Pagine

22 maggio 2023

Manrico Testi: Shelley a Viareggio (a 200 anni dalla sua morte)


Un libro che va oltre l'omaggio a Shelley e scava nell'anima di Viareggio

Ci volevano la competenza e la vasta cultura letteraria e storica, unite a un grande amore per la sua città, di Manrico Testi, per scrivere, a duecento anni dalla sua morte, un libro così agile e completo su Shelley e sul suo rapporto con Viareggio. 
Tratteggiati in poche righe i primi accadimenti che favorirono il passaggio di Viareggio da piccolo borgo di poche centina di abitanti a cittadina, al cui rango provvederà nel 1820 la Duchessa Maria Luisa di Borbone, con la costruzione di quella che sarà per i viareggini la "darsena vecchia", Manrico mette subito le mani nel piatto, collegando, nel 1822, l'avvio della costruzione del palazzo commissionato dalla Principessa Paolina, sorella di Napoleone, con il ritrovamento del corpo senza vita di Shelley nel tratto di spiaggia poco distanze dal Palazzo medesimo. 
Come spesso accade nella storia, ci sono fatti che, pur poco percepiti dagli abitanti del tempo, finiranno per determinare i destini futuri dei luoghi e degli abitanti. È quello che, come ci dimostra ampiamente col suo puntuale lavoro lo scrittore e storico viareggino, succede alla sua città. Saranno insomma, il mito di Shelley, la sua qualità altissima di poeta, sorretta da una fortissima passione etica e sociale, unito a uno sviluppo cittadino favorito dalla ampia imitazione di costruire villette nei paraggi di quella di Paolina da parte delle famiglie nobili lucchesi, aiutate anche dal lungimirante decreto di Maria Luisa di concedere gratuitamente il terreno a chi investiva in un'abitazione a Viareggio, che finiranno per segnare, d'ora in poi, il destino del capoluogo della Versilia. 
Viareggio diventa insieme, la capitale del turismo culturale di stampo anglosassone, e non solo, mentre cresce e ne indirizza il futuro il turismo balneare. 
Naturalmente Manrico si concentra soprattutto sui riflessi del naufragio di Shelley e la conseguente crematura, con una gran pira, sulla spiaggia di Viareggio, che apparvero ai romantici del tempo, il compimento di quella ricerca di una morte sublime, spesso da loro agognata. Ma per introdurre il lettore alla comprensione delle radici del mito che Shelley rappresentò per i letterati e i poeti di quel periodo e di quelli seguenti, Manrico traccia una essenziale ed efficace biografia del "poeta dei poeti", come sarà da molti considerato. Messo in risalto il carattere non convenzionale della sua formazione, tuttavia fortemente ancorata a un neo platonismo tipico della corrente europea del cosiddetto "romanticismo", quella che risalta è una visione fortemente intrisa di valori etici e di forti aspirazioni di egualitarismo sociale (basti pensare all'allegoria "liberatoria" dell'essere umano presente nel suo capolavoro Il Prometeo liberato) che ne fanno da subito il campione delle correnti socialiste, anarchiche e libertarie che proprio negli anni seguenti al suo "sacrificio" si vanno diffondendo ampiamente in Inghilterra, in Italia e in Europa. 
 Naturalmente Manrico non trascura gli aspetti più caratteristici della visione romantica del suo tempo di cui Shelley era intriso, sia per una visione "picaresca" della vita che lo porta alla ricerca dell'avventura piuttosto che della sicurezza che avrebbe potuto dargli la sua stessa origine familiare. Analogo ragionamento per il rapporto con l'amore femminile, alla ricerca della donna ideale, che lo porta, lui morto a trent'anni, a passare da due matrimoni, il secondo dei quali, con Mary che gli sopravviverà per quasi trent'anni e sarà l'autrice, tra gli altri, del mitico Frankenstein. 
