Si può certamente definire un libro di formazione questo di Antonietta Toso, ma è anche molto di più. Non fosse altro perché ci porta, per oltre quattrocento pagine, in mezzo alle vicende tragiche (come la guerra) o sanitarie (come il "mal sottile") che hanno riguardato il mondo nel corso del secolo scorso.
Ma andiamo con ordine: la prima cosa che sappiamo di Joannin è che presto rimane orfano della cosa più bella che aveva, la madre e che rimane con un padre mezzo alcolizzato che non saprà fare di meglio che abbandonarlo presso Ernesto, un personaggio equivoco che lo accompagnerà, anche a distanza, per tutta la durata del libro.
Nessuna meraviglia se, trovatosi sostanzialmente solo al mondo e con nessuno impegnato a venirgli incontro e sostenerlo nel suo percorso di crescita, Giovanni (come in realtà si chiama) ricorra a un espediente classico, quello cioè di trovare in Athos, il moschettiere più stimato da D'Artagnan nel famoso libro di Dumas, un personale supporto e consigliere.
Bello il passaggio di quando il giovinetto inizia le letture e incontra il suo personaggio: "Chiudeva il libro e pensava alla Luna, quella era la sua mamma... quindi prendeva I tre Moschettieri, lo apriva per vedere apparire Athos".
È in questo periodo che Joannin incontra i libri grazie soprattutto alla bibliotecaria, Marilena, che lo indirizzerà sulle giuste letture e che non lo perderà di vista per tutto il corso della sua vita.
Naturalmente, essendo Athos solo una persona immaginaria, toccava a Joannin affrontare in perfetta solitudine (e la lotta alla solitudine lo accompagnerà per tutto il libro!) i passaggi di crescita fino all'adolescenza e oltre.
Particolarmente indovinate le pagine del libro dedicate all'incontro del giovinetto col sesso, dal momento dell'incontro casuale con Pamela ("si scontrò con una ragazzetta. Se la vide davanti, poi a terra. 'Scusi' Disse. Quell'attimo fu sufficiente a colmare la mente di Joannin di fantasie amorose") fino all'epilogo inevitabilmente fallimentare.
Verrà poi il momento dell'incontro con l'amore, Catia figlia di Ernesto, cui non troverà il coraggio di dichiarare il suo amore fino al ritorno dalla guerra. ("osservava Catia con l'avidità del cieco che vuole toccare e annusare il suo fiore preferito ma che teme di non riuscire a coglierlo").
Alla guerra Joannin si risolve ad andare volontario per sfuggire alla situazione di ospite senza arte né parte che sente il desiderio di realizzarsi in qualcosa di grande e che, inevitabilmente, si risolverà in una grande amarezza e delusione, come avrà modo di dire al suo amato Athos: "Se solo mi avessi avvertito che avrei dovuto uccidere il nemico a mani nude, non so se...".
Saranno molte le peripezie che Joannin è costretto a vivere prima di tornare a casa e incontrare di nuovo Catia.
Di grande rilievo la sua presa di coscienza della necessità di combattere i tedeschi, prima alleati, ora nemici che lo porteranno, diventato sergente, a resistere fin che può all'ingresso degli stessi nella città di Roma e salvato dall'accoglienza di una donna nella propria casa. Ma la grande sciagura che lo colpirà, ancora giovanissimo, sarà il bacillo della tubercolosi, che lo costringerà suo malgrado a passare un lungo periodo in sanatorio e tornare a vedere, già come gli era accaduto in guerra, la morte in faccia. "Non mi hanno ucciso i cannoni. Le bombe. Gli agguati. Sono costretto a cadere sotto il flagello di un microscopico bacillo. Come tutto è surreale".
Guarito, almeno per il momento, dal mal sottile, Joannin si trova ora a scontrarsi con un altro nemico, Ernesto, che vorrebbe negargli il rapporto con la figlia Catia, essendo anche lui ossessionato dal rapporto con lei. Joannin vincerà, almeno momentaneamente, anche questa battaglia e potrà sposare la sua innamorata.
Non potendo e volendo andare oltre nella trama piena di continui colpi di scena di questa solo apparentemente semplice vicenda, va dato atto ad Antonietta Toso di aver costruito un romanzo dove ognuno può ritrovare qualcosa del suo vissuto, se non, ovviamente, nelle specifiche vicende temporalmente datate, nei passaggi di vita, nella continua necessità di affrontare le proprie paure e le difficoltà di ogni genere così magistralmente impersonate dalla storia di Joannin, che ci aiuta, perciò, a comprendere meglio qualcosa di noi stessi.
Insieme ai tanti personaggi così ben scolpiti e delineati, insieme alle tante emozioni che le vicende di questo singolare personaggio ci fa vivere, la scrittrice, con una prosa semplice ed essenziale, ci dimostra come una storia di qualcuno possa diventare una storia di molti, come nella migliore tradizione del romanzo biografico di fantasia.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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