Il monito di Lia Levi contro l'odio fra i popoli
Leggere questo agile, dolce ed emozionante libro di Lia Levi, mentre sulla tv scorrono le immagini dell'invasione russa dell'Ucraina, scucita emozioni ancora più forti di quelle che trasmette.
C'è una frase, verso la fine del libro, mentre i tedeschi cercano di presidiare Roma, dove una bimba piccola le dice "vi odiano", riferendosi a ciò che ha sentito dire riguardo ai tedeschi.
Ecco, solo l'odio (in questo caso più del capo della Russia che dei giovani soldati mandati al massacro!) può dare una spiegazione a ciò che sta succedendo sotto i nostri occhi. E ci lascia completamente sgomenti.
Tornando ora al libro, non si può non consigliarne la lettura per grandi e piccini, dal momento che, sfrondato dagli aspetti religiosi che pure ci sono, da quella sorte di competizione tra la bontà delle suore cattoliche verso le piccole rifugiate e la ferrea volontà materna di mantenere la figlia nella religione ebraica, quello che resta è un dolce racconto di questa vita di bambina sballottata in più posti per sfuggire alla furia nazista contro gli ebrei.
E sono bellissime le pagine che fanno evolvere, con il tempo, il rapporto tra la bimba e i genitori. Col padre, che non smetterà di essere una persona dolce anche in mezzo alle angherie che gli vengono fatte. Bellissima la riflessione della piccola Lia quando arrivano alla famiglia i primi avvertimenti in quanto ebrei e il padre viene chiamato in questura. "Perché poi chiamano papà", si chiede Lia, "che è un signore che quando saluta fa anche un inchino? Era meglio se andava la mamma, che sa fare a pezzetti le persone solo a guardarle".
Molto più complesso il rapporto con la madre che inizialmente tende a nasconderle gli avvenimenti bruttissimi che sono costrette a vivere, ma che poi, con il passare del tempo e delle esperienze della stessa bambina, cambia un pò atteggiamento.
Avviene così, come si accorge Lia che "non ci racconta niente, ma ora almeno quando parla con le sue amiche, si dimentica di mandarci via. Non vuole ancora lasciarci guardare dritto questo orribile mondo, ma ce lo fa sbirciare da un angolo".
Ma non c'è solo il rapporto con i genitori. Si può dire che, in una certa misura, questo è anche un pò un piccolo romanzo di formazione. Basti citare l'atteggiamento che la piccola Lia, col passare del tempo e quando entra nel convento una bambina più piccola di come era lei, assume verso il pianto notturno di questa ultima.. "...senza far rumore la prendo e la porto con me. L'abbraccio, l'accarezzo, me la faccio addormentare nella calda nicchia di un letto abitato... mi esplode dentro qualcosa... È la lupa che ha sotto di sé i gemelli abbandonati... È la mia prima figlia".
Ma sono tanti gli episodi che si potrebbero citare che ci fanno, al tempo stesso, sorridere e emozionare, come quando lei e le sorelle si indignano in casa perché la mamma e gli amici fanno festa (è caduto il fascismo!) senza badare al sonno interrotto delle figlie.
O come quando, dopo che i tedeschi sono stati allontanati, passano dal convento due soldati americani che chiedono di bere alla fonte cui li indirizza la suora, addetta all'accoglienza e, diversamente dal terrore provato al passaggio di un soldato tedesco, in questo caso "I soldati americani bevono, poi si buttano acqua in faccia, ci strizzano l'occhio e ridono.
Sono belli come diceva la mamma e ci accorgiamo che stiamo tutte ridendo come loro".
Il libro va verso la sua conclusione, lasciandoci un senso di dolcezza e di reazione per quelle incredibili e drammatiche vicende. Convinti che non dovranno ripetersi le tragedie della guerra e dell'attacco alle popolazioni inermi.
Poi si accende di nuovo la tv e ci accorgiamo che ancora una volta la storia non ha insegnato nulla all'uomo e l'odio continua a correre sui fucili e sui missili che cadono a grappolo sulla vita della gente incolpevole.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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