Il libro più documentato e innovativo sul periodo di Alessandro de' Medici
E' stata una piacevole sorpresa questo libro di Catherine Fletcher, dedicato alla vita del più discusso e meno amato dei Medici. Sorprende anzitutto per la mole di documenti, ricercati con una passione e una competenza che contribuiscono senz'altro a disvelare pezzi di vita, soprattutto da quando assume un ruolo importante nella vita di Firenze, di questo personaggio troppo spesso trattato con sufficienza da storici sia del suo tempo che, per ricaduta, di periodi recenti. Ci siamo a lungo accontentati di una narrazione della vita di questo strano personaggio fatta in gran parte di scarsa attitudine allo studio, di tendenza a frequentare personaggi e ambienti equivoci, spesso violenti, già dalla sua presenza a Roma alla corte del papa Leone X, suo zio. La stessa origine di figlio bastardo, forse di Lorenzo, figlio del Magnifico, signore di Urbino e per un periodo anche di Firenze, che si sarebbe accoppiato con una donna forse di colore, forse meticcia, comunque di infima condizione sociale, lo hanno sempre caratterizzato, fin nel colore bruno della pelle, come una sorta di anomalia rispetto alla dinastia medicea "originale". Con l'avvento al papato di Clemente VII, figlio di Giuliano de' Medici, il fratello di Lorenzo, quello ucciso per la così detta congiura de' Pazzi nel 1478 , Alessandro fu preferito al cugino Ippolito, nipote anch'egli del Magnifico, per il comando della città di Firenze, trasformata in ducato dopo il sanguinoso assedio cui l'aveva sottoposta l'imperatore Carlo V, d'accordo con papa Clemente. Ci fu addirittura chi ritenne, per questa netta preferenza esercitata dal papa verso Alessandro, che in realtà il "Moro", come veniva chiamato, fosse un figlio illegittimo dello stesso Clemente. Insomma, di tutto si era finora parlato a proposito di questo giovane duca mediceo fiorentino fuori che di sue eventuali doti. Eppure, come si sapeva, fu durante il suo pur breve periodo di governo della città che furono edificate importanti opere, come la Fortezza da basso, che fece di Firenze una delle città più fortificate della toscana. Un altro luogo comune a proposito della vita e del carattere del giovane Medici era quello, quando già aveva assunto il ruolo di duca, di una vita notturna spericolata e densa sia di cattivi incontri e perfino assassinii, che di serate dedite al più sfrenato libertinaggio, non escluso l'ingresso forzoso nei conventi della città e dei conseguenti atti di violenza sessuale sulle povere monache. Sembra quasi, data la brutta fine che, giovanissimo, gli toccò ad opera del cugino Lorenzino, suo compagno, secondo i nostri storici, delle scorribande notturne e dei fattacci narrati, che si dovesse trovare, in questo stile di vita e con questa indole, una sorta di giustificazione al suo brutale assassinio. Interviene su questi fatti, restituendoci una nuova e certamente più credibile versione, il voluminoso e dettagliato libro della Fletcher, che ci mostra come Alessandro, duca di Firenze, passasse quasi ogni sua cena, non impegnata per il governo della città, presso il palazzo del cardinale Innocenzo Cibo. Questi, nipote da parte della mamma Maddalena, di Lorenzo de' Medici, svolse anche un ruolo di rappresentanza del papa Clemente VII nella città di Firenze nel corso del1532, fino alla nomina di duca, in quell'anno, di Alessandro. Al tavolo sedevano anche Ricciarda Malaspina, marchesa di Carrara e amante del cardinale e sua sorella Taddea, con cui Alessandro ebbe un lungo rapporto che continuò anche dopo il suo matrimonio con Margherita d'Austria, appena tredicenne. Da Taddea Alessandro ebbe due figli che non fece in tempo a riconoscere per la morte precoce cui andò incontro. E fu proprio Taddea, quando il giovane duca fu assassinato da Lorenzino, che porterà con se il suo bellissimo ritratto che Vasari aveva realizzato. Senza niente togliere alla passione di Alessandro per le armi piuttosto che per i libri, queste notizie ridimensionano e non di poco l'immagine di un duca dedito al vizio e all'assassinio notturno per le strade di Firenze. Molto puntuale la ricostruzione che la Fletcher fa dello scontro durissimo, fino alle estreme conseguenze, che Ippolito, non contento della nomina, lui giovanissimo, a cardinale da parte di Clemente VII con l'attribuzione di molti titoli e incarichi che ne facevano un uomo ricco e potente, scatenò contro Alessandro. Ippolito arrivò perfino a concordare azioni comuni con i fuorusciti, nemici mortali anche loro del duca, a scrivere lettere all'imperatore perché rimettesse in discussione l'investitura di Alessandro a duca di Firenze. Poi, quando Clemente, capofamiglia e, di diritto, responsabile dei destini dei due cugini, nel settembre del 1534 improvvisamente morì, Ippolito tentò perfino di far uccidere il cugino per soppiantarlo nel ruolo di padrone della città. Anche questo tentativo, che prevedeva un ruolo perfino del fratello del cardinale Cibo, fu scoperto dagli uomini di Alessandro. Al punto in cui stavano le cose, con l'imperatore impegnato in altri teatri di guerra, con continui inganni e tradimenti dei vari personaggi legati all'uno o all'altro dei cugini Medici, Alessandro cominciò a pensare che l'unica strada, per risolvere una volta per tutte la questione, era eliminare Ippolito, quello dei due che non accettava le scelte fatte dal papa Medici e riconosciute dallo stesso Carlo V. Gli avvenimenti che seguirono portarono effettivamente, il 10 agosto del 1535, alla morte per avvelenamento del cardinale Ippolito. Si capisce, anche da questa sommaria ricostruzione, che molto più impegnativa e priva di troppi fronzoli era la vita che Alessandro si trovava a fare in quel periodo. Passerà poco più di un anno e mezzo e il 6 gennaio del 1537 anche Alessandro sarà assassinato, ancora una volta un Medici ucciderà un Medici. Era l'ultima volta che accadeva? Non credo. Il tarlo del potere si anniderà ancora una volta nella mente di un Medici che, per essere stato un secondo genito, aveva anche lui indossato gli abiti cardinalizi. Ma non sopportava che il fratello, sposato in seconde nozze con una nobildonna veneziana, meno adatto al potere di quanto lo sarebbe stato lui, continuasse a comandare a Firenze e in quasi tutta la Toscana. Ma questa è un'altra storia.
Renato Campinoti
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