Non è né semplice né scontato questo bel libro di Cassola, più affascinante, per me dell'altro capolavoro, "La ragazza di Bube", ampiamente più omaggiato di questo.
Premesso che gli avvenimenti si svolgono a guerra iniziata e con il regime di Mussolini sempre più in difficoltà. La prima parte del libro è dominata dalle incertezze e dalle contraddizioni di due adolescenti di provincia (Volterra in particolare) dove l'una, Anna, è già protesa alla ricerca dell'uomo che la potrà sposare e mettere su famiglia, rimasta tuttavia delusa da un Fausto, in questo periodo, più preso, come molti adolescenti di famiglia piccolo borghese, a contestare le idee dominanti, sia in termini di religione che di famiglia: "due sono i cancri dell'umanità:la famiglia e la chiesa", risponderà ad Anna più per fare il contestatore che per convinzione.
Anna vorrebbe pure stabilire un rapporto positivo con Fausto, ma questi, tutto preso dal suo modo di fare di questo periodo, finisce per amareggiarla e portarla alla convinzione che:"...la verità è, caro Fausto, che noi non siamo fatti l'uno per l'altra. Abbiamo sbagliato...".
Così, quando si separeranno perché Fausto torna a Roma dalla famiglia e Anna va a Grosseto con la sua, cominciano a scriversi; Fausto, che si era sempre dichiarato contrario alla gelosia, comincerà a scrivere lettere di fuoco a Anna perché lei, ingenuamente, gli racconta delle ore passate in compagnia di amici, in particolare di Ilio, un semplice amico di paese.
In sostanza si va alla rottura e finisce così la prima parte del libro, mentre intanto incombe la guerra e la famiglia di Fausto, il padre in particolare, non riesce a nascondere la sua amarezza per come le cose si stanno mettendo per il fascismo.
Così, quando il 26 Aprile del '43 la guerra toccò anche Grosseto, col bombardamento e mitragliamento che costò la vita a centinaia di persone, la famiglia di Anna decide di andare nel paesello di origine a San Ginesio, un piccolo borgo.
La seconda parte del libro, di gran lunga la più interessante, si apre col rientro di Fausto a casa dai suoi che nel frattempo sono andati a Volterra in attesa degli eventi di guerra.
Siamo dopo l'8 settembre, Mussolini è stato deposto e, dopo la sua liberazione ad opera dei tedeschi, sta costituendo la Repubblica di Salò e minaccia i giovani che non si arruolano con lui di rappresaglia.
Fausto comincia a tessere i rapporti con i giovani del luogo. Incontra Baba, un giovane poco istruito ma con le idee chiare sul da farsi. Dopo non poche incertezze Fausto si deciderà ad andare con i partigiani alla macchia.
Molto bella e interessante questa parte, a partire proprio dalle incertezze e dalle contraddizioni che mostra l'animo di Fausto. Molto belle le pagine delle discussioni tra Fausto e alcuni dirigenti partigiani, di fede comunista, verso i quali, contraddicendo le sue opinioni giovanili, dei tempi di Anna, Fausto cerca di difendere una visione religiosa della vita contro il materialismo degli altri.
In particolare gli capita di confrontarsi con Baba, lui intellettuale e Baba modesto operaio. "Il comunismo è certo una gran cosa, che può rendere migliore la vita, ma oltre la vita c'è anche la morte... e il comunismo non può farci nulla con la morte". Ma le discussioni e anche le distanze che, talvolta, Fausto prenderà da certi metodi verso i traditori o i prigionieri cui ricorrevano i capi partigiani, fanno parte di quella visione non manichea e tuttavia vera e cruda della realtà della Resistenza, molto più efficace di certi metodi edulcorati.
Il fatto che si trattasse di una vera e propria guerra, fatta con mezzi e con un'organizzazione non certamente d'eccellenza, la rende ancora più vera e meritevole.
C'è inoltre nel libro un richiamo a vicende e comportamenti del nemico, i nazisti alleati e indirizzati spesso dai fascisti locali, che si macchiano continuamente di vere e proprie stragi, sia di giovani partigiani, come nel caso della strage di 18 partigiani sul Montemaggio, sia, ancora più amaramente, di ben 181 civili tra donne, anziani e fanciulli, come nel caso di Niccioleta nel Comune di Massa Marittima.
È su questo sfondo, infatti, che vanno giudicati anche i comportamenti partigiani, sempre sorretti, tra l'altro, dalla simpatia delle popolazioni, spesso loro stesse vittime, come nel caso della famiglia del pastore che offre ad alcuni partigiani che vanno a trovarla, tra cui Fausto, una buonissima ricotta fino a sazietà. Poi la mamma di famiglia chiede se vengono da lontano e dice loro: "Siate prudenti, ragazzi. Pensate alle vostre mamme" e improvvisamente si mette a piangere. Allora Fausto chiede al marito il perché, e l'uomo gli risponde che era per via del figlio, disperso in Russia. C'è qui la più forte e motivata condanna della guerra che si trovi nella letteratura: "Maledetta la guerra... Io sono sempre stato contrario alla guerra... La guerra distrugge, non produce, Come mai i capi non lo capiscono? Non dovrebbero fare mai la guerra. Non ci dovrebbero essere guerre. Ciascuno a casa sua, e lavorare in pace... gli andrebbe schiacciato il capo, a chi rammenta la guerra", dice il capoccia.
Fausto rimarrà con i partigiani, pur con convinzioni sue diverse dai comunisti che in quei territori erano maggioranza come è noto.
Ma prima della fine si giunge al terzo tempo del libro. Il nuovo incontro di Fausto e Anna. La quale nel frattempo si è sposata con un bravo giovane, da cui ha avuto una bambina che ha poco più di un anno. Neppure per Anna la vita familiare è solo rose e fiori. Anche lei è talvolta presa dall'incertezza e dal desiderio di ritornare al tempo spensierato della prima giovinezza.
L'incontro con Fausto, avvenuto dopo una battaglia vittoriosa dei partigiani sui tedeschi (ma anche di una rappresaglia tremenda come quella di Niccioleta), non sarà senza influenza per nessuno dei due. Il lettore vedrà da sé quali sono le reazioni dei due giovani. Come pure capirà che una vicenda come quella della Resistenza non è stata una passeggiata per i giovani che l'hanno vissuta direttamente.
Insieme ad una coscienza civile e antifascista molto forte, ovviamente, costituirà anche una nuova tappa della loro maturazione e della loro partecipazione, pur in formazioni politiche diverse, alla ricostruzione democratica del loro Paese. Un gran bel libro, insomma e, insieme, una ricostruzione fedele di una parte della Toscana, tra le più suggestive anche come paesaggio, spesso cercata e amata non solo dai toscani.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
Bella recensione, precisa, dettagliata e puntuale come sempre
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