Si può solo dire un gran bene di questo lavoro di Marco Hagge relativo alla ricostruzione della vita e delle qualità, marittime e non solo, di Giovanni da Verrazzano, in occasione del cinquecentenario dei suoi viaggi, per l'accuratezza e la profondità della ricerca, per quella continua dialettica tra le fonti, le opinioni a suo tempo espresse e i risultati più fecondi della più recente storiografia.
Se si pensa che ci sono stati interi secoli in cui si era finito per mettere in discussione perfino l'esistenza di un personaggio di tali qualità e di tanta importanza per la scoperta del "nuovo mondo"
Partiamo dal fondo. "Ricapitolando: il navigatore, il giorno ottavo del mese di luglio dell'anno 1524, appena approdato a Dieppe, spedisce al re di Francia, nel nome del quale ha compiuto il viaggio di esplorazione oltreoceano, una relazione nella quale espone i termini e i risultati dell'impresa".Queste le parole che Hagge scrive nell'Epilogo del suo interessante lavoro.
Qui viene fuori tutta la sfortuna che perseguita sia nell'immediato che per un tratto lungo alcuni secoli, la vita e la memoria di Giovanni da Verrazzano. "Subito dopo", riprende l'autore, "della lettera invia alcune copie ad amici e conoscenti. Di queste lettere, due arrivano certamente ai destinatari: quella inviata a Giovanni Battista Ramusio, e quella inviata a Paolo Giovio. Entrambi intellettuali, entrambi bene introdotti nella società e nella cultura dell'epoca".
Qui comincia la sfortuna del nostro Giovanni. Il re, cui sicuramente la lettera è stata recapitata, probabilmente non ha né il tempo né la voglia di leggere quella lettera. E comunque anche se la legge non ha certamente modo di interessarsene. Poco dopo, infatti, che il Da Verrazzano arriva alla corte di Francesco per consegnargli la famosa relazione, l'8 di agosto del 1524, il re parte (il 14 agosto) per la guerra contro Carlo V imperatore spagnolo, con tutt'altre preoccupazioni nella testa.
Tra l'altro, la guerra si rivelerà un disastro per la Francia, che vede il suo re Francesco I sconfitto sonoramente il 24 Febbraio del 1525 nella battaglia di Pavia e lui stesso fatto prigioniero. Sarà in seguito costretto, per essere rilasciato, a lasciare in ostaggio i propri figli per oltre quattro anni, pagando infine una somma enorme di riscatto.
Si capisce come, in simili frangenti, l'attenzione che viene rivolta alle scoperte delle "Nuove Terre" da parte di Giovanni, passano sicuramente in seconda fila rispetto alla situazione del regno.
Ma la sfortuna che perseguita Giovanni in vita sta per calargli addosso proprio durante l'attività che l'aveva consacrato come uno dei maggiori navigatori ed esploratori di quei secoli pieni, come sappiamo, di grandi scoperte da parte delle maggiori potenze del periodo, Portagallo e Spagna in primo luogo.
Dopo la scoperta delle terre che costeggiano la baia della moderna New York, Giovanni compirà altri due viaggi, durante il secondo dei quali, nel 1528, sulla base di un nuovo impegno del re di Francia nel frattempo liberato dalla prigionia, Giovanni non farà ritorno.
Partito a primavera arriva a giugno nel mar dei Caraibi, forse alla ricerca di quella via verso l'oceano Pacifico da tempo nell'ottica di tutti gli esploratori. Avviene così, come racconterà il fratello cartografo Girolamo che lo aveva accompagnato nell'impresa, una volta sceso in un'isola che ritiene disabitata, incappa in un gruppo di nativi, di indole cannibalesca, che lo uccidono, lo fanno a pezzi, e se ne cibano. Più sfortunato di così!
Eppure, nonostante il racconto del fratello, sembra che a nessuno sia arrivata quella memoria scritta per il re di Francia dopo il primo, importantissimo viaggio di Giovanni. Tra l'altro, merito non minore di questo corposo e documentato lavoro di Hagge, è proprio quello di analizzare puntualmente il documento (relazione) scritto dal nostro esploratore per mostrare tutta la competenza e raffinatezza letteraria del medesimo, sicuro indizio di studi all'altezza di una famiglia di rango del rinascimento fiorentino.
Non solo, ma dalle denominazioni attribuite da Giovanni alle varie località o baie che ebbe modo di esplorare durante il viaggio lungo le coste dell'America del Nord, di New York e della Florida in particolare, si possono dedurre le molte conoscenze "politiche" e culturali che traspaiono con evidenza da tale documento. In questo senso il lavoro di Hagge porta giustamente come sottotitolo "Navigatore e gentiluomo" per qualificare Giovanni da Verrazzano non come semplice uomo di mare, come molti ce ne furono in quello stesso periodo, ma anche come raffinato cultore della storia e della politica del suo tempo.
Non esitò, per esempio, durante la cattività del re francese, a intavolare trattative con lo stesso re del Portogallo per farsi finanziare ulteriori spedizioni, che poi finì per compiere, con la sfortuna richiamata, sempre sotto l'egida del regno transalpino. Ma la sfortuna lo doveva perseguitare anche nel ricordo che i popoli avrebbero dovuto tributare a colui che per primo transitò di fronte a quelle terre che, di lì ad alcuni secoli, vedranno nascere la più forte potenza del mondo.
Ancora una volta si tratta di seguire l'epilogo del nostro autore. "Ramusio... decide di pubblicare la relazione nella sua monumentale opera 'Delle navigazioni et Viaggi' (Venezia, 1556). Da grande letterato quale è...non resiste alla tentazione di apportare qualche modifica...", contribuendo così ad alimentare gli equivoci e addirittura gli scetticismi sulla figura e l'opera di Giovanni. "Paolo Giovio, invece, la legge e la mette da parte, nella sua leggendaria biblioteca, che per tre secoli si trasmetterà, intatta e integra, agli eredi".
Ci vorranno così cinque secoli finché Giulio Macchi di Cellere, da persona colta, ne capisce tutta l'importanza e si mette in contatto con un bravo giornalista che, nel pieno delle polemiche su Giovanni da Verrazzano, fa tradurre la lettera da un esperto archivista e la pubblica. Mettendo così fine alle più strane congetture su una delle figure più importanti e più qualificate del periodo delle grandi scoperte marinare e non solo.
Forse la definizione più completa e arguta della figura di Giovanni da Verrazzano, la pronuncia Luigi Cappellini, presidente della Fondazione Verrazzano e attuale proprietario dell'omonimo Castello.
Interrogato da Marco Hagge all'interno della stesura del pregevole lavoro, sulle doti di Giovanni da Verrazzano, Cappellini, sicuramente colui che più di tutti possiede libri e materiale d'archivio relativo al personaggio, così risponde: "Giovanni è stato prima di tutto un abile imprenditore... la sua attività 'pratica' non è sospesa nel vuoto: poggia su una base di valori etici e culturali, che sono poi quelli della Firenze umanistica e rinascimentale: l'umiltà e la misura, arricchite da un alto senso della propria dignità". Mi pare che questa frase sia l'epilogo più calzante per una figura di "Navigatore e gentiluomo" che la cultura e la competenza di Marco Hagge hanno giustamente riportato alla nostra attenzione di fiorentini e di persone mosse dalla curiosità.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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