"Per uno che non aveva mai fatto forca a scuola e aveva portato i calzoni corti senza alcun imbarazzo fino alla prima liceo, spennellare su una tela con i colori a olio rappresentava una fonte di inesauribili emozioni". Tratteggiato in modo magistrale il tipo di personaggio che mette al centro del suo nuovo, godibilissimo romanzo, Laura Vignali ci offre un'altra prova della sua bravura di scrittrice e di inventore di storie umane.
Questa volta siamo in presenza del medico di famiglia in pensione Giorgio Nannini che, divorziato senza drammi né rimpianti dopo appena due anni di matrimonio, sembra rassegnato a vivere nell'agio di un buon lascito di famiglia e di una buona pensione, sotto le cure delle vecchie zie che ne fanno la loro ragione di vita, senza figli al punto di pensare di adottare il giovane medico cui ha lasciato in dote i suoi pazienti.
Il quale Francesco, orfano, si fa un vanto di prendersi a cuore la salute e la buona vita del suo predecessore. Fin qui tutto tranquillo.
Ma il destino si mette di mezzo e, in una calda giornata estiva in cui il nostro dottor Giannini è costretto ad accettare l'invito di recarsi al mare, ospite della sua ex moglie (anch'essa mossa da sentimenti di riconoscenza e di estrema attenzione alla salute dell'ex marito che pure ha lasciato per accompagnarsi con un altro!), per sfuggire alla calura della spiaggia finisce per imbattersi, in pineta, nel luogo del cuore della sua giovinezza.
Si tratta, in Versilia, della ormai stagionata Pensione Olga, da lui frequentata nel periodo della fase finale dei suoi studi universitari e dove, come ci racconta la brava scrittrice pistoiese, incontrerà una bellissima e bizzarra femmina dai capelli rossi con cui finirà per avere una fugace avventura.
Naturalmente la consumata e abile scrittrice ci accompagna un passo per volta verso quelle che saranno le rivelazioni che otterrà il nostro dottore dalle persone che incontra in quella pensione. E saranno proprio tali conoscenze che lo spingeranno a recarsi a Budapest dove vive una donna ancora giovane che a lui piacerebbe incontrare.
Di qui in avanti il romanzo si biforca in capitoli parimenti dedicati alla visita a quella bellissima città dell'ormai decaduto impero Austro Ungarico (di cui tuttavia conserva le tracce più significative) e i capitoli che ci portano ai lontani ricordi giovanili del nostro personaggio. L'invenzione più interessante che compie Laura è quella di far incontrare Giorgio Giannini con un bizzarro ma interessante personaggio, Oscar Maria Bargigli, aretino, che fa della scoperta delle più belle città del mondo (ma si capisce che un tempo era più interessato alle più belle signore!) l'attuale suo principale motivo di vita.
Una filosofi epicurea, quella di questo signore, che cerca di trasmettere al Giannini, verso cui riverserà, per tutti i giorni in cui questi si trattiene a Budapest, la più ampia e dettagliata conoscenza della città danubiana.
Per un lungo tratto del romanzo si può dire infatti che il "personaggio" principale che cattura la nostra attenzione sia proprio la città di Budapest. Vengono in mente, in questo, gli scrittori per me insuperabili (uno tra tutti Simenon con Parigi), che fanno della geografia dei luoghi degli avvenimenti uno dei modi con cui catturare l'attenzione del lettore e, al tempo stesso, portarlo "vicino" ai fatti raccontati.
In questo la nostra scrittrice è brava a metterci in confidenza con una realtà urbana carica di un glorioso passato, del tutto affascinante per chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di vistarla per un paio di volte nella vita. L'alternanza di visita della città e di rimandi alle vicende giovanili del medico pensionato riesce a dare un ritmo alla narrazione e a creare una suspense che, insieme alla usuale prosa asciutta e chiarissima dell'autrice, tiene inchiodato il lettore alla pagina. Insomma, se si ha un poco di tempo a disposizione, in un paio di giorni si sente la necessità di arrivare alla fine del racconto.
Senza togliere al prossimo lettore la soddisfazione di scoprire da solo se Giannini riuscirà a incontrare la giovane signora, per la quale ha affrontato un viaggio, per uno come lui, più che complicato, di cosa, nel caso si sono detti e se il viaggio è stato utile per le sue aspettative, resta tuttavia da ricordare la galleria di personaggi che fanno da sfondo a tutta la narrazione e che la Vignali riesce a disegnare con pochi ma efficaci tratti di penna.
Ẻ così per le famose zie che, alla morte prematura della madre del nostro personaggio, se ne prendono cura in toto. Sono le sorelle Bice e Jole, che tutti in paese chiamano Stanlio e Onlio essendo l'una bassotta e rotondetta e l'altra, al contrario, longilinea e magrissima. Saranno loro, con le loro pretese di mettere bocca in tutte le scelte della vita del giovane Giannini, che faranno di tutto per rovinargliela, sia con la scelta della donna che sposerà, sia con l'accentuare, con le loro raccomandazioni, gli aspetti già tendenzialmente misogini del suo carattere.
Si è già fatto cenno al personaggio che Giannini incontra a Budapest, Oscar, una specie di Pietro aretino, a proposito della sua città d'origine, dove si mescolano amore per l'avventura, per gli aspetti più goderecci dell'esistenza e l'arte di conoscere le persone e, come confessa lui stesso "di non far male a nessuno". Sarà lui, per aiutare Giannini a non scoraggiarsi nella ricerca della persona per cui si è recato a Budapest, che lo incoraggia ad adottare la sua visione della vita. «Una visione - come gli dirà - che oscilla fra la voglia di sfidare la sorte e un più comodo fatalismo, fra il desiderio di agire e la divina indifferenza».
Ci sarebbe da dire della signora Olga, la proprietari della omonima Pensione al tempo della sua vacanza giovanile, di suo figlio Marcello e, soprattutto, di quella Marina di cui si innamora e che ci appare, fatte le debite proporzioni, come una moderna Anna Karenina, combattuta tra la sua bellezza ed esuberanza e l'incapacità di gettare alle ortiche i lacci e i pregiudizi che le impediscono di farsi una nuova vita.
Letto e chiuso il romanzo, ci rimangono una bella folla di persone e, soprattutto, una serie di se e di ma per come sono andate le cose nel libro, che ci accompagnano anche nei giorni seguenti.
E credo che questo sia il merito più grande di un'opera riuscita di un bravo scrittore (nel nostro caso scrittrice): farci vivere nuove vite insieme ai personaggi e farci riflettere sulle molte strade che il destino ci pone di fronte, costringendoci a fare le nostre scelte.
Grazie Laura, per me ce l'hai fatta alla grande ancora una volta.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
Grazie per la generosa e acuta recensione
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