Per chi voglia aggiornare la conoscenza della storia della famiglia Medici e delle modalità con cui affermò il suo predominio su una città al centro della produzione, dei commerci e della finanza nel contesto europeo e non solo, non può fare a meno di questo interessantissimo libro di Lorenzo Tanzini.
Si dirà che di quella storia ormai si sapeva quasi tutto e non si sentiva il bisogno di un tomo di quasi quattrocento pagine concentrate tutte sulla figura di un solo personaggio, Cosimo il vecchio, così chiamato per aver vissuto dal 1389 al 1464, dunque per settantacinque anni, che per quel secolo rappresentano un età assolutamente eccezionale, solo in rari casi superati, come il grandissimo Michelangelo che ne campò ben ottantanove.
Ma allora dove risiede l'interesse di un altro libro, così corposo, sul capostipite, dopo il padre Giovanni di Bicci, della gloriosa dinastia?
Personalmente ho riscontrato l'innovazione del lavoro del medievalista Tanzini, autore di molti pregevoli lavori riferiti a Firenze e la Toscana nel periodo, principalmente in tre aspetti.
Il primo di questi è rappresentato da una più approfondita rappresentazione dell'innovazione portata da Cosimo nella gestione del Banco Medici, a suo tempo rilevato dal padre Giovanni da un zio che l'aveva aperto a Roma e da lui trasferito nel rione di san Lorenzo a Firenze.
Alla morte del padre, nel 1429, Cosimo, già sposato con Contessina de' Bardi da una quindicina di anni e già padre di Piero e Giovanni, diventa, insieme al fratello minore Lorenzo, il diretto conduttore degli affari di famiglia.
Firenze in quel periodo non solo si è ripresa dalla drammatica peste del 1348 che ne aveva dimezzato gli oltre centomila abitanti, ma, grazie allo sviluppo sia della manifattura che della finanza e alla domanda dell'Europa del Nord (Fiandre e Inghilterra in testa) dei "panni" fiorentini, sta conoscendo una nuova era di sviluppo, accompagnata, in tutte le maggiori città, da un forte bisogno di risorse finanziarie.
Qui emerge la forza del fiorino fiorentino, coniato nel 1252 per la prima volta a Firenze in oro (grammi 3,537 circa) che diventerà, insieme allo zecchino veneziano, la principale moneta di scambio in tutta Europa.
Era necessario essere presenti, col Banco, in ogni luogo in cui stavano fiorendo i commerci e tutti, chi doveva comprare le materie prime per poi rivendere i prodotti, chi doveva comprare le merci per poi metterle sui mercati, aveva bisogno di denaro ed era disposto, ovviamente, a pagare i relativi interessi.
La genialità di Cosimo fu quella di dare vita, in tantissime città del mondo allora conosciuto, alla presenza del Banco non in forma di filiale di quello fiorentino, ma costituendo ovunque società dove era ovviamente presente la famiglia Medici in forma spesso maggioritaria, ma associando a essa il direttore e altre figure apicali, Già questo evitava che eventuali rovesci di una sede trascinassero con sé l'insieme della ricchezza del Banco.
Inoltre, in tal modo, i dirigenti delle realtà presenti in ogni città erano i primi interessati al buon andamento del Banco locale ed erano tenuti a operare con prudenza e lungimiranza.
Qui interviene la seconda ragione di interesse di questo libro, là dove evidenzia che nella scelta dei direttori e soci della famiglia Medici, Cosimo finì per coinvolgere il fior fiore delle più influenti famiglie fiorentine o quelle che stavano salendo nella scala sociale grazie alle dimostrate capacità imprenditoriali in vari campi.
In tal modo, pur in un ambiente, come aveva sperimentato nella lotta contro gli Albizzi che avevano commesso l'errore di esiliarlo quando già aveva un forte influenza in città, Cosimo riuscì a unire interessi economici (in quel periodo furono enormi gli avanzi annuali che il Banco nelle varie realtà rilasciava ai propri soci) con il suo ruolo in politica per controllare, anche dalle istituzioni, le scelte a protezione della propria parte.
Tipico di questo intreccio tra interessi e politica, ed è qui la terza ragione di interesse per il libro dell'ottimo Tanzini, è la sofferta ma decisa scelta di Cosimo di allearsi con Francesco Sforza, in qualità di eccellente esercito mercenario, puntando, come avverrà, al suo insediamento sul ducato di Milano, rompendo con l'infida, secondo lui, repubblica di Venezia, sempre più desiderosa di espandersi. In sostanza, come spiegherà più volte ai suoi interlocutori, Cosimo preferirà l'alleanza con stati, come Milano guidato dallo Sforza, che dipendevano dall'incarico di esercito mercenario (la famosa "condotta") per conto di Firenze (e che solo la ricchezza di Firenze poteva loro garantire) che non sottoscrivere patti di alleanza formale con Repubbliche (come Venezia) che i fatti si incaricheranno di dimostrare non valevano l'inchiostro con cui erano stati scritti.
Lo stesso ragionamento valeva per lo stato Vaticano, il cui Pontefice (e molti Cardinali) aveva contratto notevoli debiti col Banco dei Medici.
A coloro che ancora si accontentano di una storia di Cosimo "padrone" della città che, una volta sconfitti i rivali Albizzi, è filata liscia per circa un trentennio, troverà in questo libro di quanti rischi si caricò sulle spalle il Pater Patriae e a quali marchingegni dovette ricorrere (compreso un "patto giurato" fatto sottoscrivere con tutti i mezzi di cui disponeva da ben 67 illustri cittadini) per far passare nelle istituzioni il cambio di alleanze che sarà, in quel periodo, la fortuna della città e l'arma per respingere gli attacchi di Venezia e del re Alfonso del regno di Napoli.
Una perla che Tanzini ci regala è una vecchia cronaca del tempo che dichiara esplicitamente che per la conquista di Milano, Francesco Sforza ricevette venticinquemila fiorini dalla città di Firenze e ben cinquantamila in prestito direttamente da Cosimo per conto della famiglia Medici.
Naturalmente nessuno in casa Medici si aspettava che il Duca Sforza, con alle dipendenze un magnifico e vorace esercito di mercenari, si sarebbe mai sognato di restituire quanto prestato. Ma era anche questo un modo per tenere sotto controllo l'alleanza con Milano. Almeno fino a quando il Banco produrrà così tanti utili e Cosimo, come documenta Guicciardini nella sue Cronache, era l'uomo più ricco di tutti in città.
In sostanza diciamo grazie a Tanzini per quest'opera e auguriamoci che continui anche con altri illustri personaggi della casata fiorentina.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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