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12 marzo 2022

Patrizia Torsini: L'importanza di chiamarsi Bloody Mary

Bel libro questo di Patrizia Torsini, alla sua terza, riuscitissima prova. Bello, ma non facile, come non credo lo volesse neppure l'autrice.
Non facile intanto, perché dopo averci portati sulla ipotetica strada delle morti costruite ad arte dei vecchietti della Versilia, da chi pare interessato a togliersi un peso di dosso, ci porta a poi a misurare caso per caso le reali ragioni di tali vicende. 
Così l'autrice sembra ammonire i suoi lettori a non cadere nelle apparenze più semplici, quando i casi, come nella vita reale, sono molto più complessi. 
Altrettanto impegnativa è la vicenda del mito di Percy e Mary Shelley, su cui l'autrice costruisce gran parte della trama che gira intorno ai personaggi principali, a cominciare dalle due amiche Lisa e Betta, cresciute insieme e poi, per ragioni non chiarite, separate ma pronte a ritrovarsi. 
Su tale mito, affiancato poi anche da quello del particolare personaggio di Bianca Cappello, l'amante che Francesco I dei Medici sposa in seconde nozze, la cui sorte è tuttora parzialmente avvolta nel mistero, Patrizia costruisce le scene più gustose e misteriose di questo particolare noir. Dando prova, tra l'altro, di una notevole competenza culturale in materia. 
Lascindosi tuttavia, anche qui, la libertà di portare le vicende nella direzione da lei desiderata e costringendo ancora una volta il lettore a seguire nuovi percorsi. 
Non sono molte le cose che si possono dire di un così bello e impegnativo romanzo, senza rischiare di cadere nello spoileraggio. 
È comunque godibile la padronanza dell'autrice sul gran pezzo di Toscana che fa da sfondo alle vicende che ci racconta, con una particolare predilezione per le Apuane e i loro camminamenti, vere e proprie scalate degne del loro nome. 
Altrettanta passione Patrizia riversa verso i problemi ambientali che proprio sulle Apuane si creano e si aggravano a cause delle cave di marmo e dei residui (le marmettole) che si depositano e, con l'acqua, danna vita a fenomeni quanto meno gravi per quell'ecosistema.
Ma non meno affascinata è la nostra autrice verso la Versilia, non solo per il suo mare e le sue spiagge (su cui costruisce degli "strani fenomeni") ma anche per i camminamenti e i paesaggi che la compongono. 
Così come, l'autrice ci fa innamorare di un tramonto sui ponti sull'Arno a Firenze piuttosto che di fronte alla statua di Moore a Prato. 
Ma non vi fate distrarre dal paesaggio, pur importante nell'economia del romanzo, mentre Patrizia devia verso la meta che voleva raggiungere per dare degna conclusione al suo ampio e appassionante romanzo, i cui personaggi non si faranno dimenticare facilmente. 
Anche perché, altro merito dell'autrice, nessuno di loro è solo ciò che appare ma, come nella realtà, è la somma della molte cose, belle o meno belle, della sua storia di vita. 
Si chiude così' questo voluminoso racconto, più che mai convinti dell'insegnamento del grande e rimpianto Umberto Eco: più sono i libri che si leggono, più sono le vite che si ha la sensazione di aver vissuto. 
Anche di ciò si deve dire grazie a Patrizia Torsini per questa ulteriore prova della sua passione e del suo talento.


Renato Campinoti

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