Questo libro è nato per rispondere a una domanda che continua a inseguirci giorno per giorno in questo tempo di grandi migrazioni e di continue vicende di naufraghi.
Si potrebbe addirittura dire, come ci ricorda spesso papa Francesco, che ormai il Mediterraneo si avvia a diventare il più grande cimitero di naufragi a cielo aperto. Allora la domanda che ci assilla è: quando è necessario salvare i naufraghi in mare? E a seguire, quando si può evitare di salvare i naufraghi in mare? Che poi, volendo, si può tradurre così: esiste un tempo in cui si può sospendere la solidarietà tra le persone? È la guerra il tempo in cui le regole del mare verso chi rischia di perdere la vita possono essere sospese?
È per rispondere a questi chiari e netti interrogativi, senza tanti giri di parole come accade spesso nei talk show televisivi, che Edoardo de Angelis, giovane e già affermato regista e Sandro Veronese, già autore, tra gli altri, di Caos calmo e Colibri con cui ha vinto due volte il prestigioso premio Strega, hanno ripescato insieme una storia vera dell'ultima guerra. Di questa parla il libro e tra poco ne parleremo anche qui.
Perché de Angelis e Veronesi hanno cercato e trovato la storia che ci hanno raccontato nel libro? "Quella del 2018 in Italia è stata un'estate terribile", ci racconta nell'introduzione Veronesi, "erano aumentati i viaggi di migranti in fuga dai lager libici...Ciò che rese quell'estate così difficile da sopportare fu il fatto che, anziché un potente moto di solidarietà, in Italia si produsse una violenta onda xenofoba che si accanì in particolare su...coloro che una volta finiti in acqua...non avevano che poche ore di sopravvivenza. Su di loro, gli ultimi degli ultimi, venivano convogliate le più basse deiezioni morali..."buon appetito ai pesci", "Ė finita la pacchia", "Ė finita la crociera" - mentre alla guardia costiera veniva impedito di intervenire e i migranti affogavano...In questo tempo impazzito io non riuscivo più a dormire".
Ė da questi sentimenti e da questa necessità di ribellarsi allo spirito del tempo che i due artisti cercarono e trovarono la storia del comandante Salvatore Todaro.
Era questo un uomo di mare che già prima di imbarcarsi, con si suoi uomini, sul sommergibile Cappellini, aveva avuto un incidente che gli aveva lesionato la spina dorsale, costringendolo a vivere in un busto d'acciaio se non voleva, come avrebbe potuto, rimanere a terra a godersi la pensione di invalido. Con i suoi uomini era già un mito anche per aver affondato, al comando del Malaspina, la British Fame.
Tutto il libro gira intorno alla vicenda che accadde a lui e ai suoi uomini quando, superate con coraggio le colonne d'Ercole (Gibilterra) e le mine di profondità che metteranno a dura prova la tenuta del sommergibile e dei nervi dell'equipaggio, si avviano a svolgere il loro ruolo in mare aperto al comando della marina di Hitler.
Dopo momenti di attesa e quasi di noia, (molto bella la descrizione degli uomini dell'equipaggio, uomini di mare, ciascuno con i suoi pregi e i suoi difetti) si profila all'orizzonte la sagoma di un mercantile a luci spente, segno che si tratta del nemico. Sarà duro e sanguinoso anche per l'equipaggio del Cappellini lo scontro che ne segue.
Il comandante e suoi ne escono vincitori. Ma è proprio allora che il Comandante prende la sua decisione. Tutti i nemici che si sono salvati dallo scontro, saranno ventisei uomini, non sono più per lui, i nemici, ma i naufraghi da salvare, secondo la legge del mare da che mondo è mondo.
Così decide di non seguire le rigide direttive del comando tedesco, che imponeva di colpire il nemico e fuggire e, contando molto sul suo carisma tra i suoi uomini, non tutti convinti di quella decisione, "tirateli su" si decidere a rispondere alle insistite richieste di come comportarsi rivolte a lui dall'equipaggio.
Bellissima la lettera che il Comandante scrive alla sua Rina, la moglie con cui quasi ogni giorno dialoga a distanza sulle vicende che gli capitano. "... Naufraghi, Rina mia. Uomini che nuotavano a fatica e puntavano tutte le forze residue sul nero sommergibile... Quegli uomini ora non avevano più nulla... non erano superstiti, come li chiama l'ordine 154 di Dőnitz, erano naufraghi... L'ordine è chiarissimo: dice che bisogna lasciarli lì i superstiti e andarsene... Siamo in guerra, si e io lo so benissimo: però non siamo solo in guerra. Siamo in mare. E siamo uomini. E anche il mare ha le sue leggi, anche l'essere umano le ha, guerra o non guerra. L'ordine 154 è chiarissimo Rina, ma nel buio della notte atlantica Dőniz non c'era. C'ero io, e sopra di me c'era solo il buon Dio, come lo chiamava don Voltolina: 'il buon Dio che tutto vede'..."
Ecco quello che fa Salvatore Todaro, risponde a tutte quelle domande che i due autori (e noi con loro) si erano posti all'inizio della storia e che li spingerà a cercare addirittura la nipote del Comandante, ora abitante a Livorno, e a farsi raccontare tutti i particolari che serviranno per scrivere insieme questo bellissimo e utilissimo libro.
Tanto più necessario di questi tempi, quando il problema delle norme e dei comportamenti delle istituzioni di fonte al dramma dei naufraghi in cerca di una vita possibile, è sempre più all'ordine del giorno.
Dopo l'episodio che ho ricordato, al Comandante e al suo equipaggio, con a bordo i naufraghi raccolti, capiterà di incrociare ancora un mercantile nemico che apre il fuoco contro il Cappellini, che non può immergersi per non affogare una parte dei profughi stivati nella torretta. Ci vorrà ancora una volta tutto il carisma di Salvatore Totaro per convincere i suoi e il nemico a non fare la guerra ma a lasciarlo passare per portare a terra il carico umano che trasporta.
E così sarà! Allora Todaro scriverà poche righe alla sua amata moglie: "Rina carissima, oggi è un giorno fausto... il soldato che vince non è mai così grande come quando s'inchina davanti al soldato vinto. Oggi noi e i nostri nemici, insieme, ci siamo salvati".
Gli autori hanno detto che stanno per terminare le riprese del film che de Angelis ha realizzato, con la consulenza di Veronesi. Non vedo l'ora che esca per andare a vederlo!
Renato Campinoti
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