Quando mi arriva, puntuale come le stagioni di una volta, il nuovo libro di Paolo, mi viene sempre di pensare che, tra le tante cose che, come le stagioni appunto, sono peggiorate e non di poco, ce ne è una che è migliorata molto: la vecchiaia. Che poi non si chiama più così anche perché, Paolo è una delle dimostrazioni viventi, "fino a che si continua a imparare, non si comincia a invecchiare" (Rita Levi Montalcini).
Mi accingo allora a leggere questo nuovo racconto di Dapporto consapevole che non mancheranno alcune cose. La prima di queste è senz'altro Rifredi, il quartiere della sua vita, della sua giovinezza soprattutto. Ed eccolo lì, con la sua Casa del Popolo, mitica, che tutti accoglie e a tutti trova il modo di dare qualche lezione di vita. Nel senso che al tempo della giovinezza di Paolo è da lì che passano le notizie e le informazioni e, per chi le vuole ascoltare, diventano occasioni per imparare a vivere.
Ed è quello che succede ancora una volta, quando quelli che sembravano i padroni del territorio... ma andiamo con ordine.
Ancora una volta ci sono le ragazze e c'è il calcio. Ma questa volta c'è qualcosa di più, perché il calcio che ci racconta Paolo comincia a mostrare quei vizi che ne faranno, al tempo di oggi, più una macchina da soldi che un vero divertimento per chi lo pratica.
Ci descrive così due personaggi, il Francesconi, detto il Pisa, da una Parte, il Villano dall'altra che sono gli organizzatori delle sue squadre che raccolgono il meglio della gioventù nel quartiere. Solo che l'uno, il Villani, lo vede per quello che era all'origine, un modo per insegnare a giocare meglio ai ragazzi dell'ambiente e portarli a fare squadra e, dunque, a esaltare i valori di socialità e di appartenenza che aiutano i più giovani a conoscere la vita, nei suoi alti e bassi.
Non a caso Paolo mette a premessa di questo bel romanzo il celebre brano di De Gregori "Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari Che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio Dall'altruismo Dalla fantasia".
E sarà dal Villani e dal suo figlio nato con la sindrome down che verranno anche quei veri e propri momenti di commozione che inverano il senso dello stare insieme che dovrebbe, appunto, essere alla base dello sport tra i giovani. Ma se questi erano i valori su cui si basava l'allenatore dove giocava l'alter ego del nostro autore (anche lui chiamato Paolo!), ben diverse erano le ragioni che spingevano Francesconi a raccogliere giovani nella sua formazione.
"Lui, più che giovani che giocassero un buon calcio, cercava ragazzi alti, grossi, che incutessero timore agli avversari", mette subito in chiaro l'autore. Il suo credo calcistico si rifaceva alla vittoria dei tedeschi sugli ungheresi del grande Puskas che vinsero la finale del campionato del mondo basandosi sulla loro furia atletica.
Ma, ed ecco la vera novità, il Francesconi cercava di far crescere i propri giocatori per venderli sull'iniziato mercato dei cartellini giovanili che cominciava così a mettere le basi della mercificazione di questo sport che oggi, anche con l'arrivo degli sceicchi, tutti leggiamo con cifre sbalorditive. Ma ci sono altri due aspetti di cui non si non parlare a proposito di questa ultima fatica di Paolo Dapporto.
Mi riferisco prima di tutto all'arrivo, prepotente, dell'amore nella vita del protagonista di questo romanzo. Un arrivo dell'amore, potremmo dire, a modo suo, da una brutta disgrazia che richiederà, come Paolo ci dimostra con mano lieve ma efficace, tanta voglia di amare e di dare all'altra. Se poi ne sarà ripagato lo lascio alla curiosità del lettore che, in poche ore, sarà trascinato fino alla fine di questo romanzo che, fatto di una scrittura semplice e chiara e di sentimenti della vita di tutti noi, non si fa lasciare senza aver chiuso tutti i fili che l'autore ha ordito.
E tra questi fili, questa volta ce ne è uno particolare, un vero e proprio giallo che chiama in causa due rappresentanti delle forze dell'ordine, il commissario Sergio Donnini, una sorta di tenente Colombo ante litteram, che si appiccicava ai presunti colpevoli fino a quando, cadendo loro in contraddizione, li trascinava verso il tribunale. Ma la figura che più risalta in questa parte del libro è senz'altro l'ispettore Gaetano d'Amore il quale, pur sottoposto al Donnini e da questi prendendo gli ordini, interpreta a modo suo la sua funzione di ricerca sul campo degli indizi, finendo per essere lui a tirare le fila delle indagini.
Naturalmente senza darlo a vedere! Il giallo, per non dire altro, finirà per chiamare in causa anche quel Francesconi che a certo punto sparisce dalla scena, cioè da Rifredi e sarà compito dei poliziotti farci sapere che cosa è successo.
Naturalmente Paolo Dapporto, da buon praticante del genere, ci scodellerà una conclusione della vicenda che, come nella migliore tradizione, lascerà a bocca aperta il fedele lettore e lo aiuterà a capire perché questa volta Paolo abbia trovato un titolo così inusuale al suo lavoro di scrittore...
Si chiude così anche questo ennesimo libro di Paolo, grati di averci ancora una volta fatto toccare con mano un pezzo di storia della nostra città. Un quartiere dove sono senz'altro cresciuti molti dei valori e dei sentimenti di quel popolo "viola", che tuttora resiste alla brutale mercificazione del suo sport preferito e dove, nonostante le notevoli mutazioni urbanistiche intervenute in questi lunghi anni (a cominciare dallo spostamento della gloriosa Galileo!), continua tuttavia a battere un cuore che spera ancora che ci si possa incontrare e vivere bene insieme nelle strade e nei circoli del proprio rione. Allora Grazie Paolo e, senza alcun dubbio, alla prossima!
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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