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28 maggio 2023

Ivan Pedretti : Perennial

                                             Ivan Pedretti: Perennial

Futura editrice


Che dire di un volume interessante senza, necessariamente, entrare esclusivamente nel merito degli aspetti più propriamente politici o di politica sindacale che stanno a cuore all’autore? 
Partiamo dal titolo e dalla definizione che ne da il Vocabolario Treccani: Perennial “Persona in grado di adattarsi alle novità e ai cambiamenti, a prescindere dall’età anagrafica“. 
È questo, al netto delle analisi e riflessioni interessanti, il filo conduttore che percorre tutto il volume di Pedretti, anche nei momenti in cui, come un fiume carsico, questo tema sembra eclissarsi. È questo che rende il suo lavoro qualcosa di più e di diverso da un classico libello politico. 
Conta, intanto, la dimensione del volume, le quasi 150 pagine in cui si distende. Soprattutto il fatto che, senza trascurare niente delle esperienze e riflessioni frutto dell’esperienza di dirigente prima, per un breve periodo, politico, poi a lungo e ai più alti livelli, sindacale, il libro permette a Pedretti di andare oltre la pur limpida analisi dell'invecchiamento della popolazione come asse dell'attività del sindacato dei pensionati. 
Intanto il primo strappo con la classica funzione sindacale è da rintracciare nella spinta a un’analisi forte delle novità che pervadono il mondo del post pandemia e nell’individuare, oltre ai limiti sanitari drammaticamente emersi, il rischio di una forte frattura generazionale con l’invasione del digitale in ogni aspetto della vita sociale, a cominciare da quello decisivo dell’informazione e della conoscenza. 
Da qui le forti preoccupazioni dell'autore per il cosiddetto digital device e per un uso intensivo dei meccanismi collaterali compresa la robotica, da intendersi come cose utili per l'assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti a condizione, come recita un intero capito, che restiamo umani e non facciamo venir meno. soprattutto alle persone più fragili, il rapporto diretto tra le persone. 
Di ciò tutti sono chiamati a occuparsi, ci dice Pedretti, a cominciare dallo Spi. Accanto a questa preoccupazione l'autore ritorna più volte, lui segretario del sindacato dei pensionati, sul tema dei giovani, consapevole, come dirà spesso nel libro, che le generazioni di oggi hanno trovato un mondo e delle opportunità peggiori di quelle dei loro genitori. 
Nessuno, neppure nel mondo delle istituzioni e della politica, può dirsi incolpevole per aver contribuito a costruire tale situazione. Tutto ciò rende più fragile e diviso il mondo del lavoro e lo stesso Paese, ci dice Pedretti e ci invita a guardare avanti con coraggio. 
Per questo, secondo me i capitoli più innovativi anche per un navigato ed esperto dirigente sindacale come è l'autore, sono gli ultimi tre. A cominciare da quel "Fare comunità" che, sulla base dell'esperienza di Auser a Bettolle, una frazione di Sinalunga in Val di Chiana, ci mostra come, dove il volontariato di Auser è stato capace di mantenere, con 1.000 iscritti su 3.000 abitanti, quei legami sociali e quella qualità e diffusione di esperienze sociali e di aggregazione, fino alla pittura e ai murales con cui sono stati valorizzati gli insediamenti del vecchio centro, la comunità è rimasta coesa e continua a riconoscersi nei valori di accoglienza e di solidarietà da cui è nata la nostra costituzione. 
Al tempo stesso, sempre con l'esempio di una volontaria, questa volta dello Spi del quartiere Borgo Nuovo di Palermo, uno dei più critici della città che, col suo esempio, impedisce che i cittadini che hanno bisogno di servizi che non sono alla loro portata, a cominciare dai rapporti con l'Inps o altro, si sentano abbandonati e scadano nella disperazione o preda dei poteri mafiosi. 
Insieme a questi esempi, che dovrebbero diventare riferimenti per tutto il sindacato, Pedretti cita due temi di carattere generale: l'ambiente e i rischi ormai evidenti per la sopravvivenza del pianeta e i problemi dell'immigrazione da una parte all'altra del pianeta. Due temi solo affrontando i quali in maniera coraggiosa e corretta è possibile impedire una frattura tra generazioni.
Nel caso dell'ambiente, dove la generazione di Greta Thunberg paventa il disastro che può avvenire tra vent'anni, cosa meno preoccupante per le generazioni più anziane. 
Occorre allora un atto di consapevolezza e di generosità di tutti per non dividere, anche qui, il Paese, Così come occorre guardare al fenomeno dell'immigrazione come un modo per dare un'altra opportunità a popolazioni a rischio di fame e di guerra. Già da queste vicende Pedretti ricava la necessità, come ci dice col capitolo successivo, di Ricucire il Paese. 
Sono ancora molti gli esempi che vengono citati per sollecitare tutti, dal mondo sindacale a quello politico, a rendersi conto dei rischi che corre una democrazia che vede ormai una minoranza di cittadini presentarsi ai seggi elettorali così come vede parti privilegiate del mondo del lavoro non più disposte a farsi carico dei problemi di tutti i lavoratori. 
Ma la questione che sta più a cuore all'autore, ancora una volta è quella dell'impatto di oggi dei giovani col mondo del lavoro, con la cosiddetta flessibilità, l'esternalizzazione del lavoro, il venir meno delle grandi fabbriche come luoghi di aggregazione. 
"La realtà, purtroppo, è che oggi i nostri figli lavorano in condizioni peggiori delle nostre. Basta guardare il tempo che impiegano per trovare un'occupazione stabile e di qualità. Ci mettono dieci anni per arrivarci". Ci dice Pedretti, ponendo al tempo stesso un tema enorme al Sindacato. 
"Il sindacato deve spostare il proprio baricentro verso il territorio e costruire lì le nuove dinamiche per la tutela collettiva di questi lavoratori... altrimenti un lavoratore autonomo, giovane o adulto che sia, il sindacato non lo incrocerà mai...". 
Insomma, a conclusione della sua fatica Pedretti si prova a "Sognare" come intitola l'ultimo capitolo, perché solo così è possibile, secondo lui, affrontare temi così impegnativi in un contesto così modificato rispetto alla situazione degli anni '70 e '80 del secolo scorso quando quelli della nostra, e sua, generazione ci siamo formati. 
Ecco allora che la ragione su cui si basa tutto questo lavoro ritorna in superficie: "Tutto questo fa di me, di noi, dei Perennial? Credo proprio di si". Spetterà al mondo sindacale e politico confrontarsi con i temi, impegnativi e innovativi, sollevati da Pedretti. 
A me resta da salutare con soddisfazione e di essere grato all'autore per l'apparire di questa categoria di coloro che sanno guardare in faccia le novità e i cambiamenti in qualunque età della loro vita. Di Perennial c'è un gran bisogno in tutti gli ambienti, oggi più che mai di fronte alla deriva culturale in cui si tenta di portare il mondo dell'informazione e la cultura antifascista del Paese.

Renato Campinoti

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