Non c'e' dubbio che il personaggio principale di questo lieve e piacevole romanzo di Pratolini é il quartiere stesso, quel San Frediano cui ne il fascismo, né le difficili condizioni del dopoguerra, riescono a togliere quella identità popolare e quel tessuto connettivo che, pur nelle personalità forti che produce, riemergono ancora nelle pagine del grande scrittore fiorentino.
Del resto, l'antifascismo e la partecipazione alla lotta partigiana rimarranno, anche nella narrazione del romanzo leggero, la cifra su cui si valuta il carisma dei personaggi.
Valga per tutti quel Gianfranco, giovane capo partigiano, con cui il protagonista principale, Aldo, chiamato Bob per la somiglianza con Robert Taylor, farà una famosa scazzottata e che, per il solo fatto di non averle buscate, acquisirà merito agli occhi della gente del quartiere.
Ancora una volta a Pratolini preme mostrare il carattere di questa città che trovava, sicuramente per un buon periodo del dopoguerra, nei rioni e nei quartieri la sua vera anima, fatta di contrasti forti e altrettanto forti gesti di solidarietà.
Ma l'altro protagonista è lui, Aldo, che pure non è un personaggio completamente negativo. Anzi, per i suoi studi, i rapporti con la mamma, la parsimonia nelle spese personali («Questo mese puoi trattenerti un pò di più dallo stipendio» gli dice la mamma con cui ha un buonissimo rapporto), si può dire che sia il classico bravo ragazzo di quartiere. Inoltre "Era stato atleta, e poi ginnasta, e s'era fatto all'ultimo momento partigiano, per questo tanto alloro sulla sua fronte di bel ragazzo. La sua fantasia, come il suo ingegno, era limitata...". La cosa che possedeva davvero era la bellezza, di quelle che faranno impazzire molte delle più belle ragazze del quartiere. E lui di questo si approfitta e si fa vanto, finendo per diventare un "rubacuori di quartiere", come l'appella Pratolini.
Sarà questa sua "qualità" che finirà per farne una persona superficiale. "Bob, ormai, si riteneva dotato di una immensa riserva di affetto che una sola donna sarebbe stata incapace di accentrare ed esaurire". Ma questa sua illusoria capacità di beffare quante più belle ragazze possibile, fino a tentare di circuire quelle che stavano appena diventando donne, finirà per scontrarsi con l'altro, vero, protagonista del romanza: le ragazze di San Frediano!
Ma chi sono queste ragazze, cresciute nel periodo maturo del fascismo, poi della guerra mondiale e, infine, della guerra di liberazione e della Resistenza? Intanto non sono più le casalinghe di un tempo. "San Frediano è la piccola repubblica delle lavoranti a domicilio: sono trecciaiole, pantalonaie, stiratrici, impagliatrici... Le ragazze di San Frediano, belle o brutte che siano,.. le riconoscete dalle mani. Sono il loro mistero, il loro orgoglio più segreto e la loro dote; e sono bianche, di latte, con le dita lunghe, affusolate. Quelle mani escono miracolosamente pure dalle insidie dei cento mestieri a cui si applicano".
Sono queste ragazze cui il nostro damerino, sempre vestito bene, riesce spesso a far perdere la testa finché, come ci ricorda Pratolini..."Erano ancora quelle di una volta, le ragazze di San Frediano". Pratolini non lo dice esplicitamente, ma sembra di ritrovare in queste ragazze che si danno appuntamento a Boboli per organizzare la loro rivincita, le discendenti di quella "Beppa fioraia", che Giuseppe Conti nel suo curioso libro su "Firenze vecchia", ce la ricorda alla metà del secolo precedente quello di cui parla il nostro scrittore, come "la bellissima e famosa Beppa fioraia, che abitava a Monticelli... era la prediletta di tutta l'aristocrazia, ed ebbe sempre l'abilità di non far geloso nessuno". Fatto sta che, quando decidono di ritrovare il loro vero carattere, le ragazze che con tanta apparente facilità Bob conquistava una ad una, finiranno per dare una bella svolta a tutta la faccenda.
Ma qui è d'obbligo che il nostro lettore scovi da solo l'epilogo di questo bello e divertente libro di Pratolini, certamente meno impegnativo di Metello o dei volumi dello stesso autore di cui avremo modo di parlare.
Insomma, non sarà un vero e proprio capolavoro della letteratura e non parlerà di una vicenda di grandi personaggi. Tuttavia, come ci ricorda lo scrittore fiorentino, amante della sua città, "Ė un'avventura che merita di essere raccontata". E quindi di leggerla!
Renato Campinoti
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