Senza trascurare i rapporti con altri letterati del periodo, in primis Lord Byron, l'autore si concentra ora su una dettagliata e puntuale ricostruzione della collocazione del naufragio del poeta e della sua successiva cremazione. Questione rimasta a lungo aperta per varie inesattezze e che in questo caso, ed è merito non secondario di questo lavoro di Testi, trova una sua definitiva ricostruzione nell'area di mare (due miglia circa al largo) non distante dall'attuale monumento al poeta. 
Altrettanto efficace è la ricostruzione del ritrovamento e, soprattutto, della cremazione. A questo proposito sono da riportare le parole della ricostruzione che ne fece lo scrittore e avventuriero Edward Trelawny che assistette alla bruciatura del corpo di Shelley. "Il calore del sole e del fuoco era così intenso che l'atmosfera diventò tremula e ondeggiante. Il cadavere si squarciò, e il cuore apparve nudo... ci sorprese tutti vedere che il cuore era rimasto intero...". E' chiaro che su una base del genere, unita all'atteggiamento di Shelley che vedeva nella morte il mezzo per scoprire "il grande mistero dell'esistenza o meno di una vita ultraterrena", era inevitabile che sorgesse il mito di Viareggio e della Versilia come luogo magico e sede privilegiata della cultura poetica e progressista di cui Shelley era portatore. 
Uno dei capitoli più affascinanti e ricchi di citazioni del libro di Manrico è sicuramente quello dedicato al "processo di mitizzazione del Poeta e di Viareggio (con tutta la Versilia)". Lasciando al lettore il piacere della lettura anche di questa parte, mi limiterò a mettere in fila alcuni dei nominativi più significativi citati dall'autore come partecipi di tale processo. Si inizia con Gabriele d'Annunzio, per proseguire con Carducci per passare a Rainer Maria Rilke, fino a Leonida Repaci che, insieme a Colantuoni e Salsa daranno vita al famoso premio Letterario Viareggio che, col tempo, aggiungerà il nome dello stesso Repaci al titolo del Premio tuttora in auge. 
Segue poi tutta un'altra serie di poeti e scrittori italiani che intrecciano le loro ricostruzioni con l'avvio delle iniziative per la realizzazione del busto del Poeta, fino all'inizio delle visite al "santuario" del "Cuor dei Cuori" da parte dei maggiori rappresentanti della cultura inglese, da John Addington Symonds a William Blake Richmond a Corbet che dedicò un quadro "con boscaglia di pini, una striscia di mare scintillante e le Apuane sullo sfondo." In sostanza, conclude Manrico Testi, i romantici inglesi e non solo "avevano la certezza di aver trovato l'Eden che andavano cercando... Sentivano che su quella spiaggia potevano assistere alla nascita della 'Vita Nuova' ". 
Rinviando alla interessante lettura della non breve gestazione della decisione per realizzare il busto a Shelley, il lavoro di Testi si conclude con il capitolo dedicato a "La valenza della poesia shelleyana" dove l'autore dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, di padroneggiare una profonda conoscenza della materia letteraria e poetica a tutto campo e dove, con la citazione di poche righe del testo "A defence of Poetry" dello stesso Shelley fa emergere la sua fede redentrice e il suo credo poetico: "La poesia - scrive Shelley - è qualcosa di divino. É insieme centro e circonferenza della conoscenza...i poeti sono i non riconosciuti legislatori del mondo". 
Aggiungendo infine un capitolo con una "scelta antologica esemplificante della produzione lirica di Shelley", Manrico ci regala un lavoro completo, nel, senso che non si limita alla ricostruzione della vicenda umana e culturale di questo grandissimo autore, ma ci aiuta a conoscerne i testi più significativi e il lasciato culturale immenso che va ben oltre le pur notevoli ricadute su Viareggio e la Versilia. 
Di tutto ciò non possiamo non essere debitori a Manrico Testi che ci ha, via via, fatto conoscere pezzi importanti della cultura viareggina, compresa quella artigianale dei maestri d'ascia, per cui non resta che aspettare curiosi il prossimo capitolo.

Renato Campinoti

Nessun commento:

Posta un commento