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26 novembre 2023

Paolo Nori: Vi avverto che vivo per l'ultima volta noi e anna achmatova

Paolo Nori: noi e anna achmatova

"Perché i russi tacciono?"

"Che belli, i paesi infelici, che belle le vite infelici come quella di Anna Achmatova". Ci vorranno ben 247 pagine, quasi tutto questo meraviglioso libro di Nori, perché l'autore ci confessi con quale spirito si è accinto a scrivere questa bellissima e particolarissima biografia della più grande poetessa russa. E in effetti tutto si può dire di questa ineguagliabile poetessa fuori che abbia avuto una vita semplice. Basti pensare alla travagliatissima vita privata, che la vede prima di tutto rompere col padre che non voleva che scrivesse poesie e che disonorasse il suo cognome e così lei rifiutò di prendere il patronimico del genitore ("non mi serve il tuo cognome") per andare a inventarselo, forse pensando a sua nonna Anna che discendeva dalla principessa tartara Achmatova.. 
Così Anna Gorenko, nata nel 1889 nei pressi di Odessa, divenne per tutti Anna Achmatova. Questo fatto di essere nata in Ucraina avrà anch'esso il suo significato nella biografia di Nori, come vedremo in seguito. 
Ma le vicende private vanno molto oltre lo screzio col padre. A cominciare dal primo matrimonio col poeta Gumilëv, da cui, nel 1912, avrà il primo e unico figlio Lev. Dopo questa nascita «noi, senza dir niente, ci siamo dati una reciproca, piena libertà, e abbiamo smesso di interessarci alla vita intima dell'altro≫. Il matrimonio naufragherà, ma resterà sempre un rapporto forte fra i due, finché con lo stalinismo più bieco, Gumiliëv viene prima incarcerato e poi fucilato. 
Quando, ancora sotto lo stalinismo, anche suo figlio Lev verrà incarcerato e perseguitato (cosa che la costringerà a scrivere perfino a Stalin perché faccia liberare sia il figlio che il padre, anch'esso inizialmente "solo" carcerato).
Anna si sposerà altre due volte e avrà molte avventure, perfino, a quello che sembra, con Modigliani. Anna verrà anch'essa perseguitata dallo stalinismo, che nel '46, alla fine della guerra, volle addirittura escluderla dall'Unione degli scrittori, privandola perfino a quella razione di pane e patate che significava la sopravvivenza. ≪Con l'esclusione dall'Unione degli scrittori≫ scrive l'Achmatova nei suoi taccuini ≪mi avevano destinato non solo alla morte civile, ma anche alla morte fisica≫ 
È bellissimo quello che le succede dopo l'esclusione e che racconta una scrittrice che andrà a trovarla in quel periodo:≪Sa che non ne posso più? Tutti i giorni trovo davanti alla porta di casa tante di quelle patate che non so cosa farmene di tutte queste patate≫. 
Anna Achmatova avrà la popolarità che ebbe da viva per la semplice ragione che il popolo l'apprezzò anche durante lo stalinismo e, soprattutto, perché lei, che morirà a Mosca nel 1966, sopravviverà al feroce dittatore. 
Perfino col figlio Lev, da lei teneramente amato, ebbe un rapporto molto difficile, talvolta in rotta come accadde negli ultimi anni della vita di lei. Eppure lei cercò sempre di darsi una ragione delle intemperanze e delle difficoltà di rapporto del figlio. Un giovane, dirà più o meno a chi le faceva notare le mattanze del figlio, che ha avuto il padre fucilato ed è stato spesso incarcerato, non può che essere una persona difficile.

La bellezza di questo libro, del modo di scrivere più un romanzo che una biografia da parte di Nori, consiste proprio nel permetterci la conoscenza del personaggio (in questo caso dell'Achmatova) dentro un contesto culturale, politico e sociale che spazia dal periodo della sua vita al tempo presente. 
L'autore può cosi parlarci di ciò che gli sta a cuore, il Paese che lei amerà per tutta la vita, la Russia. E lo farà partendo dal presente, da quello che influenzerà anche il suo bellissimo libro: l'aggressione della Russia di Putin all'Ucraina, che sarebbe poi, come si diceva, la patria di Anna. 
C'è una frase ricorrente in quest'opera di Nori: ≪Che cosa mi fa paura della Russia?≫. Nori risponderà a questa domanda traendo spunto dall'attentato che colpì Darja Dugina, la figlia di quell'Aleksandr Dugin amico e sostenitore della guerra di Putin contro l'Ucraina. ≪Chi gioisce dell'esplosione di una donna di ventinove anni, per quanto aberranti possano essere le idee di quella donna, secondo me è una bestia. Questa è la mia paura. Che ci facciamo invadere dalla bestialità. Che non ci rendiamo conto di quello che stiamo diventando e che, forse, siamo già diventati≫ 
Abbiamo detto che, per quanto in forma di romanzo, quest'opera di Nori è anche una biografia, per me la migliore che mi potesse capitare di leggere. Allora concludiamo questa recensione con una citazione tratta dal saggio che le ha dedicato Iosif BrodsKij. «Nessuna religione aiuterebbe a comprendere, ancor meno a perdonare, meno che mai a sopportare questa doppia vedovanza decretata dal regime, questo destino del figlio, questi quarant'anni di silenzio coatto e di ostracismo... Anna Achmatova vi riuscì... con la poesia... capace di guardare la realtà condensandola in qualcosa di afferrabile... il che spiega la sua popolarità e, fatto più importante, le permise di parlare per la nazione e di dirle cose che essa, la nazione, non sapeva. L'Achmatova era, essenzialmente, un poeta dei legami umani: legami vagheggiati, tesi, troncati. All'inizio rappresentò queste fasi attraverso il prisma del cuore individuale, poi attraverso il prisma della storia» 
Grande merito allora di Nori averci condotto fin qui con un racconto che non stanca mai. Con i continui rimandi dell'autore tra una poesia dell'Achmatova e lo sdegno per la guerra fratricida scatenata da Putin verso l'Ucraina, ci conduce a comprendere perfino le differenze caratteriali tra un abitante dell'attuale Europa e un russo, che, come ci ricorda l'autore, non può mai essere ottimista. Quando è ottimista, vuol dire che non gli hanno raccontato come stanno le cose nella maniera giusta. Insomma, per concludere da dove siamo partiti, "che belle le vite infelici come quella di Anna Achmatova"

Renato Campinoti

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