Una gran bella sorpresa, questo libro di Paolo Ciampi, dedicato, si fa per dire, al babbo di Bruna Cecchi, sua collega, prima della pensione, alla Regione Toscana, a lungo capo di gabinetto di un altro viaggiatore e scrittore, allora stimato assessore della Regione, Tito Barbini.
Uno di quei libri che non ti permettono di staccare mai, neppure quando lo lasci, perché, come ci ha insegnato il grande Umberto Eco, ti fanno davvero aggiungere un'altra vita alle tante che i migliori libri ti hanno regalato.
Così cominci anche tu col sentirti un po' quell'Ubaldo Cecchi, il padre di Bruna, che comincia da subito, da ragazzino, la carriera di ladro, di geniale inventore delle prime "bande del buco" del povero dopoguerra fiorentino e italiano. Una specie di remake di "ladri di biciclette" in formato toscano, dove non manca niente e nessuno: il ladro ragazzino, il commissario prima turlupinato più volte da "Cicoria", come viene chiamato il Cecchi, poi trionfante non solo nell'acciuffare il ladro più ricercato della storia di Firenze.
Ma non fai in tempo ad affezionarti, si fa per dire, alla storia del Cicoria che sfugge più e più volte alla giustizia (per cosa poi? mica eroina, mica banche svaligiate, no, al più orologi e pezzi di stoffa!) fino a meritarsi l'appellativo de "il più famoso pregiudicato fiorentino, il malvivente audace e astutissimo, l'uomo ricercato da trenta mesi da tutte le questure d'Italia: in poche parole Cicoria", che ecco che comincia un'altra storia.
Quella della figlia abbandonata dal padre (e sarà per sempre!) Bruna Cecchi, la piccola Bruna, la Brunina come tutti la chiameranno a lungo, che rimasta sola con la madre e la zia, si trova rinchiusa nell'istututo Calasanzio di Campo di Marte, in quel periodo, siamo nel 1950, adibito a ricovero per i figli minori dei carcerati che hanno lasciato famiglie senza risorse economiche.
La storia di Bruna ci accompagnerà per tutto il bel libro di Paolo e sarà una storia del tutto nuova anche per chi l'ha conosciuta da tempo come il sottoscritto perché, ecco un'altra notizia, Bruna tutte le cose che ci sono nel libro le ha sempre tenute per se.
"A chi vuoi che interessino", come dirà più volte come a sminuire una vicenda che, a dir poco, ti affascina per le incredibili vicende umane e coincidenze che ci racconta.
E non sempre, neppure l'autore, credo, riesce a capire da che parte sta la ragione e il torto.
Il Cecchi, Cicoria, che abbandonerà la famiglia e Brunina per un'altra famiglia da cui avrà due altri figli, Rita e Ubaldo (il suo stesso nome) e la prima moglie, Velia la madre di Bruna, che si mette insieme, (udite, udite!) al commissario più volte beffato da Cicoria, che alla fine è quello che lo arresta?
Già qui viene da chiedersi: in questa "storia fiorentina di amori e di galere", come recita il sottotitolo del libro, chi è che comincia prima a lasciare chi.
Ma non è questo il centro del libro. Il centro, come dicevo sono le tante storie e tra queste ce ne è un'altra, bellissima: quella di Firenze nel dopoguerra e poi, via, nei tempi in cui si snoda questa affascinante vicenda.
Bellissime le pagine dove Ciampi ci racconta dell'incontro di Brunina con Pina, "che non aveva lavoro, non aveva di che vivere, Bruna se l'era portata a casa come una di famiglia".
Non sono patetiche, in questo scenario le brevi riflessioni con cui Paolo sente il dovere di accompagnare la notizia: "C'è ne avrei da dire su questi tempi di miseria in cui viene naturale accogliere in casa una persona e aggiungere un posto a tavola".
Ma la Firenze del dopoguerra ritorna più volte nel racconto di Ciampi, quando ci parla di Piazza Santa Elisabetta, dove la mamma con la zia Bruna e Brunina, riporata a casa dai Salesiani dove soffriva troppo, vanno a vivere tutti in un'unica camera, ma dove incontra altri bambini e, in quelle misere case, molti artisti come Nino Lescai, del quintetto Millepiedi, in giro a suonare per crociere nei caraibi e perfino qualche esibizione in America!, che prenderà in simpatia la Brunina..
E poi ci sono "Giovanni e Lina Rovini, attori che chissà quante volte hanno recitato con la compagnia di Wanda Pasquini, la signora del vernacolo fiorentino...".
Tutto in quella Piazza, dietro il Duomo, dove in quei tempi era possibile "sorprendersi soli".
Di Firenze il nostro scrittore è innamorato e di Firenze, dei suoi personaggi e delle sue storie in tanti suoi lavori riuscirà a fare innamorare tanti lettori.
Come fa ancora una volta, raccontandoci, tra l'altro, la storia de Le Murate, la loro origine dal Convento delle suore di clausura (Le murate, appunto!) fino all'uso carcerario a lungo utilizzate come tali quando Il Bargello assumerà ben più nobili funzioni.
Una storia ancora è quella dei rapporti di Bruna con i fratelli nati nella seconda famiglia del padre, a lungo da lei trascurati. Ma al centro resterà la struggente mancanza di quel padre che, come poi scoprirà, è un gran lettore di libri, un poeta provetto, un artista del disegno con notevoli potenzialità, forse non abbastanza supportato per farsi un nome nel difficile campo delle arti grafiche.
Una storia ancora è quella dei rapporti di Bruna con i fratelli nati nella seconda famiglia del padre, a lungo da lei trascurati. Ma al centro resterà la struggente mancanza di quel padre che, come poi scoprirà, è un gran lettore di libri, un poeta provetto, un artista del disegno con notevoli potenzialità, forse non abbastanza supportato per farsi un nome nel difficile campo delle arti grafiche.
Questo struggimento Paolo riesce a farcelo vivere per tutto il romanzo (perché di un vero e proprio romanzo si tratta!) insieme all'atteggiamento quasi incredulo dell'altra, vera protagonista, la Bruna appunto, ormai diventata adulta, capace di farsi largo nella vita e nella professione, nonostante una carriera scolastica tarpata dalle condizioni familiari.
Inutile e sbagliato, da parte mia, andare oltre nelle vicende che questo libro ci racconta. Non voglio togliere niente alla legittima curiosità del lettore. Dico solo che ancora una volta Paolo Ciampi dimostra la sua grande capacità di dare voce a personaggi apparentemente minori della storia fiorentina e farceli apparire, perciò, più vicini alla nostra sensibilità e alla nostra vita.
Considero un segno da grande narratore quello che ti rimane quando, chiudendo il suo racconto, ti viene di pensare: "In fondo, era una vicenda che poteva toccare anche a me o a qualcuno che conosco bene!".
Allora grazie a Bruna che ha trovato il coraggio di affrontare a viso aperto la sua storia sicuramente per lei dolorosa, grazie a Paolo Ciampi per il regalo che ancora una volta ci fa di mostrarci quante frecce ha nel suo arco una letteratura che sa parlare al cuore e ai migliori sentimenti di tutti noi lettori.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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