Pagine

13 giugno 2023

John Steinbeck: Vicolo Cannery

Ironia e riscatto sociale: dagli "ultimi" una filosofia di vita

"Guardateli. Ecco i veri filosofi. Credo... che Mack e i ragazzi sappiano tutto quello che è accaduto a questo mondo e forse anche quello che accadrà... In un'età in cui la gente si logora per ambizione, per nervosismo, per avidità, loro riposano. Tutti i cosiddetti uomini che hanno successo sono malati, con lo stomaco e l'anima malandati, ma… i ragazzi sono sani e stranamente puri...". 
Sta in questa frase e in alcune altre osservazioni che Steinbeck mette in bocca al Dottore (il personaggio intorno a cui ruota tutta l'umanità del Vicolo), la sostanza e la forza di questo meraviglioso, breve romanzo del grande scrittore americano. Il primo e più lucido analista dei guai e delle sofferenze umane che il tumultuoso sviluppo che l'America iniziò a vivere negli anni trenta e quaranta (dopo la grande Depressione) avrebbe comportato per il popolo americano.
Sarà proprio di loro, di quelli che più patiscono i risvolti di un tale, incontrollato sviluppo, che lo scrittore riterrà necessario parlare, senza indulgere in falsi moralismi o ipocriti pietismi. Anzi, sarà proprio il crudo realismo con cui disegna le figure dei suoi "antieroi" (e delle gesta spesso goffe e inappropriate!), che suscita attenzione e interesse nel lettore e lo porta a tifare per quei personaggi che solo la pazienza e la sostanziale bontà del Dottore aiutano a riscattarsi e a mostrarne la faccia più umana e positiva. 
Al centro di Vicolo Cannery c'è il Dottore, lo scienziato che ha scelto di vivere in mezzo ad una umanità, cui non perdona sempre i difetti. Sarà proprio il più vicino a lui, Mack, che si prenderà "il pugno del Dottore... duro e forte" quando andrà a scusarsi a nome anche degli altri per il disastro che avevano combinato nella casa-laboratorio dello scienziato, pur essendo partiti con la buona intenzione di organizzare in suo onore una festa. 
Tuttavia il Dottore è incapace di tenere rancore, soprattutto verso gli abitanti del Vicolo. Così, anche questa volta il Dottore "aprì un'altra bottiglia di birra e riempì i bicchieri". 
Nel vicolo, insieme ai derelitti incapaci di tenersi stretta neppure una moglie, come è capitato a Mack, ci sono altri pezzi di umanità che meritano attenzione, a cominciare da Dora e le sue donne, in grado di offrire un poco di soddisfazione agli uomini trascurati perfino dalle proprie compagne. Anch'esse trovano nel Dottore il loro punto di riferimento, che vanno, quando possono, a trovare anche se, come confessa un poco delusa una di loro a una collega: "Io ci sono stata, da lui. Non mi ha mai toccata". 
Un altro personaggio che non si dimentica facilmente è Frankie, il giovane che non frequenta la scuola perché, avendo alcune difficoltà di apprendimento, viene allontanato dagli altri e si trova bene solo col Dottore. Quando, come accade alla fine del libro, il gruppo di Mack e degli altri perdigiorno decide di organizzare una festa per il compleanno del Dottore, Frankie si mette in testa di rubare un orologio nella vetrina del negozio del Paese per fare il suo regalo allo scienziato. Naturalmente non la fa franca e la polizia lo porta davanti al Dottore, il quale gli chiede perché lo ha fatto, "Frankie lo guardò a lungo: 'Vi voglio bene', disse". Il Dottore corse fuori e salì in automobili e se ne andò in cerca di animali nelle grotte". 
Non si deve credere che un simile libro punti solo sui sentimenti o sulla caratterizzazione dei personaggi. Emerge con grande forza la capacità di scrittura, vorrei dire il fascino che la scrittura, in certi brani, riesce a suscitare. Ammirevole, in questo senso, la descrizione che Steinbeck fa del fiume Carmel: "...è un fiume piccolo e grazioso... Scorre tra i monti, e scende per un poco, passa tra terre basse... rumoreggia su massi rotondi, vaga pigro sotto i sicomori, forma dei bacini dove si trovano le trote, si versa tra rive dove stanno i gamberi fluviali... Le rane occhieggiano dalle rive e folte felci gli crescono intorno. Cervi e volpi vi vanno a bere, di nascosto... e di tanto in tanto un puma o un coguaro accoccolato ne lambisce l'acqua con la lingua... Le quaglie fanno sentire il loro richiamo e le colombe selvatiche scendono al fiume con acuti gridi al tramonto. I tassi camminano piano sugli argini, in cerca di rane. Il Carmel è proprio tutto quello tutto quello che un fiume dovrebbe essere". 
Di simili slanci lirici se ne trovano molti nella bellissima prosa di questo grande autore. 
Segnalo ancora per tutti il pezzo che, in apertura del capitolo XIV, circa a metà del romanzo, Steinbeck dedica al risveglio nel Vicolo, di cui riporto solo l'apertura: "La prima mattina è tempo di magia nel Vicolo Cannery", invitando il lettore a gustarsi la pagina e mezzo che l'autore dedica alla descrizione di tale "magia". Per concludere con l'osservazione certamente più acuta che lo scrittore mette in bocca al Dottore: "Mi è sempre sembrato strano... Le cose che ammiriamo negli uomini, la bontà, la generosità, la franchezza, l'onestà, la saggezza e la sensibilità, sono in noi elementi che portano alla rovina. E le caratteristiche che detestiamo, la furberia, la cupidigia, l'avarizia, la meschinità, l'egoismo, portano ala successo. E mentre gli uomini ammirano le prime di queste qualità, amano il risultato delle seconde". Finito così questo bellissimo e anche un poco amaro romanzo, viene voglia di andare a frugare nella propria biblioteca per rileggersi un altro capolavoro di Steinbeck.

Renato Campinoti







Nessun commento:

Posta un commento