Chi cercasse "soltanto" un buon giallo, in questo ricco romanzo di Cristina Cassar Scalia, sarebbe sicuramente accontentato con gli interessi da una trama assolutamente avvincente, fatta di ripetuti colpi di scena, di cambiamenti di scenario che, dopo averti portato verso una certa, possibile conclusione, ti spiazza e ti costringe a ricominciare a ragionare sulle vicende narrate.
Ma non c'è solo un giallo, per quanto di ottima fattura, in questo interessante libro di una scrittrice che si sta sempre più imponendo all'attenzione di chi ama il genere in senso moderno, alla Simenon per intenderci.
C'è anzitutto lei, il vicequestore Vanina Guarrasi, alla testa di un'ottima squadra di collaboratori, che sa dare una direzione di marcia al ruolo di ciascuno e che è così concentrata sui fatti da scordarsi, talvolta, di aggiornarli su dove lei è arrivata con l'intuito.
Impossibile dare conto di tutti i personaggi che girano intorno a questa singolare figura. Di alcuni non si può fare a meno, a cominciare dal commissario in pensione Biagio Patanè che "aveva diretto la squadra omicidi della Mobile catanese per moltissimo tempo. Aveva ottanta tre anni. Vanina l'aveva conosciuto... per le indagini su un omicidio che risaliva a sessant'anni prima. E la sintonia tra loro era scattata subito".
Come si capisce, il commissario in pensione affiancherà con discrezione la vicequestore, mettendo a frutto la sua lunga esperienza, finendo per far ingelosire sua moglie per questo troppo frequente rapporto.
Non meno importante, per sostenere il lavoro, talvolta massacrante, di Vanina, la figura della sua dirimpettaia di appartamento, Bettina, che la riempie di leccornie quando capita che rientra a casa troppo tardi per fare spesa e che le solleva l'animo quando è a terra. Bettina, Una persona rassicurante come poche. Una che sbriciolava i problemi, che affrontava la vita con la calma di un monaco Zen convertito al culto di Padre Pio", cui attribuiva la capacità di risolvere qualunque guaio, a esclusione della morte".
Ed è proprio pensando alla morte violenta, con cui fa i conti tutti i giorni che Vanina avverte più che mai il senso del proprio ruolo: "L'unico modo che esisteva per esorcizzare quel genere di morte era dare un volto e un nome a chi l'aveva provocata".
Non meno affascinante è la coppia Tito Macchia, il Questore, Grande Capo dell'ufficio e grande estimatore di Vanina e Marta Bonazzoli, particolarmente bella e brava nella sua funzione di ispettore, la quale tenta inutilmente di nascondere il suo rapporto con il Capo, preoccupata di mischiare responsabilità operative e rapporti privati.
Ma la scrittrice siciliana non si limita a descrivere personaggi positivi. Particolarmente azzeccata e inquietante la figura dell'Avvocato, e pure docente universitario, Elvio Ussaro, che ricatta perfino sessualmente tutti quelli che ha promosso nel suo cerchio magico, compresa quella Lorenza Iannone, vittima designata e sulle cui tracce si sviluppa tanta parte della indovinata trama del romanzo.
È lui il vero tramite anche con certa politica corrotta e, forse, con settori della mafia. Ma le vere motivazioni su cui si regge la forte volontà e anche la perspicacia della protagonista indiscussa del libro, Vanina Guarrasi, sono da ricercare in un paio di dettagli che fanno talvolta capolino e poi sembrano eclissarsi.
È il rapporto con Paolo, il dirigente dell'antimafia di Palermo (città in cui la Guarrasi operava prima di Catania), che lei ha contribuito a salvare da un attacco mafioso, ed è il rimorso per non essere riuscita a fare altrettanto col padre ispettore di polizia Giovanni Guarrasi, ucciso dalla mafia per la sua coerente battaglia contro certi personaggi.
Da qui la scelta (mai definitiva) di fuggire da Paolo e da Palermo per non rivivere ciò che le era capitato col padre e, al tempo stesso, la determinazione di fare della lotta al crimine la sua principale ragione di vita.
Resterebbe da dire di una meravigliosa storia d'amore che la Cristina Cassar Scalia ci racconta come parte integrante del giallo, così come di tante altre cose che invitiamo più lettori possibile a fare proprie. Per concludere non si può non citare la descrizione della "logica della lampara" che ne fa il giornalista che per primo ha messo in allarme la Guarrasi sul possibile omicidio:
"La pesca con la lampara ha una sua logica precisa..." A voi lettori di andarvela a leggere a pagina 299 dell'edizione 2019 nella collana super et di Einaudi.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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