Laura Vignali è una scrittrice di quelle vere, di quelle, per intenderci, che sanno cimentarsi con più registri letterari e ogni volta ne esce con successo. Così dai toni impegnati di "Una storia fiorentina" o di "Un segreto per Livia", è passata al classico giallo di "Il supplente" e poi alla spystory di "Appuntamento a Budapest", per limitarsi solo a una minima parte dell'ormai davvero notevole produzione letteraria di questa brava e prolifica scrittrice.
Ora, sorpresa, si è cimentata con un genere molto amato dagli scrittori fiorentini, quello che definirei dei "parenti serpenti", tanto esaltato da Palazzeschi con le sue "Sorelle Materassi". Di questo genere e di queste atmosfere si risente appieno nel divertente e accurato romanzo della scrittrice pistoiese/fiorentina.
Già impressiona l'apertura, con quell'"anonimo ambulatorio di Rifredi" (Riofreddo, come si chiamava originariamente il Mugnone che l'attraversa!) dove "la paziente minuta e incolore", quella Augusta così dimessa e priva di ogni appeal, confessa al dottor Favilla l'avvenuto decesso del notaio Arturo Anceschi Alderighi.
Da subito le circostanze di questo decesso destano curiosità e un poco di ilarità nel lettore. Trovato morto nel suo letto in casa della sorella Irma, abbandonata da tempo dal marito (misteriosamente scomparso nel nulla!), il notaio giaceva privo di vita da chissà quante ore e, come racconta Augusta, già segretaria del notaio, «la cosa strana è che sul suo comodino c'era un contenitore di cartone con delle briciole di Sacher torte. Considerando che il notaio soffriva di diabete ed evitava ogni eccesso, non le pare sospetto che si sia rimpinzato di zuccheri tanto da rimanere secco?» In questo modo la brava scrittrice mette nell'orecchio del lettore (e del dottore Favilla come vedremo) la curiosità di saperne di più di questa strana morte. Si viene così a sapere che il notaio si era fatto carico di tutta la famiglia della sorella alla scomparsa del marito, sia quando c'erano in ballo tre piccole nipotine, sia adesso che quelle nipotine sono diventate donne più che mature. E sono loro tre, tutte con vicende familiari vicine all'assurdo, le vere protagoniste della parte centrale di questa gustosissima commedia. Vuoi per essere state abbandonate come Susy da un marito che, pur essendosi risposato con la sua migliore amica, la illude tuttora di pensare solo a lei pur di estorcerle un poco di quattrini. Vuoi per la strana storia di Dada che, pur avendo divorziato dal marito, continua a vivere sullo stesso pianerottolo con lui e a frequentarlo fin troppo platealmente. Vuoi infine per le giravolte pseudo intellettuali di Betty che ha riversato nel disegno e in un paio di improbabili relazioni con un palestrato e un bipolare le frustrazioni culturali.
Tutte e tre in realtà sulle spalle delle laute entrate del defunto notaio che aveva fatto del mantenimento di tutta la ciurma familiare, nipoti compresi, tutti nullafacenti, una sorta di missione familiare. L'abilità di scrittrice di Laura emerge tutta nei fitti dialoghi (e monologhi) con i quali si inverano le reali aspettative per l'eredità del defunto notaio da parte di questi ingrati familiari per il quali, lungi dal provare il pur minimo sentimento di dolore per il decesso, finisce per contare solo quanto spetterà a ciascuno di loro.
La tessitura dei pensieri espressi o reconditi di questi personaggi, lo scarto tra le apparenze di dolore e la realtà di ingordigia di ciascuno, fanno venire in mente quel capolavoro della commedia familiare che Monicelli a suo tempo mise in scena col famoso film "Parenti serpenti". Col vantaggio, a favore della brava scrittrice, di delineare nel suo racconto con più forza l'assurdità delle aspettative sentimentali di questi personaggi sia femminili che maschili.
La tessitura dei pensieri espressi o reconditi di questi personaggi, lo scarto tra le apparenze di dolore e la realtà di ingordigia di ciascuno, fanno venire in mente quel capolavoro della commedia familiare che Monicelli a suo tempo mise in scena col famoso film "Parenti serpenti". Col vantaggio, a favore della brava scrittrice, di delineare nel suo racconto con più forza l'assurdità delle aspettative sentimentali di questi personaggi sia femminili che maschili.
Vale a questo proposito un emblematico monologo. Quello di Susy la quale, convinta dall'ex marito che intende tornare da lei perché è lei "l'amore della mia vita" come le fa credere, non sente ragione e prende per false, pur udendole dietro una porta, le reali intenzioni che l'uomo esprime all'attuale moglie perché stia anche lei al gioco che intende giocare a fin di "quattrini".
«Povero Alfredo, quanto gli sarà costato fingere con quella strega della moglie! Per questo lo apprezzo ancora di più e sono convinta che la nostra rela ione sarà passionale e senza fine». Ma, da brava giallista, l'autrice ci riserva più di una sorpresa, che ovviamente non posso svelare per non togliere il gusto, appunto, della conclusione certamente sensazionale di questo solo apparentemente leggero racconto.
Dirò solo che, dato il giusto risalto alla mamma Irma e alle sorelle, emerge via via in primo piano quella che, all'inizio, sembrava come la più dimessa e insignificante delle donne della storia. Vale a dire Augusta e il suo continuo gioco a nascondino col dottore. Il quale, un poco stanco da un mestiere di psicologo ormai ridotto a mascherare nei racconti dei pazienti le proprie insoddisfazioni, si appassiona non poco alle vicende che la paziente Augusta gli confeziona a modo suo.
Anche questo bilanciamento tra le apparenti principali protagoniste del racconto e lo sviluppo in parallelo di nuovi e inaspettati personaggi è il segno della maturità di scrittrice e di giallista (nel senso più nobile del termine, per come lo intendo io!) che possiamo ancora una volta riscontrare in questa brava e, sia detto a suo merito, compulsiva scrittrice. Dunque alla prossima storia Laura Vignali!
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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