Giorgio Bassani: Gli occhiali d'oro
Dopo "Il giardino dei Finzi-Contini", questo romanzo di Bassani riprende e allarga il tema del fascismo che nella sua città Ferrara ebbe modo di manifestarsi in forme certamente non memo virulente che da altre parti d'Italia.
È noto infatti che lo squadrismo fascista, alimentato dagli agrari e comandato da Balbo, manifestò da queste parti una particolare ferocie e violenza, con ripetute spedizioni punitive che portarono a una vera e propria distruzione dell'organizzazione delle leghe degli operai e dei contadini e del ricco tessuto delle case del popolo.
Ma non si deve credere, sembra voglia dirci Bassani con questo scritto, che sia stata solo la violenza a piegare prima, a sottomettere poi, il movimento popolare di queste zone.
Intanto, rispetto al "Giardino" in quest'opera Bassani ci fa toccare con mano quanto l'adesione al fascismo fosse stato un fenomeno ben più ampio, oltre che nelle classi padronali, nella piccola e media borghesia delle professioni e delle attività liberali. Non solo, ma tra i primi ad aderire all'aberrante ideologia fascista della forza, del colonialismo e, infine, della guerra, sono stati alcuni di quelli che saranno, verso la metà degli anni trenta, le vittime illustri dell'alleanza di Mussolini con Hitler e la conseguente adozione, anche nel nostro paese, delle leggi razziali.
Tra i più pronti e convinti aderenti troviamo infatti quegli ebrei, a cominciare dal padre del protagonista, che confideranno fino all'ultimo nell'impossibilità del fascismo nostrano di adottare una simile legislazione razziale. Magistrale in questo senso il colloquio del giovane ebreo protagonista del libro con l'amico Nino al ritorno dalle vacanze, il quale, pur messo sull'avviso dallo zio avvocato socialista circa il rischio delle leggi razziali anche in Itali, si mostra scettico perché "noialtri italiani siamo troppo buffoni…" E porta a riprova il peso che molte famiglie ferraresi di alto rango hanno in città, a cominciare dai Finzi-Contini, all'interno dello stesso partito fascista.
Ma la parte dove emerge in tutta la sua evidenza l'ipocrisia della classe dirigente fascista anche su tali questioni è quando, verso la fine del romanzo, il padre del protagonista incontra per caso l'avvocato Tabet, anch'egli ebreo, di gran peso nello stesso fascio ferrarese, che vantava un'amicizia e stima da parte dello stesso Bocchini, Capo della polizia fascista. Il quale Tabet prende sottobraccio il padre e gli racconta di un suo incontro recente a Roma nell'ufficio dello stesso Bocchini. E sarà quest'ultimo, secondo l'avvocato Tabet, a esprimersi così: "Conservi pure la sua bella calma, Tabet... In Italia, sono autorizzato a garantirglielo, una legislazione sulla razza non sarà mai varata".
E siamo alla vigilia dell'introduzione delle medesime! Mi sono dilungato su tali aspetti pur consapevole che al centro di questo romanzo c'è lui, il dottor Fadigati, l'uomo dagli occhiali d'oro, appunto, che, venerato prima come chirurgo e medico di chiara fama, verrà in seguito messo all'indice e sbeffeggiato dalle stesse classi borghesi della città, che finiranno per portarlo al suicidio.
Insomma, in questo libro (il secondo delle "Cinque storie ferraresi") Bassani continua ad allargare lo sguardo sulle ulteriori e nuove vittime del fascismo ferrarese e non solo, il quale, colpite le classi lavoratrici che avevano osato nel "biennio rosso" rimettere in discussione la gerarchia sociale del territorio, avanza ora ad ampie falcate insinuandosi nelle misere teste delle varie signore "Lavezzoli", pronte a condannare ogni atto o comportamento che non sia consono al loro modo di vedere.
Così il dottor Fadigati finisce nel tritacarne di quelle mentalità che, alimentate dal machismo del Duce e delle milizie fasciste, fanno della maldicenza e della messa al bando del "diverso" la loro arma letale.
Il libro, ancora una volta, è ben scritto, con quella precisione formale, priva di orpelli e inutili lungaggini che contraddistingue la prosa di Bassani.
Non meno puntuali sono i riferimenti all'ambiente urbano di Ferrara, città della gioventù dell'autore e da lui mai dimenticata.
In poco tempo e con un gran piacere di lettura, dunque, si consiglia chiunque non l'avesse ancora fatto a scorrere quest belle e succose pagine di Giorgio Bassani, uno che la Resitenza la farà sul campo e la battaglia culturale al fascismo la realizzerà con la sua opera letteraria e sociale.
Renato Campinoti
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