La prima cosa che colpisce di questo fondamentale testo del Procuratore generale militate Marco De Paolis é la mole di notizie di cui veniamo a conoscenza a proposito delle orrende stragi perpetrate dai Nazisti, col supporto spesso determinante dei fascisti repubblichini, nel periodo tra la primavera e l'inverno del 1944. "Ho istruito più di cinquecento procedimenti penali per crimini di guerra che hanno causato complessivamente la morte di 6961 persone, ottenuto il rinvio a giudizio per 79 nazisti, fatto celebrare 17 processi contro i responsabili di 2601 omicidi che hanno portato, in primo grado, a 57 condanne all'ergastolo."
La prima, clamorosa verità, già nota ma ripresa e insistita da De Paolis è il clamoroso ritardo con cui vennero finalmente istruiti questi processi. E la mancanza, si dovrebbe aggiungere, di una parte dei responsabili, i fascisti repubblichini.
Sulla prima questione, quella dei ritardi, il magistrato militare ci rende palese con questo libro come solo la determinazione di alcuni giornalisti, sia italiani che stranieri, unita alla casualità di trovare nel posto giusto (la procura militare di La Spezia) un magistrato appunto che intende dare corso all'attività investigativa finché sono ancora in vita almeno una parte dei responsabili delle stragi, hanno permesso di riaprire processi ormai dati per definitivamente insabbiati.
Si deve anzitutto ad un giornalista come Franco Giustolisi, colui che coniò per primo il termine "armadio della vergogna" per indicare l'armadio, appunto, in cui qualcuno nei primi anni '50 aveva riposto le carte relative a molte delle vicende di strage di civili (o di soldati fatti prigionieri), la spinta a riprendere in mano quella incredibilmente ricca documentazione e dare, finalmente, avvio alle indagini.
Si deve ad un giornalista tedesco, Udo Gūmpel che aveva per primo rintracciato alcuni ufficiali nazisti e ne aveva pubblicato le interviste. De Paolis lo convoca: "In due ore il giornalista spiega tutto quello che mi serve. Ha intervistato sei persone in totale. Due erano nel battaglione SS responsabile della strage di Sant'Anna di Stazzema... quattro erano invece nel battaglione esplorante comandato da Walter Reder che aveva bruciato e ucciso a Marzabotto e in tutta la zona di Monte Sole... Gűmpel mi racconta che per prima cosa aveva cercato i nomi esatti di ufficiali e sottoufficiali... Per farlo gli era stato di grande utilità un librone commemorativo... preparato e stampato dai reduci della 16. ss Panzergrenadier-Division... la divisione di Sant'Anna, Marzabotto e di tante altre stragi nel Nord Italia nel 1944".
Già da queste battute iniziali emerge l'assurdità di un ritardo di più di quarant'anni (siamo nel 2004!) da parte di inquirenti che avrebbero avuto a disposizione addirittura un "librone commemorativo", una sorta di auto denuncia degli ufficiali tedeschi superstiti autori dei brutali massacri verso donne e bambini. Fortunatamente il magistrato militare De Paolis, giovanissimo e inesperto fin qui, riesce tuttavia a mettere insieme una squadra investigativa di tutto rispetto che, tra l'altro, essendo alcuni di loro bilingue, italiano e tedesco, saranno preziosissimi per gestire le tante rogatorie internazionali verso le procure tedesche che saranno determinanti per aprire le porte degli archivi militari della Germania in cui riuscire a identificare, con nome e cognome, i responsabili delle attività delittuose.
Qui emergono i due elementi essenziali che hanno permesso a De Paolis di avere successo in una parte essenziale dei processi che è riuscito a imbastire: la disponibilità alla collaborazione di molti alti dirigenti delle procure e degli istituti tedeschi.
Smentendo, tra l'altro, una presunta pressione politica delle autorità governative della Germania sui nostri governanti all'origine dell'insabbiamento delle indagini per così lungo tempo. De Paolis non lo dice, ma dalla sua narrazione e dai fatti che adduce è legittimo immaginare che siano stati piuttosto dei burocrati di casa nostra, che nel frattempo vedevano rientravano nelle loro fila molti ex repubblichini "salvati" dall'amnistia, a frenare l'attività indagatoria che, come solo in minima parte accadde, avrebbe messo insieme nazisti e fascisti di casa nostra.
La seconda questione che è stata alla base dei successi anche giudiziari dell'attività del magistrato militare è stato senza dubbio l'aver impostato, in sede di giustizia penale, i procedimenti riferiti a persone in carne ed ossa, materialmente presenti e operanti nei luoghi degli assassini di massa, portando su ciò una scrupolosa documentazione e eventuali testimonianze, evitando fumose e generiche requisitorie riferite a entità astratte e senza nome e cognome.
Si arriva così, dopo un tempo ragionevolmente breve, al 10 Ottobre 2003 e all'apertura del processo sui fatti di Sant'Anna di Stazzema dove il procuratore Marco De Paolis compare come Gup, ovvero Giudice dell'udienza preliminare. Qui, nella fase istruttoria e nell'impostazione che il Gup darà a questo processo, emerge l'altra novità che De Paolis introduce nell'impostazione del procedimento sulle stragi naziste: non poteva valere per nessuno dei militari che presero attivamente parte alle stragi il criterio dell'"obbedienza a ordini superiori".
