Molta Vanina e una soluzione amara
Ancora ben congegnato e di grande fattura il giallo che c'è in questo romanzo di Cristina Cassar Scalia.
Con un finale più amaro del solito. Ma questo lo lascio valutare ai lettori, ovviamente.
C'è molto di lei, di Vanina nel racconto di questa volta. Basti pensare che si spinge per ben tre volte a Palermo ed è ripetutamente in contatto con Paolo, il suo vero, grande amore, da cui tuttavia continua a fuggire.
Ma c'è molto di lei anche nella caratterizzazione del personaggio che continua a farne la Scalia, non finendo mai di stupirci con una figura (ed è anche questo un ulteriore merito della scrittrice) fatta apposta per adattarsi a ogni evenienza, ora di durezza apparentemente non scalfibile da niente, ora di dolcezza e di umana pietà.
Ma lasciamo parlare Cristina Cassar Scalia, che la conosce meglio di noi: "La compassione di Marta verso le persone disperate con cui avevano a che fare continuamente era autentica. Come del resto sarebbe stata autentica la sua (di Vanina!), se non si fosse barricata dietro un muro insormontabile. Lei di qua, loro di là. Uno schermo protettivo... indispensabile per chi come lei dalla parte dei disperati c'era stato e... non poteva permettersi di lasciarsi trascinare di nuovo dall'altra parte".
Lo stesso ragionamento vale, nella descrizione della scrittrice siciliana, per quanto riguarda il presunto atteggiamento da dura che talvolta le veniva attribuito. "Non si allontanava mai da casa senza la pistola d'ordinanza infilata nella fondina... Un'abitudine spesso equivocata, che le aveva tirato addosso una fama di giustiziera che Vanina detestava. La pistola in tasca per lei non era e non sarebbe mai stata uno sfoggio di potere, ma solo una garanzia di incolumità per chi le stava accanto."
E qui giustamente l'autrice ci ricorda il ruolo di Vanina nel salvataggio del suo Paolo dall'agguato mafioso, cosa che, purtroppo, lei troppo piccola, non aveva potuto fare col suo amatissimo padre, finito ucciso dai mafiosi di fronte ai suoi occhi.
È questo, del resto, della sua personale lotta contro l'ingiustizia del più forte, un motivo conduttore che si ripercuote anche in questo intricato e bellissimo racconto, quando la nostra poliziotta è costretta a subire le angherie di chi ha acquisito ricchezza e potere con metodi truffaldini. Ma qui si entra dentro e nel merito della trama propriamente "gialla" del libro che non può essere oggetto di spoiler.
Ancora una volta escono più che mai focalizzati anche i numerosi personaggi/collaboratori di cui Vanina si circonda, da Spanò, l'ispettore capo che ogni vicequestore vorrebbe avere con sé, al commissario in pensione Biagio Patanè, che questa volta si immerge a fondo nel ruolo, fino a "coprire" le assenze palermitane della Guarrasi, per non parlare del bellissimo e contrastato rapporto tra il capo della mobile Tito Macchia, di mole considerevole e rotto a tutte le golosità salate e dolci e l'ispettore Marta Bonazzoli, bellissima e innamoratissima, rigorosamente vegana.
Perfino l'agente Lo Faro, piuttosto imbranato, questa volta fa un passo avanti nell'utilità della squadra, guadagnandosi il diritto a chiamare "Capo" la Guarrasi.
Naturalmente contano, e non poco, nella vicenda di Vanina, anche i rapporti extra lavorativi, a cominciare da quella carissima e impegnativa amica Giuli, sulla cui sorte, questa volta, l'autrice ci lascia un po' in sospeso.
Non mi resta che ribadire, infine, come ho accennato all'inizio, quel po' di amaro che la conclusione cui perviene questa volta la brava Scalia mi lascia in bocca, senza per questo perdere niente della qualità d'inventiva della sempre più affascinante scrittrice. Dalla quale, oltre a dirne un gran bene, ci aspettiamo una adeguata continuazione di questa saga di Vanina, alle cui ardite riflessioni e acute conclusioni ci siamo talmente abituati da prenderci il vizio.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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