Chi era stato il vero protagonista di tutta questa drammatica e commovente storia, Naspini ce lo dice in una delle ultime pagine: "Anna aveva fatto in tempo a combattere la battaglia di Edoardo e dell'Italia. L'aveva insegnata anche a un ciabattino, che nonostante la mancanza continuava a sentire quell'amica viva più che mai". Sarà infatti questa Anna, colpita al cuore dall'uccisione del suo unico figlio da parte dei nazisti, che trova solo nella lotta partigiana il motivo per riscattare, almeno in parte, il dolore della perdita del figlio.
Ma non si limita a questa. Anna, l'amica che l'altro protagonista del libro, René il ciabattino, detto settebello per la perdita di tre dita al tornio in gioventù, ha ammirato e amato tutta la vita. Senza riuscire mai a pronunciare le parole che forse avrebbero potuto cambiare la suo vita solitaria.
La forza enorme di questo romanzo è la dimostrazione di come, perfino in uno sperduto borgo della maremma, Le Case, frazione di un piccolo paese, Roccatederighi, la furia nazista riesce a fare male al mondo e a un gruppo di inermi ebrei, rei soltanto di appartenere a quella religione. Qui Naspini fa riferimento a fatti realmente accaduti in quella località dove, unica diocesi in Europa, il vescovo spunta un regolare contratto d'affitto per realizzare nella "villa del seminario" un campo di internamento per ebrei, con tutte le angherie, dalla fame alle percosse, che caratterizzano quei luoghi da ogni altra parte, a cominciare dai campi di concentramento.
Con un'aggravante che l'autore non manca di segnalare. "In poco tempo scoppiò una guerra nella guerra, tra le famiglie privilegiate e quelle che non avevano un santo in paradiso. Sempre più spesso capitavano tafferugli, alla fine ne facevano le spese tutti con le strigliate dei tedeschi".
Ma se il seminario dove sono rinchiusi gli ebrei, spesso l'anticamera dei lager di sterminio tedeschi, rimarrà continuamente sullo sfondo di tutto il romanzo dell'autore grossetano, il centro della narrazione si concentra sulle piccole e grandi vicissitudini del ciabattino, quel René che vede Anna, un bel giorno, lasciare la casa che si trova per le sue scale, con dentro un biglietto con le istruzioni per mascherare la sua assenza.
In sostanza di accendere le luci la sera come se lei fosse in casa, di evitare che altri vi entrino in sua assenza, di fare finta di andare a trovarla come faceva prima e raccontarlo in giro. Non gli chiede di fare come lei. Ma da quel giorno per Renè tutto ruota intorno a quella scelta: "Forse Anna stessa, nel decidere di andarsene senza dire niente, in pratica gli aveva sussurrato all'orecchio: 'Ti aspetto. Scegli tu".
Così sempre più spesso troveremo Renè "dritto davanti all'armadio, con le ante spalancate... come pronto a tutto, diceva 'Vuoi fare la guerra? Non ti serve altro'. Poi aggiungeva: 'A parte il coraggio'".
Il coraggio a un certo punto lo troverà spinto anche da un giovane soldato, Simone, che si presenta dal ciabattino per far riparare gli scarponi dei soldati e che confesserà proprio a René la sua intenzione di passare dall'altra parte della barricata. Il ciabattino, che in un primo momento si mostra diffidente e attento a non scoprirsi, finirà alla fine per "adottare" quel giovane che tanto gli ricorda il figlio di Anna che anche lui ha contribuito ad allevare. Sarà il desiderio di proteggere quel giovane, insieme al desiderio di ritrovare la sua Anna, che lo spingeranno a prendere la decisione di unirsi ai partigiani.
Naturalmente il bellissimo libro di Naspini offre una gamma di vicende e di personaggi che riproducono, nel piccolissimo mondo in cui si sviluppano le vicende, moltissimi degli aspetti di fascismo e di antifascismo che caratterizzano, spesso tragicamente, le vicende italiane di quel 1944.
Soprattutto all'autore interessa mostraci come, quando la ferocia e la miopia di un nemico come quello nazista (tra l'altro ormai sostanzialmente sconfitto e dunque inutilmente crudele e spietato verso persone innocenti!) si accanisce su tutti quelli che si permettono di non pensarla come loro, c'è sempre qualcuno, fortunatamente, disposto a imbracciare un fucile e organizzare la resistenza a un nemico così crudele.
È bello, come anche Naspini ci mostra con il suo racconto, che alla testa di questa parte di popolo ci siano dei giovani, talvolta dei giovanissimi. Naturalmente non manca, quando passa il tempo e la memoria di questi fatti rischia di perdersi, un sano scetticismo che porta il nostro protagonista, Renè, ormai in là con gli anni, a riflettere con un poco di amarezza: "E la memoria di quei ragazzi? Si sono fatti ammazzare. Ora Cesare Moltalti (il maresciallo che aveva collaborato con i partigiani per salvare il figlio) prende l'aperitivo come se nulla fosse, con lo stesso cipiglio da carabiniere. Non hanno imparato nulla".
Si chiude questo libro con un senso di profonda gratitudine verso Naspini per quello che ci ha fatto conoscere e per la bravura di un racconto costruito in modo straordinario, da fargli meritare tutto il successo che sta ottenendo. Ma si avverte anche un senso di realismo che ci porta a guardare con scetticismo e un po' di preoccupazione al mondo che ci circonda.
Ci auguriamo con tutto il cuore che non ci sia bisogno di un'altra Anna a svegliarci dal torpore che offusca talvolta i valori per cui i vari Renè si sono mossi e molti giovani hanno perfino perso la vita.
Renato Campinoti
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