Si possono usare più registri per parlare di questo piccolo, ma autentico, capolavoro di Hermann Hess, che fa davvero il paio con "Siddartha".
Il primo registro che viene in mente è quello dell'autobiografia di un uomo, un intellettuale di spessore, colto in una fase della vita in cui, con l'avanzare dell'età e degli acciacchi (la sciatica in particolare, ma non solo) si vede costretto a fare i conti con una sorta di pit stop, per dirla in gergo sportivo, rimettendo in parte in discussione le certezze, culturali e sociali, conquistate in una fase non breve della propria esistenza.
Emergono così via via squisiti quadretti di riflessione, di nuove esperienze che la vita sedentaria di una sorta di sanatorio, nella famosa località di Baden, lo costringono a prendere in considerazione e ad abbandonarsi ad attività del tutto inusuali con la vita "normale".
Spassose in questo senso le sensazioni degli incontri con quella specie di arte del cinema, dei mezzi concerti, delle serate passate ad ascoltare racconti in forma di teatro, che finiscono prima per annoiare il raffinato intellettuale, per carpirne poi la tendenziale pigrizia indotta anche dallo stato di semi infermità causata dai malanni del fisico.
Impagabili le parti del libretto dedicate alla progressiva infatuazione del gioco d'azzardo, tipico vizio dei più grandi scrittori della sua epoca o di poco precedenti. Basti pensare, per non andarci di scartina, a Dostoevskij e Tolstoj. Ed è arguta la riflessione cui l'autore giunge quando cerca di andare a fondo per capire perché la gente attribuisce al gioco "un'inestimabile superiorità rispetto a quegli altri generi di divertimento in cui la gente è così chiassosa, scomposta e trasandata".
La risposta che Hesse ci fornisce è che "qui non si tratta già di musica, di teatro o altre simili quisquilie, ma della cosa più seria, più amata e più santa che gli uomini conoscano, cioè del denaro... contrariamente a ogni altro svago popolare, in una sala da gioco predomina un'atmosfera non priva di timore reverenziale".
Naturalmente, per seguire sempre il registro autobiografico, al termine delle due settimane di cura e dopo l'immersione in una vita falsata dal cibo, dalle distrazioni e dal gioco, il grande intellettuale che è in lui, la dote di cui Hesse dispone di ritrovare in se stesso le qualità necessarie per ritrovare il senso vero della vita, quell' "oscillare di continuo tra natura e spirito, tra ordine e rivoluzione, tra cattolicesimo e spirito protestante", che lo porta di lì a poco a esclamare di nuovo "Com'era bello vivere!".
Naturalmente c'è un secondo registro attraverso il quale si può leggere questo agile ma pregnante libro di Hesse: il registro dell'ironia e della parabola. La capacità, cioè, già dimostrata dall'autore, di trascendere le vicende di cui ci racconta, per elevarle a una forma di similitudine della vita degli uomini, degli intellettuali in particolare. Come si può allora interpretare questo momento di vita particolare di cui l'autore ci parla? Un posto particolare spetta certamente al ciclo della vita, all'avanzare dell'età come rappresentazione di un momento importante della crisi intellettuale posta a confronto con novità che emergono e con la difficoltà di una mente "matura", piena di certezze del passato, di farci i conti. Tipico, in questo senso, è il difficile rapporto dell'autore con l'arte nuova di quel momento, il cinema, appunto, da lui vissuta più come distrazione o momento di "leggerezza" piuttosto che come arte in grado di porlo a confronto con le storie e le vicende degli uomini.
Altrettanto interessante, in rapporto all'idea di "parabola" di questo raffinato racconto, è la parte finale, dove emergono gli strumenti, culturali e intellettuali, (la capacità di non accontentarsi di una visione "univoca" delle vicende umane) attraverso i quali l'intellettuale che è in lui riesce a vedere con occhio critico il momentaneo periodo di crisi. "L'unità che io venero dietro la molteplicità non è un'unità noiosa, grigia, concettuale, teoretica. É la vita stessa, piena di gioco, di dolore, di risa".
Renato Campinoti
Renato Campinoti
Bella recensione, hai colto in pieno tutti gli aspetti salienti dell'uomo/scrittore Hesse. in un piccolo libro, un grande valore
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