E' stata senz'altro un'idea brillante quella che ha portato Nicoletta Manetti a proporre a 14 scrittori e scrittrici di dedicare un racconto a una donna che, a suo modo, ha sconfinato dai tradizionali canoni "femminili".
Si va così da Antigone che il "colto" (e bravissimo) Roberto Mosi rievoca da par suo nel racconto iniziale, fino alla attuale Amy Winehouse, che un giovane e talentuoso Saimo Tedino ci fa percepire nella parte finale della sua straordinaria (e dannata!) carriera.
Dico subito che l'intuizione di Nicoletta, prontamente adottata e promossa dal Gruppo Scrittori Firenze, ha trovato nell'antologia un esito di sicuro successo e di grande godibilità.
Merito sicuramente degli autori e delle autrici, ma merito anche della curatrice per le direttive che hanno portato tutti a non accontentarsi di personaggi ordinari, ma di andare alla ricerca di figure, forse considerate in qualche caso "minori" nel panorama artistico tradizionale, ma di sicuro coerenti con l'idea di "sconfinate", intese oltre e fuori dai confini ordinari, che voleva essere, ed è stata, alla base dell'antologia.
Si incontra così, dopo l'Antigone di Mosi, l'indubbia sconfinata per eccellenza rappresentata da Cleopatra nella versione niente affatto banale di Caterina Perrone, per arrivare subito alla "vampira" per eccellenza, quella Elisabetta Batori, la più prolifica assassina seriale della storia, con cui il bravissimo giallista Fabrizio De Sanctis si diverte e ci fa divertire un sacco.
Si passa quindi al godibilissimo pezzo che Cristina Gatti ci regala su Mary Shelley, l'inventrice di Frankenstein, con la sua vita di lotte femministe e di sfortune familiari che riesce tuttora ad affascinare i suoi lettori.
È la più brava e sensibile delle infermieri di Firenze, nonché abile e qualificata scrittrice, Antonella Cipriani, che si prende cura di Florenze Nightingale, per portarci a conoscere quella che viene considerata l'inventrice della moderna figura dell'assistente sanitario, che in lei nasce come una vera e propria vocazione divina, una "chiamata" che la porta a rifiutare ogni altra scelta, dal matrimonio ai figli, per dedicarsi in maniera "sconfinata" alla sua vocazione.
Andrea Zavagli sceglie di ricordarci la breve e intensa vita di Marie Duplessis, colei che, col suo fascino, si accompagna a uomini abbienti e che poi, colpita dalla tubercolosi, morirà ad appena 23 anni e finirà per ispirare Giuseppe Verdi per la sua Traviata.
Marco Tempestini ci fa conoscere Camille Claudel, una delle prime e affermate (solo postuma) scultrici che, innamorata dello scultore Auguste Rodin, più grande di 24 anni, riuscirà tuttavia a realizzare opere che daranno uno spirito nuovo al mondo della scultura. Il prezzo che pagherà sarà quello di passare ben trenta anni della sua vita in due manicomi, inseguita dalle manie di persecuzione e dall'odio-amore per Rodin.
Nicoletta Manetti, la curatrice, sceglie di parlarci di Suzanne Valadon, una pittrice talentuosa, che visse nel periodo dei grandi impressionisti francesi. Con alcuni di loro, a cominciare da Toulose Loutrec, ebbe storie sia di modella che di amante. Sarà il grande Degas a riconoscere il notevole talento di Suzanne che sarà anche la prima donna alla Société Nazionale des Beaux -Artes. Ci sarà poi anche una storia con Andrè Utter e altre disavventure che la porteranno, nonostante la ricchezza, a una morte solitaria.
Di Marina Cvetaeva, la grande poetessa russa che ebbe la sfortuna di imbattersi nella rivoluzione sovietica, ci parla Gabbriella Tozzetti, fino all'esito del suicidio di Marina.
Una attenzione non superficiale suggerisco di dare al racconto che Nicola Ronchi parla di Leonarda Cianciulli, passata alla storia come la "saponificatrice di Correggio" per aver ucciso le sue vittime sciogliendole nella soda caustica. È anche un racconto molto strutturato e, come costume di Nicola, con spunti psicologici diffusi sul personaggio.
Di Tina Modotti, pioniera della fotografia, rivoluzionaria in Messico, in Unione Sovietica e in Spagna, scriverà l'epitaffio Pablo Neruda e ci parla di lei il bel racconto che le dedica Andrea Zurlo, col rimpianto di una morte a soli quarantasei anni.
Sarà Gabriella Becherelli,insegnate di Discipline Pittoriche e grafiche al Liceo Artistico di Firenze, lei stessa autrice di numerose mostre, a far dialogare tra loro due delle più note eroine del femminismo e del'arte grafica: Frida Calo e Artemisia Gentileschi, con la competenza e il fascino che riesce a trasmetterci.
Pieno di passione e di maestria narrativa il racconto che Silvia Zanotto ci fa di Violette Leduc, un'altra "bastarda" che si riscatterà solo parzialmente con la scrittura di libri pieni di passione e amarezza verso una famiglia che non l'ha saputa apprezzare e, per di più, non le ha dato il fascino di cui avrebbe avuto bisogno per far innamorare Simone De Beauvoir, di cui lei è follemente innamorata.
Tocca ad Anna Parsi farci apprezzare le difficili battaglie della giovane Forough Farrokhzad nella società iraniana degli anni cinquanta/sessanta per affermare il ruolo della donna e, al tempo stesso, contribuire al rinnovamento della letteratura persiana del 900. Purtroppo morirà in un incidente stradale a soli ventitré anni.
Chiude la raccolta il bel racconto di Saimo Tedino su Amy Winehouse di cui ho detto all'inizio e che contribuisce sicuramente a valorizzare anche la qualità letteraria dell'antologia. Ho volutamente richiamato tutti i racconti di questa bella e interessante iniziativa per mettere in evidenza la qualità delle scelte dei personaggi operata da tutti gli autori. Questo non può farci sottacere, come qua e la ho cercato di fare, la qualità degli aspetti letterari e le capacità narrative da tutti, a loro modo, messe in evidenza.
Facendoci concludere, dunque, che se felice è stata la scelta della curatrice, ottimo ne è stato l'esito grazie a tutti coloro che, inquadrato il personaggio, hanno dimostrato di quali abilità sia dotato il Gruppo Scrittori Firenze, come ha dimostrato in questo prolifico 2021/2022 dove ha prodotto, accanto ai lavori dei singoli scrittori, altre tre opere di pregio riconosciute a più livelli della società e delle istituzioni fiorentine, come le antologie su "Firenze Capitale", su "Gente di Dante" e con queste "Sconfinate".
Altri lavori sono alle viste e saranno sicuramente delle opere interessanti. Alla curatrice delle "Sconfinate", visti i risultati, mi permetto di suggerire di pensare a un secondo capitolo che peschi ancora in quell'immenso bacino, troppo spesso trascurato, delle donne protagoniste del loro tempo e, spesso, un passo più avanti degli uomini.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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