Racconto ispirato dall’opera di Monet “Lo stagno delle
Ninfee”
“Sicuramente
Monet è stato uno dei massimi rappresentanti dell’Impressionismo… chissà se
fosse vissuto più a lungo quante altre opere meravigliose ci avrebbe
lasciato!”, esclamò convinta Antonia, ormai in là con gli anni, da almeno dieci
insegnante di lettere in pensione.
“Bisogna
dire” aggiunse con atteggiamento estatico l’amica e già collega Simonetta “che con i quadri di questo periodo Monet è andato oltre il verismo e la pittura
all’aria aperta… oltre i colori, efficacissimi, ci ha portato nel mondo dei
profumi… non lo senti nelle narici il profumo dell’acqua fresca, delle ninfee,
dei salici… è un trionfo di odori che inebria…” affermò curvandosi all’indietro
annusando l’aria.
E
mentre le due amiche continuarono a elogiare Monet, i suoi colori e i suoi
profumi, lo spettro del grande pittore, aggirandosi nei paraggi come gli
capitava sempre più spesso nei vari musei dove erano più numerose le sue opere
esposte, faceva boccacce alle vecchie signore che, peraltro, non potevano né
vederlo né sentirlo.
“Ma
quale profumo e profumo”… bofonchiò il vegliardo lisciandosi la lunga barba
bianca… ”Avete mai sentito che olezzi emanava la città ai miei tempi? Parigi non
era da meno delle altre… senza contare che con la pioggia era tutto una corsa a
scansare le pozze, gli schizzi d’acqua delle carrozze… i salti mortali per non
incappare nelle merde dei cani… dei cavalli… insomma vi avrei fatto vivere voi in
quelle condizioni…”
“Che
posto favoloso aveva trovato Monet per passare i suoi momenti di libertà…” stava esclamando Simonetta, togliendosi gli occhiali e avvicinando i suoi occhi
da miope al quadro.
“Davvero!” le fece eco Antonia, allontanandosi
dalla parete per non doversi privare dei suoi, di occhiali. “E non temeva
neppure la solitudine e l’isolamento pur di godersi le fragranze dei suoi orti
e giardini”.
“Povere
vecchie rincoglionite!”, esclamò con aria truce lo spettro di Monet che, col
passare del tempo, diventava sempre più insofferente agli elogi affettati e
scontati dei visitatori che da po’ di tempo andavano infittendosi di fronte
alle sue opere.
“Altro che solitudine… isolamento! Ve l’ho detto, le puzze della città diventavano sempre meno sopportabili… bastava che la gente facesse un po’ di soldi che correva a cercarsi un posticino fuori le mura dove ritrovare il gusto della pulizia, dei campi fioriti, dei profumi dei fiori e dell’acqua che scorreva limpida… fortuna volle che me lo potessi permettere anch’io… c’ho fatto i calli alle mani per ricavare quei giardini… ma me li sono goduti!”
Scritto da Renato Campinoti
Nessun commento:
Posta un commento