci affascinano sempre. le novità che ho trovato sono rappresentate dalla rivaluatzione dell'idea e della prima realizzazione del quartiere dell'Eur (purtroppo rimasto incompiuto per la mancanza di cultura urbanistica prima del fascismo e poi dei governi democristiani, e la descrizione del quartiere dei Parioli, dove ha vissuto e vive tuttora, soprattutto, come ci tiene a sottolineare, "perchè hanno una storia bellissima che segue passo passo la storia politica dell'Italia, e di Roma". Dopo di che Augias ci fa dono di una ampia descrizione di tale storia che, ovviamente, lascio ai lettori.
Da qui in poi inizia quella che, secondo me, è la parte più impegnativa e bella di questo lavoro. Da un lato emerge l'amante della letteratura (quante volte torna sul tema di non aver cambiato indirizzo all'Università!) e prende spunto dal suo "vate" De Santis e dalla sua "Storia della letteratura italiana", per prendere nettamente parte a favore di Macchiavelli rispetto al "fiacco e opportunista" Guicciardini. Attenzione, Augias prende spunto da questo implacabile giudizio di De Santus per dirci perchè ne è così affascinato."La risposta è nella sua capacità di leggere tra le righe, di afferrare il 'sottotesto' di un'opera, di esporsi alle critiche senza nascndere preferenze (Macchiavelli) e rifiuti (Guicciardini)". Naturalmente, forzando un poco secondo me, su questa strada arriverà anche a mettere in discussione l'utilità di adesioni all'articolo 7 della Costituzione, quello sull'accettazione costituzionale dei Patti Lateranensi.
Da qui in poi Aiugias aprirà una vera e propria dialettica sul tema del suo ateismo e delle impegnative prove che l'hanno condotto a una tale, ferma e apprezzabile posizione. Inizia così da quello che sembra essere stato il suo punto di partenza di tale sua posizione: Feuerbach, di cui, per essere sintetici, basterà ricordare la frase "Non è stato Dio a creare gli uomini, ma sono stati gli uomini a creare Dio", per capire con quanta passione e amore per liberare l'uomo dai suoi pregiudizi, il filosofo si sia impegnato tutta la vita, abbia subito l'abiura della Chiesa e il suo totale isolamento. Da qui in avanti l'autore ci porterà a confronto con personaggi immensi, come Freud, come Spinoza, suo vero vate filosofico, come Ernest Renan e la sua "Vita di gesù" che riportò il personaggio alla sua essenza umana. Augias ci fa riscoprire, infine, Lucrezio e Epicuro, pur di rappresentarci quanto sia antica la ricerca di una vita all'insegna della laicità e della ricerca di una possibile verità. Ma è ora di lasciare al lettore il nostro, grande e coltissimo autore, che non può fare a meno di abbandonarci senza un motto tratto, pensate, da un attore, John Malkovich: "si vive senza capire granché, quando si afferra il senso della vita è ora di morire". A me pare che Augias l'abbia capito da tempo il senso della vita e c'è da augurarsi di leggerlo ancora per farcelo capire sempre meglio anche a noi.
Renato Campinoti
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