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10 aprile 2024

Antonio Manzini: tutti i particolari in cronaca

Se la giustizia è inquinata, che fare?

"Non era un gioco, un passatempo, c'erano di mezzo persone di carne e sangue, persone a cui non era stata data la giusta attenzione, quella che un tribunale penale dovrebbe assicurare. Non era stata data giustizia, Per questo c'era lui." Detta così può sembrare il solito schema del "giustiziere" di fronte ad un torto subito. E dobbiamo dire che c'è, a modo suo, anche questo. Ma c'è molto di più in questo libro di Manzini che esce dagli schemi del seriale con Rocco Schiavone, che, pur apprezzabili, a me vengono a noia dopo un poco quando finiscono per ripetere la stessa logica. 
In questo caso, invece, una trama non troppo complicata e piuttosto lineare, giocata su due registri, dove il racconto del giornalista di cronaca suo malgrado (amava di più lo sport a cui si dedicava prima!), accompagna l'evolversi della vicende dell'uomo impegnato a ricercare i casi di mala giustizia e a comportarsi di conseguenza. 
Qui emerge una non banale peculiarità del personaggio, che finisce a fare l'impiegato dell'archivio del palazzo di giustizia, dove giaccione le pratiche dei casi non risolti, dopo aver cercato di entrare nella giustizia dalla porta principale: voleva diventare un magistrato e non ce l'ha fatta. 
Voleva diventare un magistrato, un Cappai figlio del celebre magistrato Cappai che, legato ai poteri forti compresa la massoneria, ha passato la vita a difendere soprattutto i personaggi potenti. 
Qui sorge la domanda: diventa quello che diventa per assolvere alla vendetta che mediterà per tantissimi anni, o prende la strada della vendetta perché non ha saputo prendere quella della giustizia con la g maiuscola? 
C'è una frase che ricorre più volte in questo notevole giallo di Manzini: "si è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare" che ci avvicina al motivo di fondo che ha scatenato le azioni del Cappai. 
Il lettore sarà messo al corrente delle vicende legate ai rapporti di Cappai con l'unica donna della sua vita quando sarà già un pezzo avanti con il libro di Manzini, perciò gli lascio volentieri il piacere della scoperta. Il che non mi impedisce di avvertirlo di riflettere con attenzione sull'importanza delle cose che ci accadono in una fase della vita, l'adolescenza, quando gli avvenimenti ci rimangono addosso per un bel pezzo nel corso dell'esistenza. 
Detto questo, va da sé che Manzini, da scrittore di spessore, di gialli in particolare, sa distribuire con grande maestria i cosiddetti colpi di scena, come sa creare la necessaria suspence alla fine di molti capitoli che ci costringe a riprendere più rapidamente possibile la lettura. 
Così come, è tempo di farlo, non è meno avvincente la parte che riguarda quella specie di detective suo malgrado rappresentata dal giornalista sull'orlo della perdita del lavoro. Anche da questo punto di vista Manzina traccia da par suo il profilo di oggi dei giornali e dei giornalisti che, con la fortissima perdita di lettori a scapito dei social e degli altri strumenti di informazione (ormai ogni testata televisiva o radiofonica trasmette notiziari in continuazione e dunque in tempo reale!) sono costretti a viaggiare più veloce della luce sui casi di cui si occupano, finendo per diventare, anche loro malgrado, dei veri e propri concorrenti delle forze preposte alle indagini.
È questo il caso di Walter Andretti e della sua scarsa consuetudine con i casi di cronaca nera, che dovrà tuttavia adattarsi alle ferree regole che richiamavo. Ci sarebbe da dire delle sue difficili relazioni femminili quant'altro, ma, parafrasando il titolo del lavoro davvero interessante e ben fatto di Manzini "tutti i particolari nel libro".

Renato Campinoti

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