Tali ordini era così gravi e così in contrasto con tutta la legislazione di guerra rispetto ai civili, ai minori, agli stessi soldati prigionieri, che avere dato corso a quel tipo di ordine rappresentava di per sé un reato. Infatti il Gup De Paolis non si limiterà a richiedere la condanna degli ufficiali o comunque dei comandati responsabili di avere impartito gli ordini, ma chiamerà in causa anche quei soldati tuttora in vita che si fecero strumento di quelle barbare e drammatiche decisioni. Per questo il fulcro del lavoro di indagine fu "la costruzione del Nucleo Investigativo Speciale, a partire dall'arrivo dei tre carabinieri bilingue... perché il lavoro in Germania era fondamentale per ricostruire gli organici e gli spostamenti dei singoli reparti. Ma altrettanto fondamentale era il lavoro da svolgere in Italia per ricostruire i fatti... Senza una dettagliata e inattaccabile descrizione di quello che era successo sarebbe stato impossibile chiedere la condanna di un imputato".
È su questa solida base che De Paolis porta a compimento con successo i processi principali, a cominciare da Marzabotto, da Sant'Anna e da Civitella in val di Chiana. Qui emerge l'altra novità importante che ci trasmette questo prezioso lavoro. I fatti, le stragi perpetrate dai nazisti con l'aiuto dei fascisti non riguardarono solo, come spesso l'opinione pubblica è stata portata credere le vicende più note al grande pubblico delle fosse Ardeatine, al carnefice delle quali, Priebke, era stato celebrato il processo con grande risonanza mediatica, o a Marzabotto, che colpiva per la quantità di morti, per il numero elevato di bambini, di donne e di anziani.
Il magistrato della procura militare di La Spezia ci mostra una realtà ben più grave per quantità di stragi e per il dispiegamento sempre più aberrante della ferocia e della disumanità dei carnefici. Intanto i luoghi principali e i numeri. Se Sant'Anna di Stazzema diventò presto luogo simbolo della ferocia dei barbari nazisti, emersero poi gli altri, tanti luoghi che, per brevità mi limito a citare Certosa di Farneta, Padule di Fucecchio, San Cesario, Vallucciole, Falsano di Cortona, San Polo, Rocca Federighi nel Grossetano, e i tanti luoghi che il lettore potrà trovare nella ricca documentazione che De Paolis si incarica di fornirci a corredo del grande lavoro che ha realizzato. Senza dimenticare le stragi di prigionieri che, calpestando ogni convenzione di guerra, i nazisti compirono. A cominciare dalla strage di 18 giovanissimi partigiani caduti prigionieri sul Montemaggio, per arrivare alle stragi di soldati italiani che, dopo l'8 Settembre 1943, passarono con gli alleati e furono fatti prigionieri e passati per le armi.
Un numero impressionante a Cefalonia, ma moltissimi a Kos e in altre isole greche. Gravissimo, come ci ricorda De Paolis, l'atteggiamento della procura militare nel dopoguerra per occultare la verità dei fatti di Cefalonia. Anche questa lucidità e chiarezza da parte dell'autore nel mettere in evidenza anche le responsabilità di qualche magistrato è parte integrante della utilità di questo lavoro e della forza che trasmette ai lettori.
Da aggiungere un paio di considerazioni. Non si creda che siano state tutte rose e fiori per questo bravo e coraggioso magistrato, a cui non finiremo mai di esternare la nostra riconoscenza per aver riportato la Memoria, con l'emme maiuscola, al centro dell'attenzione delle vecchie e nuove generazioni, come condizione imprescindibile, quello della Memoria, appunto, per orientarsi in un mondo pieno di spinte negative, spesso, di segno fortemente regressivo, egoistico e razzista.
Ricordare che la nostra Costituzione e la nostra libera convivenza sono nate dalla lotta partigiana contro chi si macchiò dell'olocausto di un popolo intero e delle brutalità verso i cittadini inermi di cui, appunto, le stragi sono l'emblema più evidente, è la condizione per impedire che settori troppo ampi di giovani e meno giovani cadano preda di ideologie antidemocratiche quando non di vero e proprio inneggiamento del fascismo e del nazismo.
Non furono rose e fiori quando, con la legge che portò alla chiusura di procure militari come quella de La Spezia, il nostro autore corse il pericolo di veder vanificato una parte importante del suo lavoro. Così come non furono rose e fiori per rompere il circolo di omertà che avevano fino ai primi anni duemila, impedito l'avvio di indagini sulle brutali decimazioni dei nostri soldati nell'isola di Cefalonia e nelle altre isole greche, come ricordavo sopra.
Ma anche questi ostacolo furono superati e oggi, pur in presenza di un contesto non particolarmente orientato a valorizzare lavori come questo, è possibile e necessario, come ci dice lo stesso De Paolis, fare della conoscenza dei fatti da lui narrati l'occasione per mostrare "la devastante atrocità della guerra"(di cui c'è tanto bisogno proprio oggi!) e rendere consapevoli soprattutto i giovani che esiste ancora il pericolo che prenda il sopravvento "quella parte di politica che al nazismo e alla violenza si ispira, che crede alla superiorità di qualcuno sugli altri, che punta alla disumanizzazione del diverso... Per questo credo sia importante conoscere la storia, la nostra storia anzitutto. Perché è su questa storia che si fonda oggi la libertà di cui godiamo, il nostro meraviglioso benessere".
Per questo, aggiungo, è importante diffondere la conoscenza di libri come questo e di far conoscere persone come De Paolis.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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