Certamente basato su fatti rivenienti da una lunga storia, fin dai tempi di Matilde e suo padre Bonifacio, per arrivare al furto di radio dall’ospedale Sant’Orsola di Bologna nel luglio 1944 da parte dell’esercito tedesco. Gran parte della vicenda si svolgerà nella Rocchetta Mattei, di proprietà Gino al secolo precedente di quel Cesare Mattei, presunto inventore di pozioni magiche e inventore dell’uso dell’elettricità per combattere le malattie, financo il cancro.
Ma se non bastassero questi accenni a farci immaginare la particolarità dei personaggi che il bravissimo Machiavelli mette in campo, basterà dire che al suo fianco in una difficilissima ricerca dell’assassinio di un giovane fotografo (“due scatti” per tutti), il sergente Sarti finirà per trovarci il professore universitario Rosas, dalle autorità superiori di polizia sospettato perfino di collusione col terrorismo, in perenne ricerca di novità e avventure e un certo Climet, che vanta una collaborazione col conte Mattei, deceduto da più di un secolo.
Quando le vicende si concentrano sulla possibile sparizione delle formule “sanitarie” del conte e sulle quantità di materiali preziosi (radio, capsule d’oro e platino iridio), producendo anche altri assassinii, è giocoforza che entrino in campo le qualità investigative del sergente e dei suoi collaboratori. Va detto che una peculiarità di questi personaggi è il riconoscere le qualità di ciascuno pur nella profonda diversità di approccio alla realtà.
Quando Rosas troverà dei documenti storici sulle responsabilità delle classi dirigenti del secolo precedente, inviterà l’amico sergente a prenderne visione e “capiresti come funziona la tua società “. Alla risposta di Sarti “Fammi capire perché è solo mia”, l’amico ha facile modo di rispondere: “Io ci vivo e non la condivido. Tu ci vivi e ti sei assunto il compito di difenderla e fare in modo che sopravviva”.
Non si creda tuttavia che si tratti, per rimanere a loro, di due personaggi antitetici o, meno che mai, incompatibili. L’autore, si capisce, non disdegna simpatia per uno come il professore universitario. E anche se mette in bocca all’insegnante universitario una delle frasi/chiave sulla cultura che sorregge tutta l’impalcatura di un giallo così complesso è impegnativo, si capisce che Machiavelli la riserva per entrambi i personaggi principali della sua fantasia. “Il guaio di molti che si ritengono saggi… meglio, colti, è di non rassegnarsi alla propria ignoranza per cui negano tutto ciò che la loro razionalità non è in grado di spiegare”.
Poco più avanti mette ancora in bocca a Rosas la frase che ci segnala, io credo, la profonda laicità dell’autore di questo notevole libro: “la mente umana, e purtroppo anche la mia, è talmente imperfetta è incompleta da non essere in grado di razionalizzare tutti gli avvenimenti. Se non fosse così, non avremmo bisogno di dio.”
Naturalmente non mi dilungo sui percorsi, peraltro complessi, che porteranno Sarti e compagni a individuare, almeno in parte la soluzione del giallo. Così come lascio al lettore la piacevole conoscenza dei molti, poco normali personaggi che concorrono ad arricchire una così poco banale trama. Di un paio di questi vale tuttavia la pena di fare un rapido accenno. Mi riferisco anzitutto a Delina, la bella e vivace titolare della Trattoria del galletto, Di Delina c’è da dire che è tra le donne che Il nostro sergente ammira e che ci mostra il lato affettivo particolare di un poliziotto che ama le donne e non sembra riuscire a legarsi a nessuna.
Un accenno, infine, a una giovane poliziotta dal nome impossibile, Prenotato Salvatrice, di particolare bellezza e perspicacia, che sembra essere qui anche per mostrare la fiducia del nostro autore nelle qualità delle nuove generazioni. Ma naturalmente, non ricordando molti altri personaggi so di fare un torto alla scrupoloso elenco che Machiavelli mette all’inizio e alla fine del voluminoso romanzo, tutti necessari, tutti poco “normali” in un racconto che va ben oltre la normalità con la pretesa di fare della letteratura, anche di quella di genere giallo, un’occasione per visitare con ironia i difetti della società in cui viviamo e di noi umani che la viviamo.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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