"Era a se medesimo che si rivolgeva, parlando a Ersilia....«Davvero, come tutto ci deve venire a costar caro. Ho trent'anni e ne ho passate! eppure, ci credi? mi sembra di essere entrato soltanto ora nell'età della ragione». «Meno male» ella disse". Mi pare si possa rintracciare in questa riflessione di Metello (e nella risposta ironica di Ersilia) il senso più pregnante delle vicende che Pratolini ci racconta della Firenze di inizio secolo e del primo, grande conflitto sociale che vide protagonisti i muratori e i loro datori di lavoro. Ma si sbaglierebbe se si pensasse che l'interesse del grande narratore fiorentino sia quello dello sciopero duro e dei suoi complicati esiti.
È ovvio che questa vicenda non può non occupare uno spazio adeguato, per molti versi centrale, nel pur voluminoso libro dello scrittore. Basta pensare alla durata di quasi un mese e mezzo, alle difficili condizioni materiali in cui vennero a trovarsi le famiglie di lavoratori che già a malapena riuscivano ad arrivare a sfamarsi con i magri compensi mensili, per rendersi conto dell'importanza di una vicenda come questa. Del resto questi avvenimenti e la determinazione e la sostanziale unità dei muratori, avvenivano dopo che ancora alla fine del secolo precedente, le dimostrazioni e le lotte degli operai in molte città del nord, a cominciare da Torino, erano state represse con i fucili e i morti da parte dei miopi governi della Destra storica.
Ancora a Firenze, soltanto l'anno prima (siamo nel 1902) una prima prova di forza proprio tra muratori e loro padroni si era risolta a vantaggio di questi ultimi che erano riusciti a far rientrare al lavoro gli operai senza nessuna concessione salariale.
Qual'è allora l'aspetto più interessante di questo impegnativo lavoro di Pratolini? Cosa vuole mostrarci il bravissimo autodidatta in quello che considero il capostipide della sua voluminosa narrazione sulla nostra Firenze?
Se ci pensiamo gli elementi che l'autore ci mette sotto il naso sono molteplici. A cominciare dalla nascita e dalla prima infanzia e adolescenza di Metello, che avvengono, dopo il parto della madre in San Niccolò, nella famiglia degli zii in campagna, allevato e cresciuto dai contadini, in una condizione di sostanziale povertà. Qui c'è la prima luce che Pratolini ci accende. O si emigra nelle miniere in Europa, come fanno gli zii, o si prova a cercare fortuna nei nuovi lavori che cominciano a crescere nella città di Firenze.
Pratolini ci parla dei muratori, ma a fianco di questi ci ricorda che ci sono i lavoratori della grande fonderia del Pignone (ancora presente, appunto, nel quartiere del Pignone), ci sono i dipendenti delle altre fabbriche: dai gasometri sorti vicino alla fonderia per dare illuminazione alla città, alle fabbriche delle candele e delle ossa, anch'esse sorte nell'allora disordinata e putrida zona industriale del quartiere che aveva a lungo ospitato il porto fluviale di Firenze.
L'altro aspetto che Pratolini ci fa toccare con mano sono le trasformazioni sociali che, con le lotte salariali, con la nascita della Camera del lavoro, con la presenza della figura di Del Buono alla guida della medesima, connotano una nuova fase della composizione e della cultura popolare. Anche sul piano più strettamente politico, si passa dal padre di Metello, barcaionolo anarchico, al figlio, Metello appunto, approdato all'ideologia socialista che si sta affermando tra i lavoratori in città.
La stessa situazione politica nazionale, con la sconfitta della Destra storica e l'arrivo di Giolitti alla presidenza del Consiglio, influenzerà non poco lo stesso sbocco della lotta salariale dei muratori. Da registrare, infine, le novità culturali e di costume tra gli stessi lavoratori. Qui Pratolini non risparmia, come detto, le contraddizioni presenti nello stesso Metello che, pur innamorato di Ersilia e nel pieno di una difficilissima lotta sindacale che lo vuole protagonista, trova il modo di perdere il suo tempo con la bella e fatua Idina.
Tuttavia sarebbe superficiale non notare le contraddizioni che si aprono nell'animo dello stesso Metello che sente il bisogno di giustificarsi con se stesso per una vicenda di cui si pente amaramente. Ma anche l'Ersilia che, diversamente da una diffusa cultura femminile subalterna, non accetta il tradimento del marito e che rimane con lui perché lo stima ma con attenzione vigile perchè comunque "essa non aveva impegnato il suo cuore".
In sostanza quello che Pratolini vuole mostrarci sono le trasformazioni in atto, in quel periodo, nella sua città. Con grandissima fatica, con contraddizioni anche negli uomini e nelle donne che ne sono protagonisti (Il dolore del "parto" nella frase di Metello, "come tutto ci deve venire a costar caro") , ma con la convinzione che una fase è finita e se ne apre un'altra. Da qui, nonostante le critiche di chi avrebbe voluto in Metello un operaio puro e senza macchia, gli altri romanzi "popolari" che seguiranno, perché ora il popolo lavoratore, (gli uomini e le donne!) è il nuovo protagonista della nostra città.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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