Tutti i libri sono importanti e interessanti, ciascuno con la sua ragion d'essere e in grado di lasciare un ricordo, un arricchimento al lettore.
Poi capita il libro che si colloca su uno scaffale sopra agli altri, che non toglie niente a nessuno ma che si fa riconoscere per quello che è: un capolavoro! È quello che mi è capitato leggendo questo libro, scritto più di venti anni fa da Lansdale.
Di questo bravissimo scrittore texano avevo già letto la maggior parte dei romanzi e dei racconti che ci ha regalato, compreso quelli della divertentissima saga di Hap e Leonard. Molti altri mi sono sembrati belli e istruttivi. Questo è davvero un capolavoro.
Perché? È da libri come questo, che pure è ambientato nella provincia americana degli anni trenta, che si capiscono molte cose dell'America di oggi e dei decenni passati. Si riallaccia, nella logica del racconto, del rapporto tra padre e figli invischiati nell'ambiente razzista dell'America interna, ad altrettanti capolavori come "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee o "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno" di Fannie Flagg.
E tuttavia a me, che pure ho apprezzato moltissimo questi romanzi e altri dello stesso tenore, questo di Lansdale è apparso ancora più crudo ed efficace per aiutarci a capire lo "spirito" di quell'America, a cominciare da quella dell'interno, dei tantissimi piccoli villaggi e piccole contee, tuttora pervasa dall'idea della difesa personale dal "diverso" (il negro prima di tutti, ma non solo!) e della cura personale della propria salute e del proprio benessere.
I fatti che l'autore ci fa raccontare dal narratore, immaginandolo ormai vecchio e a riposo, risalgono alla sua fanciullezza, dunque negli anni trenta come dicevo, con un'America alle prese con la depressione che però appare poco in quelle lande abbastanza lontane dai centri finanziari ed economici del Paese.
Sembra infatti che anche su questo l'autore voglia farci capire come, per i bianchi del suo villaggio, ciò che contava davvero, più che delle difficoltà economiche patite dal Paese, era tenere la popolazione nera al suo posto, priva di quei diritti che pure la guerra di secessione aveva sancito ma che, di fatto, tarderanno ancora molto ad affermarsi, con tutti gli strascichi e i rigurgiti che sappiamo.
È insomma una provincia americana permeata dal razzismo, dove domina il KKK, dove ci si difende col fucile sulle ginocchia anche quando si fa un sonnellino nella veranda di casa e dove talvolta è perfino difficile trovare un insegnante per la scuola del villaggio.
Cosa di cui sono in pochi a lamentarsi preferendo utilizzare le braccia dei ragazzi per i lavori nei campi. Siamo nel Texas e si sente e si vede!
Naturalmente il romanzo si sviluppa in forma di racconto giallo, dove a fronte della scoperta dei cadaveri di donne nere seviziate, si scatena la caccia all'uomo di colore che il padre dell'io narrante, incaricato della funzione di polizia nel villaggio, dura un bel po' di fatica a tenere a bada le pulsioni più violente. E sarà solo dalla caparbietà dei figli di lui che si arriverà a capire, almeno in parte, da dove nascono i delitti atroci che vengono alla luce.
Non è affatto trascurabile la capacità di questo grande scrittore di ricostruire l'ambiente della campagna texana di quel periodo, con i suoi boschi, il suo fiume Sabine (che ricorrerà tante altre volte nei suoi romanzi), i suoi animali dall'opossum, agli alligatori ai serpenti d'acqua, ai cani.
Si sente, insomma, che Lansdale ama il suo Paese e il suo Texas, da cui del resto non si è mai allontanato se non per i viaggi di piacere o di lavoro (è venuto spesso a Firenze, compreso per la prima Fiera del libro alla Fortezza di alcuni anni fa!) e che, forse anche per questo, non fa sconti sui non pochi difetti, molti dei quali ritiene anche lui da correggere decisamente.
Una volta chiuso il libro di Lansdale, restano le descrizioni di quegli uomini armati di fucili a cui nessuno chiede mai il porto d'armi.
Restano quelle scene di spedizioni punitive e di sparatorie al di fuori della legge.
Restano quelle assenze, nei villaggi, di strutture sanitarie cui rivolgersi in caso di reale bisogno. Insomma resta l'immagine di una parte dell'America che sembra ancora pronta a seguire il grande demagogo che promette di rilanciare la Grande nazione, priva di limitazioni all'uso delle armi ai minorenni, priva di un dignitoso sistema di stato sociale, dove si paghino poche (pochissime!) tasse e ognuno possa sperare di diventare l'uomo più ricco della terra.
Meno male, viene da pensare, che ci sono quegli uomini e quelle donne che, come in questo libro, come in quello di Harper Lee o di Fannie Flagg, non sono più disposti a stare al gioco e puntano su valori sociali e culturali diversi da quelli maggioritari nella provincia americana.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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