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21 marzo 2023

Vincenza Seggi: Dall'ombra

Trentuno donne che ci parlano ancora

Sono un bel numero le donne di cui ci parla Vincenza Seggi in questo bel libro e sono tutte, in vario modo, delle pioniere che combattono contro pregiudizi e veri e propri divieti, per affermare le loro competenze e il loro riscatto. 
Si parte con una donna, Leonora Christina Ulfeldt, che, imprigionata ingiustamente nella Torre Blu del castello di Copenaghen, ne uscirà nel 1685 con scritti sulle vite delle donne che, purtroppo, sono andati perduti, ma da cui si ricava la sua volontà di affermare il ruolo femminile anche nella letteratura. 
Si prosegue poi con le altre trenta, di varie epoche, perfino ai giorni nostri, che tutte hanno in comune questa volontà di affermazione del ruolo della donna, generalmente loro negato, soprattutto dalle leggi e dai pregiudizi sociali.
La stragrande maggioranza di loro, ed è questo il più evidente merito di questo indovinato volume, è stata a suo tempo alla ribalta in un modo o nell'altro, per poi essere confinata nell'ombra per non sollevare troppi interrogativi e troppe volontà di riscatto. Ma se in ciò sta il senso più profondo di questo peraltro agile e ben scritto volume della Seggi, lei stessa donna di vasta e poliedrica cultura, l'altro aspetto che risalta da una attenta lettura è la coscienza di sé che la stragrande maggioranza delle donne manifesta. 
Si possono portare, in questo senso, molte e variegate modalità di espressione di una tale caratteristiche delle eroine di cui viene offerta una sintetica biografia. A cominciare dalla stessa Leonora richiamata, la quale, in un frammento di introduzione del volume disperso, confutando lo stato di inferiorità fisica e mentale in cui venivano confinate le donne nel suo tempo, dichiara: "Quanto spesso si vedono anime femminili rivestite da corpi maschili e anime virili in corpi di donna". 
Se si scorre il libro sono molte altre le donne che si impegnano per il loro riscatto e per quello delle altre donne che vivono in condizioni di subordinazione. Ė il caso di Rebecca Freedman, nata alla fine dell'ottocento in un ghetto ebraico dell'est Europa. Fu costretta a fuggire in Brasile dove era forte e spietato il commercio della prostituzione, a cui anche lei fu avviata.
Nel tempo, per combattere le forme più odiose di gestione della prostituzione, fu creata la Società della verità, cui Rebecca aderì e di cui divenne l'ultimo presidente. L'associazione aveva come scopo quello di favorire una morte decente e una sepoltura dignitosa. Rebecca fu una di quelle che puntò sempre al riscatto, almeno da morte delle tante donne costrette, dopo inaudite violenze, a prostituirsi per sopravvivere. 
Sono i più vari i modi con cui, molte delle donne ricordate dalla Seggi, si ingegnano per affermare la propria volontà e il loro desiderio di riscatto. Così si va dalla giovanissima Caterina Vizzani, morta nel 1743 nell'ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, che si è travestita da donna per vivere senza divieti il suo orientamento sessuale rivolto al sesso femminile.
Diversamente, Anna Valdina, destinata alla vita monacale in quanto secondogenita di famiglia altolocata, dove toccava al figlio maggiore il ruolo di discendente della casata, non accetterà mai un simile destino. Seppur minacciata anche dal padre. Anna annotò: "Come un uccello rinchiuso in una gabbia continuo a vivere giorno dopo giorno, nella speranza di tornare a essere una donna libera". 
Colpisce, tra le altre, la vita di Milena Jesenkà, destinataria di molte lettere di Kafka, di Praga come lei, che in una di queste la elogia: "Tu che vivi la tua vita fino a tali profondità...". Nata nel 1896 frequentò il primo liceo classico d'Europa e frequentò scrittori e letterati di varie nazionalità. Quando il nazismo invase la Cecoslovacchia, fu deportata nel campo di concentramento di Rvensbruck in Geremania. Li, in quel posto drammatico, fu la donna che aiutò molte delle altre a sopravvivere.
Di lei disse la sua amica Greta: "Milena non divenne mai una detenuta, non poteva diventare ottusa e brutale come tanti altri". 
Una vera antesignana di una moderna cultura femminista fu sicuramente Mary Astell, donna di grande cultura, sia di filosofia che di religione che di letteratura. Nata nel 1966 da famiglia agiata, rinunciò a una vita di società per dedicarsi ai suoi amati studi, letture e scritti. Fu lei che scrisse delle donne: "Una donna d'ingegno non è un prodigio dinanzi al quale rimanere a bocca aperta.". Incoraggiata da molti intellettuali, scrisse "A serius proposal", sicuramente uno dei primi contributi al dibattito sulla questione femminile.
Rimase a lungo famosa proprio per gli scritti marcatamente femministi che continuò a scrivere e a diffondere, sia per quanto riguardava una riforma in senso egualitario dell'istruzione che dello stesso istituto matrimoniale. Riguardo a quest'ultimo aspetto ebbe a scrivere: "Non è contraddittorio... che gli uomini pretendano e vogliano esercitare nelle loro famiglie quel dominio arbitrario che invece aborriscono, e contro cui protestano, nello Stato?". Organizzò nel quartiere di Chelsea a Londra dove viveva, circoli femminili per diffondere le sue idee, invitando le donne "a non sprecare il loro tempo nella cura e nell'ornamento del corpo, ma a dedicarne almeno una parte all'abbellimento della mente, perchè la bellezza interna durerà anche quando quella esteriore sarà venuta meno...". Di una modernità assoluta!

Andrebbero citate, a questo punto, molte delle altre che furono, in diversi campi della cultura, delle vere e proprie pioniere e che dovettero combattere per affermarsi al pari degli uomini. Da Christine de Pizan, vissuta nel '400 che, con il suo libro "La città delle donne" diventerà la prima scrittrice di professione, a Jessy Taylor Laussot che, vissuta nella metà dell'800, divenne una delle migliori divulgatrici delle opere musicali del suo tempo, da Wagner a Cherubini, arrivando a scrivere, nel 1881, un "Manuale di musica all'uso degli insegnanti e alunni", che pubblicò con uno pseudonimo per non far sapere che "sia un lavoro di donna... Perché vorrei che fosse giudicato sui propri meriti e con imparzialità". 
Da ricordate Edita Walterowna grande e moderna pittrice vissuta tra il 1886 e il 1960, come pure Teresa Ferrero, nota col nome d'arte di Isa Bluette, che si affermò nel campo del varietà e della rivista e fu tra le prime a capire le potenzialità di personaggi come Macario e Totò. 
Ma per non fare torto a tutte le altre, concludo invitando tutti a leggerne le biografie che arricchiranno, come è capitato al sottoscritto, la conoscenza dell'universo femminile e dell'impegno di tante donne per far maturare una nuova e diversa cultura in grado recepire la spinta egualitaria e le potenzialità sociali e culturali dell'altra metà del cielo. Se un suggerimento si può dare, magari in vista di una nuova edizione di questo interessante libro, è quello di un possibile raggruppamento per periodi storici e/o culturali delle biografie delle donne qui ricordate, magari ciascun periodo con una premessa di inquadramento storico-culturale come meritano le vicende in cui si inseriscono le trentuno biografie.

Renato Campinoti

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