Ambientato negli anni' '90 del secolo passato, questo particolare giallo di Andrej Longo mantiene ampiamente le promesse di qualità che già ci aveva segnalato col suo ultimo lavoro (Solo la pioggia).
L'invenzione di mettere come narratore il poliziotto ventenne Acanfora, in coppia col Commissario Santagata, si rivela assolutamente vincente, facendone quasi un romanzo di formazione sui generis.
Il giovane agente, infatti, finisce per portarci per mano nelle continue scoperte rivolte sia all'indagine, niente affatto semplice e, per lui, aggravata dal trovarsi di fronte alla morte di una ragazza sua coetanea, sia verso il suo commissario, personaggio quanto mai speciale.
Al centro di tutto una Napoli con i suoi pregi e i suoi difetti, con la sua zona ricca, dove avviene la scoperta della morte della ragazza, e la sua zona povera da cui proviene e continua a vivere) il giovane Acanfora. Ed è proprio in questa contrapposizione tra le due realtà di Napoli che si sviluppa il senso più profondo di tutto il racconto.
Quando il commissario si trova di fronte alle forti pressioni del Questore perché sia risolto prima possibile il caso della ragazza di Posillipo, dei quartieri alti di Napoli, insomma, non la manda a dire dietro: "Ho capito. Quando la monnezza arriva dove non deve arrivare, allora tutti quanti tengono fretta di pulire".
Diventa perciò interessante seguire il giovane poliziotto nel suo approccio con i diversi ambienti cittadini, con la scoperta di una tragica indifferenza nei personaggi del condominio di lusso dove viveva la giovane vittima e con un occhio critico, ma sicuramente più benevolo, verso la zona come il quartiere Sanità e simili.
In questo senso si può certamente rintracciare una vena "morale" in questo romanzo di Longo, come già era evidente nell'altro, più recente, cui ho accennato. Così come si può individuare un elemento psicologico, nel senso dello scavo nelle motivazioni alla base delle azioni dei personaggi, come ad esempio nello studio non superficiale sulle tappe fondamentali della vita del commissario Santagata.
Un libro e un racconto, insomma, di assoluto valore e spessore, pur nella sua agilità di scrittura. Anche nello stile, un napoletano assolutamente alla portata di tutti i lettori, che da ancora più sapore alla descrizione dell'ambiente in cui si svolgono i fatti.
Ma non trascurate di porre attenzione ai personaggi, soprattutto i colleghi, che arricchiscono, visti con gli occhi giovanile del protagonista, la conoscenza dell'ambiente napoletano.
Geniale, in questo senso, l'idea di mettere nel gruppo l'agente Cipriani di Brescia, quello che ferma la macchina della polizia che sta guidando per andare a raccogliere la cartaccia che il collega ha gettato dal finestrino.
Bellissima e tenera, per finire e non raccontarvi troppo, la figura della mamma che, rimasta vedova e con gli altri figli sposati fuori dalla casa di famiglia, riversa tutte le attenzioni su questo figlio poliziotto che sta, lentamente, maturando e covando il desiderio di una sua vita.
Bellissima e tenera, per finire e non raccontarvi troppo, la figura della mamma che, rimasta vedova e con gli altri figli sposati fuori dalla casa di famiglia, riversa tutte le attenzioni su questo figlio poliziotto che sta, lentamente, maturando e covando il desiderio di una sua vita.
Un libro, insomma, che quando termina vi lascia col desiderio di aggiungere ancora qualche capitolo per dare continuità alle storie raccontate. Come è nel caso, appunto, di libri di valore per quello che ci raccontano e per lo stile con cui sono scritti.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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